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Quando USA e Iran giocavano solo a calcio

Published by
Riccardo Angori

L’attacco degli USA al generale Soleimani ha alzato nuovi venti di guerra per il Medio Oriente. Non che vi abbiano mai smesso di soffiarvi, ma il raid statunitense dell’inizio dell’anno che ha portato all’uccisione della seconda carica iraniana ha riportato il Medio Oriente sulle prime pagine dei giornali, fantasticando sulle dichiarazioni delle controparti in gioco e sull’eventualità di un terzo conflitto mondiale, una paura diventata oggetto di meme e battute, consuetudine ormai acclamata nel rutilante mondo dei social network. Ma l’aumento delle tensioni nel Medio Oriente, unite alle dichiarazioni del governo iraniano, ha portato alla cancellazione del ritiro della nazionale USA di calcio, previsto per gennaio in Qatar, a causa di timori fondati per la sicurezza dei giocatori statunitensi. E dire che fino a pochi anni fa le partite giocate tra Stati Uniti e Iran sono sempre state oggetto di buon auspicio di pace da parte dei media, in virtù del rapporto controverso tra Washington e Teheran nel corso del ventesimo secolo.

USA – Iran, 21 giugno 1998

Bisogna tornare indietro nel tempo, al giugno del 1998, nella Francia in fermento per il mondiale di calcio. La competizione che vide trionfare i cugini transalpini in finale sul Brasile fece segnare sui tabellini e sugli almanacchi calcistici un incontro particolare sotto molti punti di vista.  Nel cuore della Francia sud-orientale scesero in campo per la seconda giornata del primo turno della competizione mondiale allo Stadio di Gerland di Lione le nazionali degli Stati Uniti e dell’Iran, militanti nel gruppo F assieme alle nazionali della Germania e della Repubblica Federale Jugoslava.

Leggi anche: Sahar voleva solo vedere la partita.

Le nazionali scesero in campo in una partita inutile dal mero punto di vista delle speranze di qualificazione, dato che entrambe le compagini erano di fatto le squadre materasso del girone, che vide qualificarsi senza problemi Germania e Jugoslavia. Ma a Lione nel 1998 lo sport si fece di nuovo carico delle tensioni della storia. All’epoca i rapporti tra le due nazioni non erano proprio idilliaci, dato che erano di fatto ai ferri corti fin dall’epoca della rivoluzione del 1979, che trasformò lo stato iraniano con a capo lo Scià filo-occidentale nella repubblica islamica che conosciamo oggi. La rivoluzione del 1979 portà con sé anche la crisi degli ostaggi dell’ambasciata statunitense di Teheran, che si concluse solo dopo 444 giorni, fortunatamente senza vittime. Con questo precedente era chiaro che la situazione in quel di Lione fosse un po’ complessa da gestire, già a cominciare dal sorteggio che indicò come squadra casalinga la nazionale degli Stati Uniti e la squadra in trasferta la selezione dell’Iran. Da protocollo ufficiale FIFA i giocatori iraniani si sarebbero dovuti muovere verso gli statunitensi per la rituale stretta di mano, ma l’allora ayatollah Khamenei diede ordine alla nazionale del proprio Paese di non muoversi per la stretta di mano. Per ovviare a questo impasse, la FIFA propose agli Stati Uniti di giocare d’anticipo e di muoversi a loro volta per la stretta di mano, dando vita ad alcuni scatti fotografici che sono passati alla storia.

Le due nazionali lanciano al mondo un segnale di distensione.

I giocatori iraniani scesero in campo con mazzi di rose bianche, simbolo di pace in Iran, e le foto dei protagonisti della partita ritratti gomito a gomito fecero il giro del mondo, lanciando un segnale di distensione tra le due nazioni. E a Lione lo spettacolo che diedero in campo le due compagini non mancò, tutt’altro. Gli Stati Uniti colpirono ben quattro volte i legni della porta difesa da Abedzadeh e l’Iran giocando di rimessa riuscì a portarsi sul 2-0 con le storiche reti di Estili e Mahdavikia. McBride accorciò le distanze, fissando il risultato finale sul 2-1 per l’Iran, un risultato inutile ai fini della classifica per entrambe le nazionali, dato che non superarono la fase a gironi.

Gli highlights di USA – Iran 1-2.

Leggi anche: I mondiali di calcio FIFA di Russia 2018: incroci storici e politici.

Ma per l’Iran la partita fu motivo di vanto e orgoglio, dato che fu il primo successo in Coppa del Mondo, e al rientro a Teheran i giocatori autori di questo risultato storico furono accolti come salvatori della patria. Questa partita giocata a Lione ebbe ampia risonanza dal punto di vista della diplomazia, al pari dello scambio di visite tra i giocatori di ping pong di Stati Uniti e Cina di inizio anni Settanta. Tant’è che uno dei giocatori con più presenze nella nazionale di calcio statunitense, il difensore Jeff Agoos, affermò senza dubbi di smentita che

abbiamo fatto più noi in novanta minuti che i politici in vent’anni.

Qualche mese più tardi, in seguito a questa partita entrata di diritto nella storia sportiva e non, le due nazionali si affrontarono in una gara amichevole in quel di Pasadena, consapevoli del fatto che ciò fu possibile solo grazie al successo della partita della Coppa del Mondo del 1998. Citando Vittorio Zucconi, corrispondente da Parigi nell’estate del 1998, la pace val bene un gol.

La pace varrà ancora un gol?

Sembra passata un’eternità dall’estate del 1998 a oggi. Dall’undici settembre alla guerra in Iraq all’elezione di Donald Trump, nel giro di ventidue anni sono cambiati equilibri e paure, e tra proclami bellicosi e fuori luogo nessuno per ora può dirsi tranquillo. E la nazionale statunitense guidata da Gregg Berhalter è la prima a pagarne pegno dato che, oltre a cancellare il ritiro previsto in Qatar, dovrà convivere con la paura delle ritorsioni iraniane anche per altri impegni esteri, compreso il match contro i Paesi Bassi previsto a Eindhoven il 26 marzo. Una situazione a dir poco spiacevole, a cui si aggiunge un disagio legato alle forniture di gioco che i giocatori statunitensi stanno vivendo in questi giorni: tutto il materiale tecnico era già stato spedito in Qatar per il ritiro annullato e data la situazione dell’area geografica prima che il materiale faccia rientro negli USA passerà del tempo, in cui i calciatori a stelle e strisce dovranno per forza farne a meno. Non ci resta che sperare in tempi migliori e più distesi, in cui la maggior preoccupazione tra due nazioni possa essere soltanto la vittoria su di un campo da calcio.

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Riccardo Angori

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