Italia e le Olimpiadi, una storia a cinque cerchi

Lunedì 24 giugno 2019, al termine della riunione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) di Losanna, è stata annunciata la vincitrice dell’organizzazione dei Giochi olimpici invernali del 2026. Tra le due candidature rimaste in corsa, quella svedese di Stoccolma-Are e quella italiana di Milano-Cortina, ha vinto quest’ultima, portando a quattro il numero di Olimpiadi organizzate nello Stivale.

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Festa grande per il comitato organizzatore delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026 in seguito alla decisione del CIO. Foto: Ansa.it

Infatti, a Cortina 1956 (VII Giochi olimpici invernali), Roma 1960 (Giochi della XVII Olimpiade) e Torino 2006 (XX Giochi olimpici invernali) si aggiungeranno i XXV Giochi olimpici invernali, che all’atto pratico si svolgeranno in tutto il nord-est italiano. Saranno suddivisi tra Milano e la Valtellina (Lombardia); nella Val di Fiemme, a Baselga di Piné e a Rasum Anterselva (Trentino Alto Adige); a Cortina d’Ampezzo e a Verona (Veneto), a settant’anni esatti dai primi Giochi olimpici invernali organizzati in Italia nella sola Cortina d’Ampezzo.

Olimpiadi in Italia, tutto iniziò a Cortina

Il rapporto tra l’Italia e la bandiera con i cinque cerchi colorati iniziò fin dalla prima storica edizione delle Olimpiadi estive organizzate ad Atene, dove tra i resoconti e gli archivi ricoperti dalla polvere della storia si ha notizia di tale Giuseppe Rivabella, che partecipò alla gara di tiro a segno. Grazie a questa partecipazione, l’Italia è una delle quattro nazioni al mondo (insieme a Francia, Gran Bretagna e Svizzera) ad aver preso parte a tutte le edizioni dei Giochi olimpici dell’Era Moderna, una partecipazione molto sentita che è culminata anche nell’aver organizzato alcune edizioni delle Olimpiadi. Prima delle Olimpiadi invernali organizzate a Cortina d’Ampezzo nel 1956, l’Italia fu scelta per organizzare i Giochi in due occasioni. Già nel 1904 le furono assegnati i Giochi del 1908 da disputarsi a Roma, a cui però seguì la rinuncia in favore di Londra a causa dell’eruzione del Vesuvio del 1906 e della crisi economica che attanagliava il Regno d’Italia nei primi anni del ventesimo secolo. Qualche anno dopo, nel 1939, l’Italia superò la concorrenza di Montréal e di Oslo per organizzare i Giochi olimpici invernali del 1944, che non ebbero mai luogo a causa degli eventi bellici della Seconda guerra mondiale.

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Scorcio da Cortina in occasione delle Olimpiadi del 1956. Foto: Panorama

Per avere le Olimpiadi in Italia si dovette aspettare fino al 1956, quando finalmente ebbero luogo i VII Giochi olimpici invernali, svoltisi dal 26 gennaio al 5 febbraio a Cortina d’Ampezzo. La cosiddetta Perla delle Dolomiti aveva già ospitato molte manifestazioni di sci alpino, nordico e bob, e la sua candidatura venne presentata e sostenuta dal conte Alberto Bonacossa, pioniere dello sport italiano. Bonacossa partecipò alle Olimpiadi estive del 1920 nel singolare maschile del tennis e fu proprio lui a fondare gli Internazionali d’Italia (1930) e la Federazione Italiana Sport del Ghiaccio (1926). La candidatura di Cortina d’Ampezzo, forte degli sforzi del conte, trionfò nettamente su quelle di Colorado Springs, Montréal e Lake Placid. Il comitato organizzatore dovette però fare purtroppo a meno del conte Bonacassa, che venne a mancare il 30 gennaio del 1953. Riuscì comunque a organizzare i VII Giochi Olimpici invernali che si rivelarono un grande successo tra i partecipanti e gli addetti ai lavori grazie all’ottima sistemazione logistica degli impianti di gara e agli ingenti finanziamenti messi a disposizione dal CONI e dal governo italiano, che costruirono e potenziarono le infrastrutture necessarie per raggiungere la località veneta.

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Zeno Coloò con la fiaccola olimpica. Foto: docplayer.fr

La cerimonia d’apertura vide tra i suoi tedofori più celebri lo sciatore Zeno Colò, campione a cavallo degli anni Quaranta e Cinquanta, che portò la fiaccola lungo la pista della discesa maschile; fiaccola che ebbe come ultimo tedoforo Guido Caroli, pattinatore di velocità che nei metri che lo separavano dal tripode che avrebbe ospitato la fiamma di Olimpia inciampò in un cavo della tv, fortunatamente senza conseguenze. Il fatto che Caroli fosse inciampato in un cavo televisivo è dovuto al fatto che le Olimpiadi di Cortina furono la prima edizione a venir trasmessa in diretta televisiva grazie alla RAI, oltre ad aver ospitato il debutto dell’Unione Sovietica ai Giochi olimpici invernali. L’URSS arrivò prima nel medagliere con sette ori, tre argenti e sei bronzi, mentre Lamberto Dalla Costa, assieme al compagno Giacomo Conti, vinse l’unico oro del medagliere azzurro nel bob su pista, precedendo l’altra coppia azzurra Eugenio Monti-Renzo Alverà.

