Darwinite, un focus sulla patologia dell’involuzione

DARWINITE – I Darwin Awards, vigenti ormai da molti anni, rappresentano un premio assegnato ironicamente (e non fisicamente, non sarebbe possibile) a qualsiasi essere umano che abbia deciso di lasciare questa vita terrena (e qui citiamo) “in modo spettacolarmente stupido”. Impossibile non considerare dunque il blog Darwinite – uno dei progetti più interessanti di questi anni (la pronuncia, anglofona o meno, decidetela voi) – una sorta di continuamento spirituale del lavoro dei creatori di questo particolare riconoscimento. Perché questo spazio ormai popolatissimo non si limita solo a dare voce e forma a un certo tipo di disagio generazionale riflesso in gesti divertenti quanto inconsciamente comici e stupidi. Riesce anche, in verità, a tratteggiare perfettamente l’esaltazione della poca genialità dell’essere umano, raccogliendo video, foto, storie che semplicemente – potremmo dire con un gergo giovanile – proprio non ce la fanno. Anche e soprattutto per questo abbiamo intervistato, nell’ambito dell’ormai nota rubrica theWise incontra, il creatore di questo progetto. Con Luca Taiti si è parlato soprattutto della creazione di Darwinite ma anche della necessità di comprendere meglio, attraverso ciò, alcune tematiche sociali e social.

theWise incontra: Darwinite

Iniziamo dalle basi: chi sei e perché hai creato Darwinite?

«Io sono un vigile del fuoco da quasi sette anni, un bel mestiere che mi consente – lavorando a turni – di avere un po’ di tempo libero da dedicare al blog, anche se negli ultimi tempi ho un po’ mollato con gli aggiornamenti al sito perché fisiologicamente è un po’ stancante. Prima di fare il mio mestiere attuale ero (e sono ancora) un artigiano, l’ho fatto per vent’anni. Darwinite nasce per scherzo perché, anni fa, su Facebook c’era molta più libertà e io pubblicavo raccolte di foto stupide. Mi ha sempre affascinato tutto ciò che può risultare tale, anche il perché immortalarlo. La mia compagna iniziò a spingere per l’idea di un blog, per rendere queste raccolte più fruibili. Mi convinse dunque a fare un sito. All’inizio c’erano solo immagini con un titolo descrittivo, in seguito ho iniziato a parlare di altri argomenti fino ad arrivare all’analisi dei social stessi, che destavano già molto interesse soprattutto in fase di commenti. Questa cosa è andata avanti fino ad oggi, i contenuti sono quindi diventati un po’ più elaborati. La cosa che mi sembra assurda è che Darwinite, nato per far uscire i contenuti dai social, ora è vittima di questo stesso meccanismo perché i social danno ancora più visibilità. I social hanno inglobato una buona parte di internet».

Parlavamo di social: secondo te, nel corso del tempo, sono diventati populisti anche questi strumenti?

«Penso che siano diventati un potentissimo veicolo per i populisti. Risulta estremamente semplice, per una persona che vuole dare una soluzione semplice a un problema complesso, scrivere una cazzata su Facebook e trovare grandissimo riscontro, anche perché purtroppo la gente non ha reale interesse nel capire se una cosa è vera o meno. Quindi il social è uno dei grandi fautori del populismo».

In Darwinite i contenuti possono essere presenti anche sotto forma di black humor. Perché la percezione di questo strumento di comicità e della sua presunta pericolosità è superiore a quella dell’ignoranza?

«Questa presunta pericolosità è percepita in questa maniera proprio dagli ignoranti. Ma non è una forma di comicità pericolosa: è spietata, letale, perché va dritta al punto, quello sì. Fa male. Logicamente c’è un limite: non arrivo, per esempio, a comprendere in questa categoria – per esempio – Charlie Hebdo, perché quello è uno sparare basso e facile. Il black humor è tagliente, perciò c’è paura a riguardo. Io però non riesco a farne a meno perché ci sono nato e cresciuto dentro, lo adoro. Io sono toscano e qui l’ironia è onnipresente, ci si confronta con la morte tutto il giorno. Cresci con questa forma di umorismo, può essere anche una questione di forma mentis. Non utilizzo il black humor per offendere ma perché ciò che voglio comunicare non sia eludibile ma chiaro, non si può evitare di capire. Se si vuole sparare facile allora diventa un’altra cosa: non tutto il black humor è annoverabile come bello. Quando la gente si arrabbia, però, è perché ha colto nel segno».

