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Spettacolo

Il musical Hamilton arriva su Disney+

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Marco Baccega

Dopo l’enorme successo riscosso durante i tour americani, Hamilton arriva sulla nuova piattaforma streaming di Disney, chiamata Disney+. Questa versione è stata filmata durante tre spettacoli (risalenti a giugno 2016, interpretati quindi dal cast originale di Broadway) e completata con alcuni primi piani e inquadrature registrate separatamente e senza pubblico. Il film, che originariamente doveva essere rilasciato a ottobre del prossimo anno, è arrivato su Disney+ il 3 luglio in occasione del Giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, il 4 luglio.

Il successo del musical

Il musical racconta la storia di Alexander Hamilton, un orfano originario dell’isola di Nevis (nel Mar dei Caraibi) che, nonostante le umili origini, riesce ad arrivare a essere uno dei padri fondatori degli Stati Uniti grazie alla sua determinazione e laboriosità. Durante le due ore e quaranta minuti di film, la storia di Hamilton si intreccia con quella degli altri padri fondatori degli Stati Uniti (in particolare George Washington, Thomas Jefferson e James Madison) percorrendo alcuni avvenimenti storici (la battaglia di Yorktown, le elezioni del 1800) fino ad arrivare alla sua morte. La trama storica è poi completata da quella riguardante la vita privata di Hamilton che, dopo essersi sposato con Elizabeth Schuyler (originaria di una delle famiglie più ricche e influenti di New York), la tradisce, viene scoperto e ricattato in quello che è il primo sex scandal dell’allora giovane storia degli Stati Uniti.

Nonostante non sia molto conosciuto in Italia, Hamilton ha riscosso un incredibile successo negli Stati Uniti. Il musical è stato sold out durante i cinque mesi off-Broadway e ha registrato record di vendite per gli spettacoli di Broadway, con oltre trenta milioni di dollari incassati ancor prima del suo spettacolo inaugurale. Il grande successo riscosso dal musical è dovuto soprattutto alla sua musica, che tocca generi musicali come rap, hip-hop, R&B e soul music, e all’interpretazione di personaggi storici bianchi da parte di un cast di alto livello formato quasi completamente da attori di minoranze nere, latine e asiatiche.

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Le canzoni del musical sono state scritte prodotte e composte principalmente da Lin-Manuel Miranda, che interpreta anche Alexander Hamilton nel cast originale off-Broadway e Broadway. Nel 2016, Hamilton vince undici Tony Award (tra cui miglior musical, miglior colonna sonora originale, miglior attore protagonista in un musical, miglior attore e miglior attrice non protagonista in un musical), il premio Pulitzer per la drammaturgia e un Grammy per il miglior album di un musical teatrale. Ed è probabilmente il grande successo che Hamilton ha avuto a teatro a portare Disney a spendere 75 milioni di dollari per l’acquisto dei diritti della sua versione per il piccolo schermo.  Per il momento, l’investimento dell’azienda californiana sembra essere giustificato. Nel solo weekend di uscita di Hamilton, l’applicazione Disney+ ha visto un incremento del 72% nei download paragonato ai precedenti quattro weekend.

Parte del cast durante una performance alla Casa Bianca Foto: Wikimedia/Amanda Lucidon.

La critica

In generale, Hamiton è stato osannato dalla critica sia nella versione teatrale che nella più recente uscita su Disney+. Ciononostante, ci sono state alcune critiche mosse contro il musical, soprattutto per quanto riguarda la sua veridicità storica.

Infatti, anche se la maggior parte degli eventi storici raccontati nel musical sono realmente accaduti, Miranda ha preso delle libertà narrative per romanzare la storia di Hamilton, soprattutto riguardo la sua vita privata e la cronologia degli eventi narrati. In particolare, la sottotrama che vede Angelica Schuyler (sorella di Eliza) innamorata di Alexander è completamente inventata, dato che nella realtà Angelica e Alexander si conoscono solo al matrimonio di quest’ultimo, quando Angelica era già sposata da tre anni. Anche il continuo intreccio delle vite di Alexander e del suo nemico-amico Aaron Burr è leggermente esagerato nel musical, e l’offerta di collaborazione per la scrittura di The Federalist Papers fatta da Hamilton a Burr rappresentata nella trama non è mai avvenuta.

