«Mi sfottono per l’accento, per i modi, per qualche parolaccia. Se lo dice Valentino Rossi, col suo dialetto, tutti ridono; se lo dico io, sono un coatto, un ignorante, un burino. Forse dispiace che un giocatore importante stia a Roma e non altrove. Il potere del calcio non è un’esclusiva del Nord, ma la musica è sempre la stessa: noi romani siamo viziati, pigri, prepotenti. La pensino come vogliono, io sono nato romano e romanista. E così morirò». Genuino e coerente, Totti ha sempre avuto le idee chiare su ciò che voleva essere e rappresentare da grande: un simbolo, per la sua città e la sua gente. Lo strumento per farlo? Il calcio, mondo ipocrita ma dalle immense soddisfazioni. Un piccolo universo nel quale le emozioni e i sentimenti spesso sono oggetto di bullismo mediatico, poiché adesso, tra mercenari e interessi, il romanticismo non esiste più. O quasi. Perché Roma-Totti è ormai un binomio indissolubile, fatto di luci e ombre, di gioie e dolori, di passioni e sofferenze. E adesso che Totti, all’età di quarant’anni, è finalmente “diventato grande”, il suo destino è chiaramente delineato. E ha i colori giallorossi, nonostante il ritiro ormai prossimo. Contro il Genoa, infatti, il calciatore disputerà la sua ultima partita in carriera. Una decisione sofferta, forse neanche troppo personale. Una decisione che, però, sembra essere davvero arrivata.
L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 42-45.
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