Quella della morte di Chris Cornell è stata sicuramente una notizia shock. A maggior ragione perché, poche ore prima di quello che si è poi rivelato essere un suicidio, i Soundgarden – band di cui Cornell faceva parte come frontman – avevano suonato al celeberrimo Fox Theater a Detroit. L’annuncio della morte di Cornell è stato un vero e proprio fulmine a ciel sereno. La musica piange uno degli artisti principali del grunge, che nonostante l’appartenenza a questo genere è stato capace di sapersi adattare a diversi stili musicali differenti: si pensi ad esempio all’esperienza Audioslave, una line-up musicale di cui facevano parte i componenti dei Rage Against the Machine.
È morto a 52 anni, in circostanze simili a quelle occorse anche ad altri artisti provenienti dal genere originario della città di Seattle: qualche giorno dopo la sua morte, l’esame tossicologico ha dimostrato che il cantante era sotto effetto di farmaci ansiolitici. Cornell si è tolto la vita impiccandosi nella sua camera del MGM Hotel di Detroit. A giorni di distanza, la moglie del cantante ha rilasciato delle dichiarazioni riguardo il suicidio: secondo Vicky Cornell è stato proprio il Lorazepam – medicina a lui prescritta e potenziale causa di dipendenza – a condizionare la scelta che ha portato alla morte del marito Chris. Una versione, questa, a cui la famiglia crede fermamente. Fin dal mattino dopo la scomparsa di Cornell, il mondo della musica si è stretto attorno ai familiari, ricordando un grande artista: sono state spese parole importanti da Jimmy Page ed Elton John, che hanno rispettivamente definito il collega musicista: «incredibly talented, incredibly young, incredibly missed» e «great singer, great songwriter and the loveliest man». Anche tanti altri hanno onorato la figura di Chris Cornell: a partire dai Metallica, passando per gli U2, arrivando fino a Bryan Adams e gli Aerosmith. Tutti hanno dedicato i propri pezzi al defunto frontman dei Soundgarden, una delle band capostipite del genere grunge: un gruppo che non aveva niente da invidiare a Pearl Jam, Nirvana e Alice in Chains.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 30-33.
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