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Spettacolo

Finale a sorpresa sì, ma mai per le commedie italiane

Published by
Davide Zazzini

A parte il godibile Corro da te (che è un remake), confrontando le amene “commedie” sfollasale che sforna a ripetizione il cinema italiano con una (a caso) di quelle straniere, ciò che impressiona è l’abisso di tono, brillantezza e memorabilità dei personaggi, per non parlare della qualità di scrittura.

Agli (sparutissimi) eroi cinepatriottici che si arrischiano ad andare al cinema in questi giorni, infatti, le nostre produzioni spiattellano coloratissime pupazzate senza nervo e (spesso) senza senso, prevedibili e stoppose, come Bla Bla Baby di Brizzi. O come i disastrosi Idoli delle donne, di e nonostante Lillo e Greg. Altra sensibilità ci vorrebbe per raccontare i lavoratori sessuali, senza sguazzare in questa fanghiglia tutta italica di clichè involontariamente sessisti e risolini pruriginosi. Ma questa, forse, è un’altra storia.

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Altrove, però, direbbe Sorrentino, c’è l’altrove. E per fortuna il cinema in sala non è solo italiano. Diciamo che ultimamente, incassi alla mano, non lo è e basta.

Nel dopoOscar, infatti, pescando a caso dall’altra parte del Mediterraneo, ecco due ore di satira intelligente, commedia -con base da tragedia attica in salsa shakespeariana- e metacinema con punte thrilling, impastate in giuste dosi da Mariano Chon e Gaston Duprat in Finale a sopresa-Official competition.

In sala da giovedì, distributa da Lucky Red, la pellicola, stagliata in nude e evocative archietture minimal, è un’esilarante commedia dei caratteri sulla preparazione di un film che conferma e insieme supera le convenzioni del genere.

Come? Affidandosi a un trittico di star alle prese con un romanzo da adattare: Lola Cuevas (Penelope Cruz), nevrile regista-tiranno tutta ricci anguicriniti, che frantuma quel Leone d’Oro per cui (metacinema capovolto) il film ha gareggiato alla 78° Mostra di Venezia, davanti a Felix Rivero (Antonio Banderas) che si addestra a diventare fratello-coltello di Ivan Torres (Otavio Martinez).

Felix e Ivan, attori antitetici, ma entrambi dominanti, chi nel teatro impegnato, chi a Hollywood via TikTok, scazzottano per tutto il film, giocando a oscurare davanti alla regista-dueteragonista l’altro che mal sopportano. Nel dileggio umoristico, quasi “donchisciottesco” della loro boria, allora, la pellicola spreme (quasi tutto) il suo succo tematico.

Chiariamoci, però, Competencia oficial -questo il titolo orginale, ben più calzante della solita storpiatura italiana- è un film imperfetto. Ma per due ore scarse intrattiene, dibatte e fa sorridere infilandoci, di sottecchi, nella subcoscienza una sfilza di riflessioni tutt’altro che banali. Cioè tutto quello che una commedia dovrebbe fare.

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Com’è possibile? Perchè i registi- che sin dall’esordio con El artista (2008) riflettono sulle vite dei creativi- mettono la cinepresa davanti a uno specchio per gridarci che il re è nudo. Che i flash dei red carpet non coprono la sete di gloria, la piacioneria di comodo e le megalomanie di attori e registi. E nemmeno il cinismo di chi alimenta il loro mito per il deliquio (mai poi mica tanto) delle folle, mettendo divo contro divo. Industria contro arte. Etica contro opportunismo.

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Perciò possiamo perdonargli alcuni personaggi incompiuti, come il produttore del film; qualche battuta rimasta sulla carta; una climax prevedibile, e anche che la storia non finisca subito dopo, quand’era auspicabile e necessario.

Perché? Perché l’intonazione etica c’è. La felicità di scrittura anche. I personaggi (e non figurine alla Fausto Brizzi) pure. La risata (stridula, amara quanto si vuole) a iosa. E la riflessione, come un bucaneve, pronta a sbocciare subito dopo.

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Nota finale per il caravanserraglio nostrano di attori, produttori, sceneggiatori e registi che da due anni, tra una stracciata di vesti e un ristoro statale, accusa sua crudeltà la piattaforma di avergli rubato gli spettatori.

É vero, anzi verissimo che, il pubblico, saghe e cinecomic a parte, non torna più in sala perchè ormai, per farla breve, il cinema lo trova dentro un pc.

Ma sarà anche perchè non ne ha motivo? Perché magari da noi mancano le storie avvincenti, i personaggi e i Finali a sorpresa, nel genere in cui una volta eravamo maestri?

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Davide Zazzini

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