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Spettacolo

Le ali della libertà: il classico di Darabont compie venticinque anni e arriva su Netflix

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Grazia Caputo

Lo scorso 19 settembre Netflix ha arricchito il suo catalogo multimediale con Le ali della libertà, un film drammatico del 1994 diretto da Frank Darabont e interpretato da Tim Robbins e Morgan Freeman. La pellicola – ispirata al racconto di Stephen King Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank facente parte della raccolta Stagioni diverse – si è imposta negli anni come un classico del cinema contemporaneo grazie alla sua abilità di fissare gli elementi del genere carcerario e di toccare il cuore degli spettatori con una grande storia di amicizia e di redenzione. Le ali della libertà vanta molti riconoscimenti: è stato inserito al quarto posto tra i cinquecento migliori film della storia dalla rivista Empire, collocato al posto numero 72 nella lista dei migliori cento film americani dall’American Film Institute, ha ricevuto 7 nomination agli Oscar e 2 ai Golden Globe – tra le quali quella come miglior attore protagonista a Morgan Freeman – e, pur non avendo portato a casa nessun premio, è rimasto nell’immaginario cinematografico collettivo.

Il carcere di Shawshank spalanca le sue porte a un detenuto singolare: è Andy Drufresne (Tim Robbins), un dirigente di banca accusato dell’omicidio della moglie e del suo amante che si è sempre professato innocente. Schivo, taciturno e misterioso, Andy si aggira per il carcere con l’amara consapevolezza di essere lì per errore, ma con la forza di spirito di chi vuole riottenere la sua libertà. L’enigmatico Andy attira quasi subito l’attenzione di un altro detenuto: è Red (Morgan Freeman), un uomo che sta scontando una pena a vita per omicidio e che tenta di sedurre una commissione carceraria per essere liberato in anticipo. Red – il contrabbandiere più rinomato del carcere – è la prima persona a cui Andy rivolge la parola: gli chiede un martello per scolpire i minerali, ma quello è solo l’inizio di una grande storia di amicizia che attraverserà gli anni e i confini degli Stati Uniti. La frase “chi trova un amico trova un tesoro” mai fu più vera che in un luogo dimenticato dal mondo come Shawshank: il carcere è un inferno sulla terra in cui le guardie picchiano ferocemente i detenuti riottosi, uccidendoli o compromettendoli a vita, e in cui le dinamiche tra gli stessi prigionieri sono pericolose; Andy, per esempio, è tormentato dalle “Sorelle”, un gruppo di detenuti che vuole approfittare sessualmente di lui. Pochi anni dopo il suo arrivo, Andy modifica significativamente il carcere: ingrandisce la biblioteca, mette le sue competenze finanziarie a disposizione delle guardie carcerarie e lotta affinché i suoi compagni di prigione abbiano qualche attimo di felicità, come una cassa di birre da bere mentre lavorano sul tetto della fabbrica del carcere. Trascorrono venti anni a Shawshank, ma nessuno sospetta che in tutto questo tempo scandito dalle umiliazioni, dalle violenze, dalle morti e dalle ingiustizie il timido e silenzioso Andy Drufresne abbia scavato pazientemente un tunnel per riconquistarsi la libertà.
A venticinque anni dalla sua uscita Le Ali Della Libertà si può considerare a tutti gli effetti un classico del cinema, perché ha dato forma al genere carcerario – esplorato al cinema e in particolar modo in alcune serie televisive degli ultimi anni – e ha creato personaggi senza tempo che ritornano altrove nelle vesti più disparate ma sempre con le stesse caratteristiche straordinarie.
Gli elementi fissati dal film di Darabont sono contemporaneamente personaggi, temi e dinamiche. I personaggi tipici rinvenibili nei prodotti dell’industria dell’intrattenimento ambientati in carcere sono i pervertiti, i deboli, i violenti e i sopravvissuti. Ne Le Ali Della Libertà la perversione è consegnata alle Sorelle, il trio di uomini che tormenta Andy per poter avere un rapporto sessuale con lui, che incarnano al tempo stesso la violenza, esercitandola sull’uomo dopo i suoi continui rifiuti. Più violenti delle Sorelle sono le guardie carcerarie, specie il capo, che nel corso del film abuserà del suo potere fino ad ammazzare di botte un detenuto e a paralizzarne un altro. I deboli, invece, sono quelli che non sopravvivono alla stretta del carcere; è il caso dell’uomo pingue che viene picchiato selvaggiamente per aver osato piagnucolare. I sopravvissuti del film sono naturalmente i due protagonisti: Andy, che elude il carcere scavando una via di fuga nel corso degli anni, e Red, che completa un percorso di redenzione e diventa un uomo nuovo.