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Un tedoforo ripreso davanti il monumento a Vittorio Emanuele II. Foto: Ansa.it

Quattro anni più tardi la fiamma di Olimpia avrebbe fatto ritorno in Italia, a Roma, per i Giochi della XVII Olimpiade, tenuti dal 25 agosto all’11 settembre 1960. Roma ottenne l’organizzazione nel 1955 durante la riunione del CIO riunito a Parigi, battendo nella votazione finale Losanna. Poter organizzare le Olimpiadi in un Paese che si trovava nel pieno del boom economico, forte anche del successo delle Olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo, permise all’Italia di dimostrare nuovamente di aver lasciato alle spalle la miseria e la distruzione causata dalla Seconda guerra mondiale, conclusasi solo quindici anni prima. Come per i giochi invernali di quattro anni prima, in vista dei giochi estivi di Roma furono investite molte risorse per le infrastrutture. Nella fattispecie fu completata la prima linea metropolitana (l’attuale Linea B), che dalla stazione Termini raggiungeva l’EUR, e fu inaugurato l’aeroporto di Fiumicino. Le Olimpiadi di Roma si tennero in numerose strutture, alcune costruite ex novo e altre rimodernate.

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Lo Stadio Olimpico di Roma durante la cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi. Si nota l’assenza della copertura, che sarebbe stata installata solo in occasione di Italia 90. Foto: Wikipedia.org

Lo Stadio Olimpico, che tutt’oggi ospita le gare casalinghe dell’AS Roma e della SS Lazio, ospitò la cerimonia di apertura e chiusura delle Olimpiadi e le gare di atletica. L’Olimpico fu costruito a partire dal 1927 nell’ambito dei lavori per il Foro Italico, che ospita anche lo Stadio dei Marmi, dedicato all’hockey su prato, e lo Stadio del Nuoto, dedicato alle discipline di nuoto, pallanuoto e tuffi. Degna di nota fu la costruzione dello Stadio Flaminio, che avrebbe ospitato le maggiori sfide di calcio dell’evento sportivo, e il recupero dell’EUR, il quartiere progettato durante il Ventennio per ospitare l’Esposizione Universale del 1942 (che non ebbe mai luogo per via dello scoppio della Seconda guerra mondiale) e ultimato durante gli anni Cinquanta. Nel quartiere furono realizzati il Palazzo dello Sport, per le discipline del basket e del pugilato, il Velodromo Olimpico, per le gare di ciclismo su pista, e fu completato il preesistente Palazzo dei Congressi che fu usato per le gare di scherma.

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Knud Enemark Jensen dopo la caduta che si rivelerà fatale. Foto: Getty Images

Le Olimpiadi del 1960 sono ritenute quelle della svolta nella concezione stessa dell’Olimpiade moderna. L’idea decoubertiniana con la quale nacquero i Giochi sparì del tutto e comparirono le prime caratteristiche che caratterizzano nel bene e nel male lo sport come lo conosciamo al giorno d’oggi: l’uso degli ultimi ritrovati tecnologici, in una evoluzione che non ha ancora avuto fine nella ricerca dei tessuti super leggeri e performanti, l’ingresso degli sponsor e il doping. Il ciclista danese Knud Enemark Jensen è purtroppo passato alla storia come il primo atleta a essere deceduto in seguito all’assunzione di una sostanza, per la precisione un medicinale svizzero, atto a migliorare la circolazione sanguigna, che gli fu fatale durante la cento chilometri a squadre olimpica.

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Abebe Bikila taglia il traguardo a piedi nudi. Foto: Wikipedia.org

Oltre a questo triste fatto di cronaca, Roma 1960 ha regalato alla storia molte imprese sportive, rimaste impresse dalle telecamere della RAI. La RAI produsse ben centosei ore di trasmissione, facendo dei Giochi Olimpici di Roma la prima edizione ad essere trasmessa in mondovisione. Portò sugli schermi di tutto il mondo la medaglia d’oro nei pesi mediomassimi della boxe di Cassius Clay, il futuro Muhammad Ali; alcuni ori vinti dalla squadra di ginnastica del Giappone contro il solito dominio dello squadrone sovietico e l’impresa di Abebe Bikila, maratoneta che con il suo 2h15’16″2 stabilì il nuovo record olimpico tagliando il traguardo da trionfatore sotto l’arco di Costantino correndo a piedi scalzi su suggerimento del suo allenatore. I Giochi della XVII Olimpiade videro trionfare nel medagliere l’Unione Sovietica con ben quarantatré ori, ventinove argenti e trentuno bronzi, seguiti dagli Stati Uniti con trentaquattro ori, ventuno argenti e sedici bronzi e nientemeno che dall’Italia che, con i suoi tredici ori, dieci argenti e tredici bronzi, si fregiò del terzo posto alle proprie Olimpiadi casalinghe dietro le superpotenze.

