Quo vadis, Forza Italia?

Le ultime elezioni hanno trasformato radicalmente gli equilibri politici del nostro paese. Mentre la Lega e il Movimento 5 Stelle sono cresciuti anche oltre le aspettative, il centrosinistra si è trovato di fronte al suo minimo storico. Ma anche nel polo opposto la situazione non è rosea per tutti: Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi nel 1994 e da allora colonna portante delle coalizioni di centrodestra (anche se passando attraverso trasformazioni e cambi di nome) è stato per la prima volta superato, e di netto, dallo storico alleato leghista.

Confrontando le elezioni del 2018 con quelle del 2013, il sorpasso appare evidente: nel 2013 l’allora Popolo delle Libertà (che ha ripreso il nome Forza Italia nel 2014) ottenne il 22% dei voti contro l’attuale 14%; la Lega (allora Lega Nord) è cresciuta dal 4% al 17% e Fratelli d’Italia è passato dal 2% al 4%. Nel complesso il centrodestra è cresciuto dal 29% al 39%, divenendo la coalizione di maggioranza relativa: una crescita trainata però dalla Lega di Salvini, il quale sembra deciso a strappare a Berlusconi la guida del campo moderato, portandolo verso posizioni più radicali e abbracciando le dottrine sovraniste.

E i problemi per gli azzurri non finiscono qui. Fin dai primi giorni dopo le elezioni Forza Italia si è spesa per evitare la formazione di un governo tra Lega e 5 stelle, temendo di venire tagliata fuori dalla maggioranza come in effetti è successo. Inutile il tentativo di cercare le larghe intese con il centrosinistra a causa del veto di Salvini, inutile il tentativo di proporre un governo di minoranza del centrodestra con a capo Antonio Tajani, figura di spicco e cofondatore del partito, ma anche presidente del Parlamento Europeo e quindi in qualche modo possibile figura di garanzia. Dopo la crisi politica di fine maggio è nato il governo Conte, a cui Forza Italia si è opposta fin da subito votando no alla fiducia, mentre Fratelli d’Italia, più vicino alle posizioni leghiste specie sull’immigrazione, si è astenuto: nei confronti di questo governo il partito di Giorgia Meloni si sta mostrando ambiguo, ma pare anch’esso in allontanamento dagli azzurri.

Il timore di Forza Italia è non solo quello di essere definitivamente superata dalla Lega, ma anche di venire del tutto messa in disparte dallo stabilizzarsi dell’alleanza tra la stessa Lega e i Cinque Stelle, fino a perdere quasi del tutto rilevanza politica.

Forza Italia
Matteo Salvini e Luigi di Maio, i due vicempremier del governo che sta mettendo in difficoltà Forza Italia (lettera43.it)

Negli scorsi mesi le tensioni sottotraccia tra azzurri e verdi si sono trasformate in alcuni casi in scontro aperto: ad esempio sulla nomina di Marcello Foa alla presidenza della Rai, nomina che vede d’accordo la maggioranza ma su cui i berlusconiani sono assolutamente contrari, il cui voto infatti è stato finora decisivo nel respingerla.

Anche il Decreto Dignità, la prima, importante proposta legislativa portata avanti dal nuovo governo, ha visto una severa opposizione forzista: Berlusconi lo ha attaccato duramente, considerandolo recessivo. Sembra in questo senso intercettare gli umori del mondo industriale e produttivo: basti pesare alla protesta degli industriali veneti dello scorso luglio, che hanno a tal proposito attaccato il governo, compresa la Lega, per loro stessa ammissione loro partito di riferimento. Forse una delle strategie degli azzurri per recuperare centralità è proprio porsi a difesa del settore industriale, specie delle piccole e medie imprese, per tentare di allontanarlo dalla Lega e catalizzarne i malumori contro i Cinque Stelle.

