I 10 migliori album italiani del 2017

Dal tanto agognato ritorno di Calcutta (anche se solo con un singolo), alla sempre crescente attenzione verso i movimenti underground, il 2017 musicale in Italia è sicuramente stato, a conti fatti, l’inevitabile compendio degli ultimi anni di musica nel Paese. Anche se non la si può certificare come una delle annate più fulgide in senso assoluto, la stagione appena trascorsa, tuttavia, è stata carica come non mai di voglia di produrre e, soprattutto, di ascoltare musica da quel sottobosco sempre troppo bistrattato, che è finito invece per rivelarsi fucina di promettenti artisti in erba.

Dalle virate stilistiche in favore del sound del momento, alle succitate nuove produzioni di tanti, tantissimi giovani artisti alle prese con le loro prime uscite – neanche a dirlo tutte (o quasi) in ambito indie – l’anno appena trascorso ha però posto l’accento anche sui flop, più o meno evidenti, delle grandi produzioni e delle major. Queste, infatti, per quanto godano per definizione di un enorme bacino d’utenza, stanno innegabilmente perdendo la bussola in un panorama italiano sempre più teso a delinearsi verso degli standard tanto precisi, quanto lontani dai loro.

La redazione di theWise Magazine ha quindi cercato per voi di raccogliere in questa classifica i 10 migliori album italiani del 2017:

 

#10: Colombre – Pulviscolo

Giovanni Imparato, già chitarra e voce dei Chewingum, si mette in proprio, pubblicando sotto il nome di Colombre un disco d’esordio che delinea i contorni di una musica fine, sia nella scrittura, che nei suoni.

Pulviscolo, seppur mantenendo uno stampo chiaro, riconducibile al nuovo cantautorato, cerca anche di spaziare tra le otto tracce, dipingendo su una tela indie pop sprazzi di psichedelia, senza però mai complicare un album veloce quanto piacevole. Non manca anche qualche intuizione geniale, su tutte, Blatte, con la partecipazione di Iosonouncane, e la canzone che dà il titolo all’album, Pulviscolo.

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#9: Coez – Faccio Un Casino

Coadiuvato da Sine e Niccolò Contessa (i Cani), Coez ha pubblicato il suo quarto album da studio, Faccio Un Casino, mix esplosivo di pezzi rap e pop con un gusto a metà tra il ricercato e il più catchy possibile.

Il risultato? Un successo di vendite esagerato, trainato dai singoli da palazzetto Faccio Un Casino e La Musica Non C’è, che la dicono lunga su quanto la prima parte del disco, quella dove è predominante il lato pop, sia quella che funzioni meglio.

Significativa è anche la scelta dei due pezzi con cui si apre il disco, Still Fenomeno e Ciao, sapientemente collocati ad inizio tracklist come premessa dei successivi quaranta minuti di saliscendi, sempre in bilico tra indie e rap.

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#8: Brunori Sas – A Casa Tutto Bene

Brunori Sas non lo scopriamo di certo oggi, e nell’anno delle nuove voci è rinfrancante vedere come uno dei baluardi della musica popolare italiana riesca a ripresentarsi con un così valido lavoro.

A Casa Tutto Bene è l’ultimo prodotto di un inossidabile cantautore, che con la forza delle idee e della sua emozionalità, noncurante delle tendenze musicali, continua per la sua strada, costellata di pezzi notevolissimi, come La Verità e Canzone Contro La Paura, introspettive e toccanti come mai.

Brunori Sas canta l’amore, la solitudine e la vita, con una profondità mai ridondante, che lo rende pressoché unico nel panorama musicale odierno.

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#7: Carl Brave x Franco 126 – Polaroid

Carl Brave x Franco 126 sono una delle più belle scoperte del 2017. Romani, di Trastevere, con un approccio leggero dipingono uno spaccato della loro generazione e della loro città, come tante immagini in sequenza che compongono un disco da ascoltare tutto d’un fiato.

Il duo di Polaroid si fa cantare e si fa ricordare, e a dispetto dell’autotune e del genere musicale a cavallo tra la trap e non, fa emergere la sua dote di ritrattista, che pur non essendo delle più convenzionali ha una presa irresistibile già dai primi ascolti; anche, e soprattutto, quando raggiunge i momenti di massima semplicità, proprio come l’istantanea di una Polaroid.