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Il Braciere olimpico e lo Stadio Olimpico di Torino durante la cerimonia di inaugurazione dei XX Giochi Invernali

Per rivedere la fiamma di Olimpia nuovamente in Italia si aspettarono quarantasei anni, quando gli occhi del mondo furono puntati su Torino e sui XX Giochi olimpici invernali, tenuti in Piemonte tra il 10 e il 26 febbraio 2006. I giochi furono assegnati come di consueto sette anni prima, nel 1999, durante la riunione del CIO a Seul, e il capoluogo sabaudo ebbe la meglio sulla candidatura della città svizzera di Sion. L’organizzazione dell’evento fu assegnata al TOROC, il quale ebbe molti grattacapi con il governo in merito ai finanziamenti necessari per la manifestazione. Ma nonostante i dissidi, Torino 2006 è rimasta negli annali come una delle migliori edizioni dei Giochi Invernali, che permisero allo stesso tempo un profondo rinnovamento della città di Torino, diventata senza dubbio una delle città più belle d’Europa. Si devono alle Olimpiadi i lavori per la metropolitana del capoluogo piemontese, così come la pedonalizzazione di Piazza San Carlo e la ristrutturazione dello stadio Comunale, ora conosciuto come stadio Olimpico Grande Torino. L’Olimpico ospitò le cerimonie di apertura e chiusura dei giochi, che videro vincere nel medagliere la Germania, con undici ori, dodici argenti e sei bronzi, seguita da Stati Uniti e Austria. L’Italia, con i suoi cinque ori e sei bronzi, arrivò solo nona, ma esultò non poco per le medaglie di Enrico Fabris e la sua squadra nel pattinaggio di velocità e per l’oro di Armin Zöggeler nello slittino singolo.

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Moneta commemorativa coniata in occasione dei Giochi di Torino. Chi di noi non ne ha una o più per ricordo?

La XX edizione dei Giochi Invernali permise inoltre di superare il cosidetto “modello Lillehammer”, che prevedeva l’assegnazione dell’organizzazione dell’evento a una città piccola di montagna con pochissima distanza tra i vari impianti per le gare. Il Comitato Olimpico volle andare oltre questo modello per ampliare l’evento e renderlo accessibile al maggior numero di persone. Per realizzare questa visione le sedi delle gare furono divise tra la città di Torino e le località montane della Val di Susa, che ospitarono rispettivamente gli sport indoor come l’hockey e il pattinaggio di figura e gli sport outdoor come lo snowboard o il salto dal trampolino. Questo modello, ritenuto uno dei punti focali del successo dell’edizione torinese, è stato ripreso in tutte le edizioni successive e, visto il dislocamento delle località, verrà certamente ripreso anche nel 2026.

Milano e Cortina, dreaming together

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Il logo della candidatura delle Olimpiadi di Milano e Cortina

I XXV Giochi Invernali inizieranno tra sette anni dopo la cerimonia di inaugurazione allo stadio San Siro Giuseppe Meazza. Ora possiamo soltanto speculare ipotesi e sogni sul progetto che ha convinto il CIO ad assegnare l’organizzazione dell’evento alla candidatura congiunta di Milano e Cortina d’Ampezzo. Candidatura che avrebbe potuto includere anche Torino, in un primo momento interessata ma che ha in seguito rinunciato per volontà della sindaca in carica Chiara Appendino e per via della mancanza di supporto da parte del proprio partito. Si è replicato così il no della collega Virginia Raggi alla candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024, che tre anni dopo non ha lesinato i complimenti per la vittoria della candidatura di Milano e Cortina. Il dossier italiano dell’organizzazione dei Giochi parla di circa 1,3 miliardi di euro di spesa, di cui 900 milioni provenienti dal CIO e i restanti da Regioni e Comuni in cui si svolgeranno gli eventi, a cui si aggiungeranno 340 milioni da investire in infrastrutture e opere di collegamento. Tutta una serie di spese che dovrebbero portare a delle ricadute economiche sul territorio molto positive, stimate sui cinque miliardi e 600 milioni di euro. Spese che verranno impiegate per rimodernare stadi, piste, tracciati e contesti già esistenti, senza dover costruire tutto dal nulla. Per le gare dei XXV Giochi Invernali verranno impiegate dodici diverse sedi, di cui sette sono già esistenti, due verranno ristrutturate completamente, due temporanee e soltanto una di nuova costruzione, ovvero il palazzetto del ghiaccio che sorgerà nel quartiere Santa Giulia di Milano. I quarti Giochi Olimpici organizzati in Italia sono ancora ben lontani dal cominciare, ma date le premesse e il progetto si può sperare nell’ottimismo per una buona riuscita dell’evento: che possa essere di nuovo fonte di orgoglio nazionale, così come è stato per Cortina nel 1956, Roma nel 1960 e Torino nel 2006.

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