Nel luglio scorso si è assistita anche a una parziale riorganizzazione del partito, fortemente voluta da Berlusconi, con il chiaro intento di rilanciarlo: tra le decisioni più rilevanti vi è sicuramente la nomina di Tajani a vicepresidente. Da quel momento il politico romano sta ricoprendo un ruolo sempre più rilevante, sostenendo e quando necessario sostituendosi a Berlusconi nella guida del partito. Nelle ultime settimane si è speso più volte a dichiarare il sostegno forzista a pensionati, ceto medio e imprenditori contro le manovre governative, giudicate inopportune e giustizialiste (sempre però rivolgendosi ai pentastellati ed evitando affondi diretti al Carroccio). Queste categorie sociali sono sempre state tra quelle di riferimento per gli azzurri, ma negli ultimi anni i loro voti stanno migrando verso i due attuali partiti di maggioranza e Tajani sembra voler cercare di arrestare ed invertire questa tendenza.

Forza Italia
Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento e vicepresidente di Forza Italia (tpi.it)

Lo scontro per i consensi con la Lega non sembra comunque l’opzione preferita dagli azzurri, che infatti negli ultimi mesi hanno preferito tenere principalmente un approccio più moderato e diplomatico, con numerosi appelli, lanciati soprattutto da Berlusconi e da Mariastella Gelmini (ma anche l’accondiscendenza di Tajani verso i leghisti nelle critiche al governo ne è un esempio) affinché il partito di Salvini non si avvicini troppo al Movimento, ma anzi se ne allontani quanto prima per tornare dai suoi tradizionali alleati. Inoltre si sono spesi vigorosamente per difendere Salvini quando è stata aperta un’indagine contro di lui per sequestro di persona in seguito alle vicende della nave Diciotti, indagine tutt’ora in corso.

Un altro fronte di frizione tutto interno al centrodestra sono le elezioni regionali dei prossimi mesi, in particolare quelle in Abruzzo, dove per diverso tempo non vi è stato accordo tra Carroccio e forzisti e anzi pare che la Lega meditasse di presentarsi da sola, come test per un eventuale tentativo di corsa in solitaria (o eventualmente con i pentastellati) alle future elezioni politiche. Tuttavia, negli ultimi giorni le trattative tra i partiti paiono aver ricucito questo strappo, e sembrano essere a buon punto gli accordi affinché il centrodestra si presenti unito in tutte le prossime elezioni regionali.

Forza Italia sembra comunque avere una strategia anche nel caso dovesse rompersi l’alleanza con il Carroccio: nel centrosinistra Carlo Calenda è visto come un possibile interlocutore, e se si ponesse alla guida del PD si potrebbe tentare ad un nuovo asse politico, una sorta di evoluzione del cosiddetto Patto del Nazareno, eventualmente in grado di contrapporsi frontalmente alla Lega e ai Cinque Stelle.

Pare che questo scenario drastico sia però sempre più improbabile: i tentativi di mediazione stanno facendo effetto e negli ultimi giorni si sta assistendo a un intensificarsi dei contatti tra Carroccio e Forza Italia, come si è visto nel caso delle regionali e anche sulla presidenza Rai pare si stia cercando un compromesso. Da Salvini è anche arrivata la proposta di creare un partito unico del centrodestra nel caso il tribunale del riesame di Genova avesse confermato il sequestro dei quarantanove milioni alla Lega per lo scandalo dei rimborsi truccati, ma la Gelmini ha già respinto fermamente la proposta, confermando che FI è orgogliosa della propria autonomia e trovando l’idea rievocativa di regimi autoritari. D’altronde in questo momento in partito unico del centrodestra sarebbe più influente la componete leghista, e questo concretizzerebbe le paure forziste di finire in disparte.

Il recente riavvicinamento con la Lega fa ben sperare Berlusconi e i suoi, ma per Forza Italia la sfida è ancora nelle fasi iniziali: molto dipenderà dalla tenuta del governo nei prossimi mesi, da quanto cresceranno ancora i consensi verso il Carroccio e da come esso reagirà al sequestro dei quarantanove milioni deciso lo scorso 5 settembre, da come si riorganizzerà il centrosinistra, ma sopratutto di quanto saranno efficaci i tentativi forzisti di fermare la crisi di consenso. Le trasformazioni saranno ancora moltissime, in questo periodo di radicali mutamenti che stanno avvenendo nella politica italiana.

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