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#6: Andrea Laszlo De Simone – Uomo Donna

Andrea Laszlo De Simone meriterebbe un capitolo a parte. Il suo è un disco anacronistico dalla copertina al contenuto, intriso della canzone italiana e anche di qualche citazione dell’epoca d’oro del progressive nostrano; ma c’è un però: la capacità compositiva di Laszlo riversata con rara maestria in Uomo Donna, dà vita ad un album sorprendente, fatto di echi di Battisti e climax esplosivi.

Per quanto complicato sia approcciarsi a un disco del genere senza tralasciare il contesto musicale in cui viene pubblicato, è altrettanto vero che questa produzione diventa quasi un faro nel buio nel panorama odierno italiano (non a caso trova spazio nella scena indipendente).

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#5: Germanò – Per Cercare Il Ritmo

Per Cercare Il Ritmo è un disco di un’eleganza unica, un pop jazz per palati raffinati, capace di creare un’atmosfera così intima, che farebbe impallidire i grandi del genere.

La capacità di scrittura di Germanò è stupefacente, e il susseguirsi dei brani regala mezz’ora di altissima caratura artistica, completamente fuori dal tempo. A fare da contorno c’è sempre un velo di malinconia (volutamente) mal celata, che non prende mai il sopravvento; ed è proprio questo equilibrio di sensazioni, il quid in più.

La cosa che, infine, più meraviglia di Germanò è la maturità riversata in questo, che è per lui l’esordio da solista; insomma, non proprio da tutti.

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#4: Ghemon – Mezzanotte

Uno dei fenomeni più coinvolgenti degli ultimi tempi è stato il cambiamento a cui sono stati soggetti alcuni rapper che hanno innestato sonorità indie alla loro musica. Uno di questi è sicuramente Ghemon, che con Mezzanotte presenta uno degli esempi meglio riusciti di questa nuova ondata.

L’appellativo di rapper, in questo caso, rischia di andare stretto a un artista che ha fatto delle influenze funk e soul un marchio di fabbrica, che a meraviglia si coniuga con le sue spiccate doti vocali.

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#3: Giorgio Poi – Fa Niente

A metà tra richiami della tradizione italiana e influenze indie, Giorgio Poi tratta una direzione tutta sua, che lo annovera di diritto tra le migliori produzioni del 2017.

Le influenze della musica italiana sono tangibili, ma di quelle che impreziosiscono un lavoro. Su tutte, le citazioni di Lucio Dalla (vedi La Signora, dall’omonimo Lucio Dalla, 1978) sono le più evidenti.

Fa Niente è una singolare alchimia tra psichedelia e pop, volta a trascinare l’ascoltatore in un mondo surreale, lasciando presagire un futuro interessantissimo per il cantautore novarese.

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#2: Colapesce – Infedele

Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce, è un artista eclettico, capace di destreggiarsi tra pezzi pop, ritmi tribali e sintetizzatori con rara maestria. Infedele è per il suddetto motivo un album non semplice, ma dall’impatto prorompente.

Tolti i singoli, Totale e Ti Attraverso, il disco sfugge a stringenti logiche di collocazione, ma quello c he è certo è che un alone di oscurità attanaglia l’atmosfera; basti pensare alla coda free jazz della catartica Pantalica, che apre l’album.

Infedele gode, tra l’altro, della partecipazione di Iosonouncane, al secolo Jacopo Incani, che grazie alla sua scrupolosa produzione, mette ancor più in luce ogni sfaccettatura degli otto brani.

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#1: Frah Quintale – Regardez Moi

Frah Quintale all’esordio da solista, accantonato il duo Fratelli Quintale, esce con Regardez Moi, album destinato a diventare il punto di riferimento delle produzioni crossover tra rap e indie.

Regardez Moi, però, oltre a connotare in maniera perfetta questi due mondi, è soprattutto un album di pezzi immediati, capaci di carpire apprezzamenti in senso trasversale; risultato possibile anche grazie alle azzeccatissime basi di Ceri.

I pezzi sono tutti centrati, ma su tutti spiccano Nei Treni La Notte, dipinto post-adolescenziale della “strada”, Cratere, singolo dal ritornello travolgente che ha lanciato l’album, e la ballad Accattone.

Frah Quintale ha, in sintesi, definito i connotati dell’indie rap in maniera esemplare, fotografando in maniera impeccabile la scena italiana e la sua nuova direzione.

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Un ringraziamento a Luigi Buono e Vittorio Comand per il contributo alla stesura della classifica.

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