Con riguardo ai temi vanno segnalate l’ipocrisia del carcere e delle persone che lo gestiscono – dal direttore corrotto e inclemente ma attaccato alla Bibbia, alla guarda spietata che detta la sua legge personale tra le mura di Shawshank – e la violenza senza controllo in grado di terrorizzare e amareggiare lo spettatore in mezzo a momenti di spensieratezza, all’interno di una dinamica filmica in cui si alternano continuamente buono e cattivo, paura e speranza. Ma il più grande tema affrontato da Le Ali Della Libertà è la sopravvivenza che tra le mura del carcere si nutre di piccole cose: un uccellino caduto dal nido a cui dare da mangiare, la lettura di un libro, una musica da immaginare durante l’isolamento, hobby minerari e, insito a tutto questo, il coltivare una propria interiorità che il sistema carcerario non potrà mai toccare.
Le dinamiche e i motivi ricorrenti del genere carcerario fissati dal film di Darabont sono: scommesse tra i detenuti su chi riuscirà a conservare la sua sanità mentale e a sopravvivere, il divertimento e l’allegria che pervadono il carcere all’arrivo di nuove persone, la retorica della prima notte costantemente sbandierata come la più dura tra tutte. Osservando i più recenti prodotti mediali ambientati nelle carceri, temi, personaggi e dinamiche create da Le Ali Della Libertà sono imperanti: il tema della sopravvivenza è forte in Orange Is The New Black – serie americana originale Netflix conclusasi questa estate con la settima stagione – i deboli e i violenti affollano le stanze del carcere di Vis A Vis – serie spagnola di cui Netflix ha rilasciato da pochi giorni la quarta stagione – e personaggi straordinari capaci di tramare nell’ombra sono presenti in Prison Break – in cui il protagonista Michael è solo un moderno Andy più scaltro, più preparato e più attrezzato. Come il film di Darabont, anche Orange Is The New Black è abilissimo nel raggruppare violenza, ingiustizia e speranza in un’unica narrazione, mentre Vis A Vis mantiene costantemente un’atmosfera cupa in cui i personaggi più buoni diventano cattivi per necessità. Prison Break ha una sua originalità, ma riprende dal film un protagonista formidabile che sente il bisogno di fare giustizia da solo, proprio come Andy Drufresne.

La forza de Le Ali Della Libertà sta nei suoi protagonisti, personaggi a tutto tondo, sfaccettati – la mitezza di Red che contrasta con il crimine da lui commesso, la laconicità e sudditanza di Andy che celano abilmente il suo piano di evasione dal carcere – e squisitamente umani. Le doti dei protagonisti li rendono eterni, indimenticabili, classici, ergendo il film a capolavoro cinematografico. Sia Andy che Red compiono un atto di distruzione del carcere, ma in due modi differenti. Andy è il personaggio che distrugge il carcere dall’interno – sia metaforicamente che letteralmente – spazzando via le sue fallace e le sue ipocrisie: l’uomo scava un tunnel che penetra le mura della prigione, costruisce una biblioteca più grande, ha delle premure verso i suoi compagni di cella e la fa pagare cara al direttore e al capo delle guardie con un sorprendente gesto finale. Dentro a Shawshank, Drufresne è un elemento di freschezza, un protagonista che si fa amare senza riserve, che attraversa il cuore dei suoi compagni come il suo tunnel attraversa la prigione. Diversamente Red – la voce narrante del film – è l’emblema del detenuto che si pente davvero e che rinuncia alla falsità come strumento per essere rilasciato anticipo: Red cambia davvero, rappresenta una vittoria sul carcere e la prova che esso non può spezzare tutti anche se vorrebbe. Inoltre la sua presenza conferisce al film un forte realismo che rinuncia alla proposizione esclusiva di figure innocenti che sono state incastrate da un’entità di più grande di loro – come è accaduto a Andy Drufresne – regalando personaggi autentici e modificando il punto di vista con il quale si guarda un ex detenuto nella vita reale.

Guardando Le Ali Della Libertà è inevitabile il confronto con un altro film tratto da un’opera letteraria di Stephen King e ambientato anch’esso in un carcere: è Il Miglio Verde, film del 1999 diretto anch’esso da Frank Darabont e interpretato da Tom Hanks. Diversamente dalla pellicola discussa fino ad ora, Il Miglio Verde ha un’aura magica, è estremamente drammatico e sceglie un finale tragico che dipinge il fallimento del sistema carcerario. Nulla a che vedere con il film del 1994 in cui due protagonisti volano davvero sulle ali della libertà, via dalla sofferenza e dall’abiezione umana.

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Grazia Caputo

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