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Sport

Nicolò Melli: il momento d’oro di un grande lavoratore

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Lorenzo Ricchitelli

All’anagrafe, questo ragazzo emiliano del 1991 poteva sembrare uno come tanti altri, ma Nicolò Melli in questi 29 anni ha sfoggiato un talento e una una fame tali da fugare ogni dubbio sulla grandezza a cui questo ragazzone di 206 cm era destinato. Se guardassimo dove si trova oggi – ala dei New Orleans Pelicans nella NBA e titolare della nostra nazionale di basket – senza però sottolineare come sia arrivato a questi altissimi livelli, faremmo un grande torto al lavoro costante di un ragazzo che ha sempre creduto di poter arrivare in alto. Dopo alcuni anni di “palestra” nella Reggiana, Nicolò arriva nel grande palcoscenico italiano della Olimpia Milano, dove milita dal 2010 al 2015 vincendo anche lo scudetto nell’annata 2013-2014. Prende quindi la decisione di mettersi in gioco andando in Germania, dove ha indossato la casacca del Brose Bamberg per due stagioni, portando a casa uno scudetto. L’esperienza nel Nord Europa sarà l’ennesima ottima opportunità formativa che preparerà l’ala dei Pelicans alla sua prima grande chiamata estera, quella Turca.

Dalla Turchia alla Louisiana, la scalata di Nicolò Melli

Dopo aver mantenuto dal 2012, anno in cui militava a Milano, le straordinarie medie di almeno il 40% dal campo e di almeno il 30% da tre punti, un ventiseienne Nicolò Melli finalmente riceve il giusto premio per i suoi sforzi: la chiamata arriva dalla Turchia, precisamente da Istanbul presso la corte del Fenerbahce, dove avrebbe condiviso la casacca con il suo compagno di nazionale e capitano Luigi “Gigi” Datome.

Ecco i due grandi protagonisti del Fenerbahce e della nazionale italiana, Datome e Melli. Fonte: corrieredellosport.it

Ma la decisione dell’ala emiliana non è così facile, perché nel 2017, anno in cui firma per la squadra turca, arriva la telefonata che ogni giocatore e amante di basket sogna ogni giorno della sua vita cestistica: la franchigia NBA degli Atlanta Hawks contatta Melli per ingaggiarlo nella massima lega di basket. Il nostro Nicolò sapeva però di non essere ancora pronto al grande salto, considerati il livello tecnico e la pressione tipici dell’NBA, e bruciare quella tappa poteva compromettere una carriera in piena rampa di lancio. La decisione di rifiutare l’NBA si sarebbe poi dimostrata più che visionaria: in Turchia Melli affina il suo gioco, anomalo per un’ala di oltre due metri poiché dotato di grande sensibilità di tiro nell’arco, ottimo gioco in post e nel pitturato (termine cestistico per indicare l’area sotto canestro che solitamente è caratterizzata da un colore differente dal parquet del campo), ma soprattutto un incredibile dote come il suo tiro perimetrale; i numeri ne sono la dimostrazione: quasi trenta minuti di media giocati nella prima stagione, un ruolo primario nelle rotazioni con numeri realizzativi che si innalzano in simbiosi con il miglioramento del suo gioco, che danno come risultato a fine stagione un ottimo 50% di realizzazione dal campo e uno straordinario 43% oltre l’arco. Questi numeri si confermano approssimativamente nelle successive due stagioni, contribuendo alla fine di questo percorso turco alla vittoria di un campionato e una coppa nazionale.

Melli durante sua presentazione a New Orleans la scorsa estate. Fonte: basketuniverso.it

Come in ogni momento della sua carriera cestistica, Nicolò Melli sapeva che il suo continuo impegno e lavoro sarebbero stati la chiave che avrebbe facilitato il raggiungimento di tutti i suoi obiettivi, e dopo questi tre anni al Fenerbahce l’ormai ventottenne ala Emiliana sentiva di essere arrivato alla sua massima maturità e di poter fare ancora un altro salto; quell’occasione arriva nel giugno del 2019, quando nuovamente l’NBA bussa alla porta di Nicolò, ma stavolta a offrire un posto nel basket che conta è una franchigia ambiziosa di uno Stato dell’estremo sud degli Stati Uniti, ovvero la Louisiana. Sono proprio i New Orleans Pelicans a voler puntare sul talento del nazionale di Reggio Emilia, il quale questa volta non si esime e si unisce alla rivoluzione dei Pelicans: “tradata” (termine gergale del basket per indicare l’azione di una “trade” o scambio, da parte di una franchigia, di uno o più giocatori) la superstar Davis ai Lakers, in cambio New Orleans ottiene un grande guppo di giovani, quali Lonzo Ball, Josh Hart, Brandon Ingram, nonché il colpo più grande, ovvero la vittoria alla draft lottery, dove i Pelicans pescano la prima scelta, selezionando quello che sta diventando il fenomeno del momento, Zion Williamson. A questa già incredibile base di giovani stelle, la dirigenza della città della Louisiana aggiunge l’esperienza che può coadiuvare la crescita di questi ragazzi: arrivano infatti le triple e le spaziature di un veterano come J.J. Reddick e proprio l’ormai formata e polivalente ala del Fenerbahce Nicolò Melli.