Uno dei pezzi forti di Darwinite è il Fotobrodo: c’è qualche immagine che ti ha schifato o che ti ha fatto estremamente ridere?

«Il Fotobrodo è l’unica vera rubrica su Darwinite, una raccolta di foto che va in crescendo per aumentare sempre la dose di assurdo e di schifo. Le foto le cerco su fonti note come Reddit e Tumblr, siti conosciuti ovunque anche se forse complessi da navigare. Quello che però vedete nel Fotobrodo è una scrematura di ciò che risulta presentabile nei limiti di un universo di schifezze che è molto peggiore di quello che si vede nella rubrica. Di conseguenza, tra le foto che posto nel Fotobrodo è difficile trovare qualcosa che mi provochi disgusto. Mi fanno ridere moltissime cose, invece. Per esempio il nonsense: sono da sempre soggetto a questo tipo di ironia. Se andassi oltre andrei a finire nel gore o nella gente che si mangia la merda, non mi sembra il caso. Nella prossima edizione del Fotobrodo, la numero 200, sto cercando di proporre qualcosa di particolare. Alla fine del pezzo ci sarà un file con tutte le foto delle precedenti edizioni, sono più di 4000 in totale, 500 MB di foto».

darwinite
Il logo di Darwinite – FOTO pagina Facebook Darwinite

Uno sguardo al futuro

Hai mai avuto problemi legali o pseudo tali per qualche contenuto postato su Darwinite?

«Certo, sono stato anche minacciato. Più di una volta mi hanno intimato di togliere contenuti e io sinceramente l’ho fatto, perché poi non voglio beghe e non ho la possibilità di affrontare una causa. Questo è un passatempo per me, non faccio storie anche se magari mi può dispiacere. Accade, per esempio, per un post su mister Trentino: c’erano delle foto prese dalla pagina Facebook di questo concorso che erano pazzesche, con dei tamarri a torso nudo, con uno di loro che somigliava ad Alvaro Vitali. Mi arrivò una mail in cui mi fu intimato di togliere il pezzo. In un altro caso ironizzavo sui saggi di una scuola di recitazione, il responsabile mi minacciò di querela e quindi tolsi anche quello. A volte sotto la luce dell’ironia a qualcuno certi contenuti possono sembrare offensivi».

Darwinite è senz’altro un gioco, che però fa ormai parte della tua vita. Che futuro può avere?

«Il discorso per me è semplice: spesso ho pensato di lasciar perdere, perché a volte fatico anche a trovare contenuti e se devo risultare ripetitivo preferisco non andare avanti. Inevitabilmente poi ci sono tante polemiche, vista la percezione sui social. Però ho anche una base di miei lettori che, negli anni, mi sembra sia rimasta di buona qualità. Continuo quindi perché ho aggregato, in maggior parte, un pubblico coscenzioso. Ci sono persone che la pensano diversamente da me e che ovviamente hanno pareri differenti, anche a livello politico, per esempio nella speranza riposta nei confronti del M5S. Citando Monicelli, la speranza è un sentimento spietato, io non ci credo molto. Al di là di questa parentesi, per ciò che riguarda la gestione di Darwinite, grazie a questa base mi è difficile pensare di smettere. Questo è diventato comunque un impegno. Adesso c’è anche un gruppo Facebook, con regole precise e vicine al senso della pagina. In questa maniera per il mio pubblico è anche più facile segnalare contenuti al posto del doverli ricercare personalmente, rischiando di trovare poco materiale nuovo. Mi auguro dunque di poter continuare a gestire il blog con serenità. Ovviamente, però, non essendo un lavoro non posso garantire che questa esperienza possa durare per l’intero arco di una vita».

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