Infine, ci sono delle imprecisioni cronologiche riguardanti le elezioni del 1800. Il figlio di Alexander, Philip, rimane ucciso in un duello nel 1801, ma nel musical questo accade prima delle elezioni. Inoltre, il duello che porterà all’uccisione di Alexander sembra scaturire dal suo mancato appoggio a Burr che era candidato a presidente appunto nelle elezioni del 1800. In realtà, la causa scatenante fu una lettera in cui Hamilton discreditò Burr in seguito alla sua sconfitta nelle elezioni per il ruolo di governatore di New York nel 1804.

Il musical ha ricevuto altre critiche negative per non aver posto maggior evidenza sulla questione dello schiavismo. Il solo Thomas Jefferson è additato come schiavista e viene in particolar modo accusato di limitarsi a prendere il merito della grande produttività dello Stato della Virginia senza tenere in considerazione che il lavoro nei campi non veniva pagato. Inoltre, George Washington viene rappresentato in maniera prettamente positiva senza mai menzionare il fatto che anch’egli fosse possessore di schiavi. Lo stesso Hamilton è storicamente una figura ambigua per quanto riguarda lo schiavismo. Se da un lato si dichiarava abolizionista, e non sono stati trovati documenti che attestassero un suo possesso di schiavi, dall’altro lato Alexander amministrava alcuni degli schiavi posseduti dalla famiglia di sua moglie né usò mai la sua posizione di potere per opporsi in maniera attiva allo schiavismo.

Il cast accoglie Barack Obama in visita a Broadway. Foto: Wikimedia.

D’altro canto, Hamilton ha messo d’accordo gran parte della critica grazie alla sua musica e ai suoi testi che riescono a far appassionare alla storia dell’indipendenza degli Stati Uniti anche chi non l’ha mai studiata in dettaglio. Il musical ha in generale un ritmo molto alto e una media di 144 parole al minuto. In uno studio si confronta il ritmo di Hamilton con quello di altri sette musical di vario genere, scoprendo che il secondo per ritmo si attesta a 83 parole al minuto. Nello stesso studio si calcola che gli altri musical durerebbero tra le quattro e le sei ore se dovessero recitare tutte le parole presenti in Hamilton. Se si entra nel dettaglio, poi, alcune parti di due canzoni (Satisfied Guns and Ships) toccano picchi di cinque e sei parole al secondo. Inoltre la velocità delle canzoni cambia in base alla situazione e al personaggio. Washington, ad esempio, canta con un ritmo più regolare perché il personaggio è metodico, mentre Lafayette ha un ritmo più alto e disorganizzato in quanto personaggio d’azione.

Leggi anche: Il rap come forma di protesta.

Hamilton è stato molto apprezzato anche perché, in un momento storico delicato come quello che stanno passando gli Stati Uniti, è riuscito a dare risalto alla figura di un immigrato che ha fatto la fortuna in America grazie alla sua etica di lavoro. Dopo i primi spettacoli è stato necessario introdurre una pausa di alcuni secondi dopo uno dei versi più famosi del musical («Immigrants, we get the job done») a causa dei lunghi applausi del pubblico che non permettevano il normale proseguimento della canzone.

Nel cast originale, l’unico attore di etnia bianca tra i personaggi principali (Jonathan Groff) interpreta re Giorgio III, l’unica figura facente parte dei colonizzatori inglesi. Miranda ha dichiarato che il cast è formato da attori non bianchi in modo da far assomigliare gli Stati Uniti del musical a quelli attuali e poter essere quindi più accessibile al pubblico di ogni origine.

Se da un lato l’innovazione a livello musicale portata da Hamilton lo discosta dal concetto più classico di musical, lo rende anche più accessibile a un pubblico che considererebbe troppo lenti grandi classici come Il fantasma dell’Opera Les Misérables, aprendo quindi il mondo dei musical anche ai non appassionati. Lo stesso si può dire riguardo la storia dell’indipendenza degli Stati Uniti, che non molti conoscono in maniera approfondita, ma che è inevitabile ricercare dopo aver visto Jefferson e Hamilton discutere di politica durante una rap battle. Sarà inoltre interessante vedere se il successo dell’approdo su Disney+ porterà le piattaforme streaming a investire su un nuovo tipo di produzione o per lo meno sui diritti dei musical più famosi. Hamilton riesce insomma a mettere d’accordo più e meno appassionati del genere grazie a una musica di alto livello, una produzione più che ottima, e una grande inclusività che lascia poco spazio alle polemiche.

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Marco Baccega

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