L’animazione in Italia è un mondo ostile e martoriato. Nonostante nel corso dei decenni non siano mancati i tentativi di dargli un maggiore risalto, grazie a nomi come Bruno Bozzetto o in tempi più recenti Enzo d’Alò, si tratta di un settore rimasto sempre sottovalutato e confinato a prodotti per bambini e ragazzi. Specialmente in tempi recenti i casi di prodotti di animazione che abbiano ottenuto un discreto successo a livello nazionale sono pochi, ancor meno quelli che siano riusciti ad arrivare fuori dai confini italiani, come nel caso delle Winx di Iginio Straffi. Tuttavia c’è e ci sarà sempre chi continua a provarci, nella speranza che qualcosa dia uno slancio a tutto il settore. Perché i “cartoni animati” non sono prodotti riservati esclusivamente ai bambini, ma si tratta di un intero mondo che non ha nulla da invidiare al cinema e alle serie tv.
L’arte della felicità è innanzitutto una manifestazione culturale che si svolge annualmente a Napoli, con l’obiettivo di creare discussione e riflessione su molti argomenti diversi. Dopo 9 anni di eventi, l’ideatore Luciano Stella decide di girare un film partendo da tutto il materiale raccolto. Convince un reticente Alessandro Rak a dirigere questo “documentario animato” e insieme ne scrivono la sceneggiatura.
La gatta Cenerentola è una delle più celebri versioni scritte della fiaba di Cenerentola, redatta da Giambattista Basile nel Seicento. Nel contesto del film questa fiaba viene metabolizzata e rielaborata in una forma completamente diversa. In Gatta Cenerentola perciò si trovano ancora la matrigna e i suoi sei figli, ma la bambina protagonista è Mia Basile, figlia di Vittorio Basile, un ricco armatore e inventore di una tecnologia olografica che permette di registrare e trasmettere immagini e suoni. L’ambientazione è una Napoli a metà tra il presente e il futuro, dove il fulcro della storia è una enorme nave progettata e costruita dal suddetto imprenditore, la quale sembra dotata di vita propria e in più di un’occasione svolge il ruolo di motore degli eventi e della narrazione, quasi come un deus ex machina. Una storia davvero molto interessante, semplice ma ben sviluppata, accompagnata da un cast di doppiatori solido e variegato e da una ricca colonna sonora.
Come già visto in L’arte della felicità, alla Mad Entertainment piace sperimentare e anche qui non è da meno. Lo stile delle animazioni è molto particolare e curato. Per certi versi è opposto rispetto al lungometraggio precedente, perché mentre il quel caso la maggior parte delle scene erano animazioni in 2D con alcuni elementi in 3D inseriti qua e là, questo film è totalmente in 3D, con uno stile che tuttavia richiama i disegni a pastello e acquerello. Opposta sembra anche la concezione stessa del film, nel senso che in L’arte della felicità c’è una trama, ma è un veicolo per disquisire e ragionare sulla felicità e su altri concetti, dando moltissimi spunti di riflessione agli spettatori. Nel caso di Gatta Cenerentola invece viene raccontata una vera e propria storia, sviluppandola in una maniera forse più convenzionale, sebbene rimangano comunque delle tematiche molto attuali e importanti. Si notano le differenze di sviluppo, derivate sicuramente dalla diversità dei materiali di partenza e probabilmente anche da una diversa volontà d’intenti della produzione, e si nota anche una maggiore maturità narrativa, segno che negli anni lo studio ha affinato le proprie abilità.
Questa volta alla regia troviamo Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone e nuovamente Alessandro Rak, il quale come una specie di direttore creativo si occupa di tirare le fila di tutta la macchina, sebbene ognuno abbia un ruolo ugualmente importante. Avere così tante persone alla regia, come anche alla sceneggiatura e in molte altre mansioni, ha permesso di avere un confronto continuo tra menti diverse e un occhio più critico durante tutte le fasi del prodotto, oltre che permettere di sfruttare le diverse competenze di ognuno e dividersi i compiti, come hanno raccontato gli stessi registi in diverse occasioni.
Gatta Cenerentola mantiene l’idea di animazione matura e adulta, pur trattando una storia più convenzionale e che potrebbe essere apprezzata da un pubblico forse più vasto de L’arte della felicità. Si tratta di un prodotto relativamente di nicchia ma che potrebbe avere buoni incassi se pubblicizzato adeguatamente, cosa che al momento non sembra stia avvenendo. Al contrario la critica gli ha riservato una calorosa accoglienza, come dimostrato dal recentissimo Festival del Cinema di Venezia. In ogni caso Mad Entertainment continua a portare una boccata d’aria fresca nel panorama italiano, con un prodotto che non sfigurerebbe a livello internazionale.
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