Lo scorso venerdì il Brasile ha registrato 55.209 nuovi casi di positività al coronavirus in un solo giorno, segnando l’attuale, triste record mondiale. Sono già oltre il milione i casi nel paese sudamericano, su nemmeno due milioni e mezzo di tamponi effettuati. Una percentuale di positivi che sfiora il 50%, e che fa rabbrividire persino Stati Uniti (8%), India (7%) e Italia (5%), rendendo il Brasile il più grande focolaio mondiale della pandemia in questo momento.
Mercoledì è morto da coronavirus a 67 anni Paulinho Paiakan, capo della tribù Caiapó Bep’kororoti, figura carismatica nell’Amazzonia indigena e della comunità dei nativi brasiliana. L’ennesima morte dovuta al virus, che per gli indigeni brasiliani è stata una vera ecatombe, di cui purtroppo non si può neanche calcolare l’esatta proporzione.
Secondo molti scienziati e opinionisti internazionale – e ormai grossa fetta di quelli brasiliani – le scellerate scelte di Bolsonaro hanno innescato l’inizio dell’incontrollata pandemia in Brasile che è mutata, in queste settimane, in uno dei più grossi collassi socio-sanitari della gestione mondiale della pandemia.
Il 10 marzo si riferisce al coronavirus chiamandolo «una fantasia» suscitata dai media. Pochi giorni dopo il suo addetto stampa viene trovato positivo; ciò non impedisce a Bolsonaro di partecipare a una parata pubblica senza indossare la mascherina, comportamento per il quale è stata chiesta la procedura di impeachment.
Al 18 giugno sono 46.660 i morti da coronavirus in Brasile, numero ovviamente sottostimato ma che vale comunque il secondo posto mondiale in questa terribile classifica. Nelle ultime settimane il numero giornaliero è stabilmente nell’ordine delle migliaia.
Se vi hanno impressionato i carri militari di Bergamo che trasportavano le bare in altre regioni italiane, impallidirete al metodo brasiliano: in molti cimiteri – come in quello di Vila Formosa a San Paolo – si estraggono i resti di persone decedute anni fa per far posto alle nuove bare. Le salme più “datate” sono ammassate in container per lasciare terra libera ai morti “più recenti”. Scenari distopici, specie quando i vertici di stato parlano di fantasie mediatiche.
Un gesto simbolico, la scorsa settimana, è stato compiuto dalla ONG Rio de Paz: sono state scavate sulla famosa spiaggia di Copacabana a Rio de Janeiro 100 fosse con altrettante croci, a simboleggiare la «morte del Brasile» ed esortare il presidente in un impegno più concreto nella lotta al Covid-19.
Il 16 aprile Bolsonaro aveva destituito dalla carica di Ministro della Salute Luiz Enrique Mandetta, che chiedeva misure più drastiche per fermare la pandemia mentre il presidente insisteva sull’impraticabilità di un lockdown che avrebbe fermato il motore dell’economia.
Il terzo Ministro della Salute della gestione pandemica è Eduardo Pazuello, il decimo militare su ventidue ministri del Governo Bolsonaro. Una svolta sempre più autoritaria nella politica brasiliana, che non può non far tornare in mente le terrificanti parole di Bolsonaro pronunciate nel 1999: «Con il voto non cambierà niente in questo Paese. Purtroppo le cose cambieranno solo quando un giorno partiremo per una guerra civile qui dentro e faremo il lavoro che il regime militare non ha fatto, cioè uccidendo 30.000 persone, cominciando da Fernando Henrique Cardoso. Se morirà qualche innocente non fa niente, in ogni guerra muoiono innocenti». Nessuno può predire cosa potrà succedere in Brasile nei prossimi anni. La preoccupazione cresce di giorno in giorno, e sono cominciate le prime rivolte dell’opposizione.
Nel frattempo, nonostante il paese sia (com’è evidente dai numeri) nella fase ascendente del picco, proprio nei giorni scorsi sono state tolte le già lievi misure di lockdown nelle città brasiliane, compresa San Paolo – città da 11 milioni di abitanti che già conta decine di migliaia ancora attivi. Hanno riaperto praticamente tutti i servizi essenziali e non, e con un governo che sollecita le persone ad assembrarsi è difficile pensare a una discesa della curva dei contagi in tempi brevi.
A proposito di curva dei contagi, la Corte Suprema brasiliana ha obbligato il Governo Bolsonaro a pubblicare i dati in modo corretto e completo. Non è la prima volta che Bolsonaro viene accusato di manipolare i dati sul contagio cercando di minimizzare i numeri reali. In seguito alla delibera della Corte, il sito web governativo ha aggiornato le statistiche.
Bolsonaro nel ’99 invocò una guerra civile che avrebbe ammazzato 30.000 persone. Tra pochi giorni i morti brasiliani da Covid-19 saranno 50.000. Di fronte all’orrore brasiliano, il Sudamerica e il mondo tremano.
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