Il suo ruolo nella franchigia, il rapporto con Zion e compagni, l’All-Star Game e l’exploit contro Golden State: una fotografia di Three-colò

La coppia che si completa, il numero 1 e il 20 dei Pelicans, Williamson e Melli. Fonte gettyimages.com

L’adattamento di Nicolò Melli alla dimensione americana non è stato semplicissimo, nonostante il suo enorme talento e la sua voglia ancora più grande di dimostrare che in quel contesto lui ci entra in pieno. Proprio la sua etica del lavoro lo mette subito in ottima luce con i compagni e con l’allenatore, che lo idolatrano per il suo costante impegno in allenamento, che porta risultati in partita; “Nico”, come viene chiamato dai telecronisti americani, impatta subito con le sue qualità, tanto che a New Orleans scoppia la passione dei tifosi per Three-colò, soprannome derivante dalla già descritta abilità nel tiro da tre punti dell’ala italiana. Tuttavia Coach Alvin Gentry decide per un periodo, tra dicembre e gennaio, che Nicolò non debba mettere piede sul parquet neanche per un minuto, per un totale di dieci partite. Il minutaggio diminuisce così di colpo, e qualsiasi altro giocatore si sarebbe fatto prendere dallo sconforto, ma il nostro Melli ha sempre in chiaro il suo obiettivo, e continua il suo lavoro in palestra durante gli allenamenti, sempre pronto a subentrare. A fine gennaio arriva il punto di svolta, perché esordisce in ritardo di tre mesi, causa infortunio, la prima scelta del Draft 2020, Zion Williamson; l’entrata nelle rotazioni del numero uno poteva sancire la relegazione definitiva di Nicolò Melli in panchina, ma a sorpresa Coach Gentry comincia a ridare minuti all’ala italiana, poiché sembra aver visto una complementarità nelle caratteristiche fisico-tecniche tra il numero 20 e il numero 1 della squadra. Sin dall’inizio Zion aveva dimostrato la sua ammirazione per Melli, definendo il suo QI cestistico: «fuori dal comune», ma con i minuti condivisi sul parquet la stima cresce ancora di più, come l’impatto di Nicolò grazie alla presenza del rookie; la spiegazione è abbastanza semplice: la presenza fortissima sotto canestro di Zion, il suo eccellente ruolo di bloccante e la sua pericolosità anche dall’arco, aprono spazi per le ali, dove il cestista emiliano sa inserirsi alla perfezione. Così arrivano prestazioni e numeri sempre più convincenti,che ci dicono che Nicolò Melli è un tassello sempre più importante: oggi il numero venti viaggia a 16 minuti di media giocati, con una percentuale realizzativa del 47% e una percentuale dal perimetro che sfiora il 40% (percentuale da èlite della lega).

Melli durante la partita delle “Rising Star”, durante l’All-Star Game a Chicago di quest’anno. Fonte: sport.sky.it

Il premio per il suo incredibile stato di forma arriva con un’inaspettata chiamata all’All-Star Game 2020: dato il forfait per infortunio di DeAndre Ayton (Centro dei Phoenix Suns), Nicolò partecipa infatti al primo evento del weekend delle stelle, ovvero la Rising Star Challenge, dove si sfidano tutte le matricole della Lega, divise tra americani e resto del mondo; nonostante i 29 anni, Melli vi prende parte perché formalmente è al suo primo anno in NBA. La sua partita è tranquilla, non vedendolo protagonista, ma sicuramente l’emozione per Melli è a livelli altissimi, poiché, anche se in seconda battuta, la convocazione è un riconoscimento alla sua ottima stagione. Superata la grande soddisfazione per l’ASG, Nicolò non smette di stupire, arrivando alla vera serata che è stata per lui la vetrina per mostrarsi al mondo del Basket: il career-high (ovvero il numero massimo di punti realizzati in una singola partita in NBA) contro i Golden State Warriors privi di Steph Curry (pronto al rientro). Venti i punti messi a referto dall’Ala dei Pelicans, ma a far “alzare qualche sopracciglio” (come dice il noto telecronista di Basket italiano Flavio Tranquillo) è la statistica dal perimetro: 6/7 la percentuale di realizzazione, una macchina quasi perfetta da tre punti, che ha prodotto una delle prestazioni di più alto impatto nel mese di Marzo 2020 (migliorata da Seth Curry, guardia dei Dallas Maveriks, la sera del 28 febbraio con un magistrale 8 su 9 da tre punti). Cosa rappresenta questa prestazione per il futuro di Nico? A detta sua non è cambiato niente:

Le mie statistiche sono importanti solo se contribuiscono al successo della squadra: poi se sono il primo, il secondo o il decimo non cambia nulla […] L’importante è restare in campo, avere minuti: si può sempre fare meglio, ma sono contento sia chiaro, ho detto contento, non appagato, e mai soddisfatto. Conta molto sviluppare la fiducia: poi te ne va dentro una, te ne van dentro due e allora tutto diventa più semplice. Il resto lo fa il lavoro: quello fatto in palestra tutti i giorni alla fine paga, e forse ora qualcosa sto raccogliendo

Queste parole sono l’immagine più bella di questo straordinario ragazzo, che ha ribadito ciò che sta mostrando con i fatti: per sopravvivere nell’NBA, il lavoro quotidiano e il sacrificio sono la base, i risultati vengono col tempo; la speranza è che Nicolò non smetta di stupire noi ma soprattutto il resto dell’NBA e del mondo.

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