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L’evoluzione storica delle aggravanti dell’omicidio

Published by
Michele Corato

Hannah Arendt individua l’origine dell’omicidio, inteso con il significato attuale di crimine assoluto, nell’avvento del cristianesimo. Più precisamente, nell’agosto del 1953, scrive che solo la tradizione giudaico cristiana ha innalzato l’omicidio al rango di crimine assoluto, e che poté farlo soltanto perché qui l’omicidio era una sorta di deicidio, in quanto l’uomo è creato a immagine di Dio. Tale affermazione trova senz’altro conferma nella Grecia antica, dove l’omicidio, secondo la stessa Arendt, non comportava necessariamente una sanzione. In particolare, ad Atene, l’omicida era assoggettato a una pena – a meno che non fosse stato colto in flagrante – solo qualora lo richiedessero i parenti più prossimi della vittima. È appunto tale fatto che ci permette di affermare che l’omicidio, allora, fosse considerato come un illecito sostanzialmente privato, piuttosto che un crimine in senso assoluto.

Già nell’antica Roma, però, l’uccisione di un uomo ha assunto un valore più elevato. È infatti di Numa Pompilio la legge che prevedeva un obbligo, in capo ai congiunti della vittima, di mettere a morte l’omicida di un uomo libero, mentre – nel caso di omicidio involontario – sull’assassino cadeva l’obbligo di consegnare un ariete, affinché esso fosse sacrificato al suo posto. Un ulteriore passo avanti nell’erigere l’omicidio a crimine assoluto si ha con la lex Cornelia, per cui l’omicidio del servo, qualora trascendesse il limite dell’ordinario castigo, veniva considerato come omicidio pubblico. Attualmente sono diverse le strade percorribili per la punibilità di questo crimine; in America, ad esempio, sono previsti due reati distinti: l’omicidio semplice e quello aggravato. Il legislatore italiano, discostandosi dalla maggioranza degli ordinamenti, ha scelto invece di mantenere un reato unico. Se l’omicidio viene commesso in alcune circostanze particolari, le famose e ormai ritrite aggravanti, diventa però nella fattispecie più grave. Differenti circostanze aggravanti possono comportare un aumento della pena, sino all’eventuale raggiungimento dell’ergastolo. Appare interessante, ora, osservare come queste circostanze siano mutate nel tempo, giungendo dopo un lungo percorso a quelle odierne.

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 11-15.

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Michele Corato

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