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Spettacolo

The Umbrella Academy, la recensione della terza stagione – WiSerial

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Giacomo Stiffan

The Umbrella Academy è uno di quei piccoli gioielli che talvolta Netflix è in grado di generare. La storia ruota intorno agli Hargreeves, una famiglia disfunzionale composta da sette fratelli e sorelle dotati di superpoteri. Sono tutti nati nello stesso momento da madri che hanno avuto una misteriosa gravidanza durata meno di un giorno. Su 43 super bambini che condividono le stesse condizioni di nascita, il misterioso Sir Reginald Hargreeves – un distinto lord inglese – riesce ad adottarne sette, che ha allevato (o meglio addestrato) come una squadra di supereroi in stile X-Men.

Con la differenza che gli abusi emotivi – e non solo – di Reggie Hargreeves hanno causato non pochi traumi e fatto scoppiare la famiglia, che dopo la morte di Due e la scomparsa di Cinque si riunisce nella prima stagione solo grazie al funerale del vecchio nobile.

Le carte vincenti della serie

Inquadrare The Umbrella Academy non è semplice, e questa è una cosa molto buona. Ha la capacità di mixare con sapienza black comedy, genere supereroistico, fantascienza e apocalyptic fiction condensando il tutto in una sontuosa, complessa e divertentissima scrittura, interpretata da un cast mastodontico e di altissimo livello. Non che la serie sia priva di difetti, ma è una boccata d’aria fresca nell’offerta seriale di oggi.

Il creatore è Steve Blackman, uno degli sceneggiatori più in gamba degli ultimi anni. Ha co-sceneggiato la seconda stagione di Fargo e, soprattutto, quella perla incantevole, intricata e psichedelica che è stata Legion, serie della quale ritroviamo molto in The Umbrella Academy.

Il materiale di partenza è invece l’omonimo fumetto pubblicato da Dark Horse, scritto da Gerard Way – già co-fondatore dei My Chemical Romance – e illustrato da Gabriel Bà, una delle matite più talentuose che il Brasile abbia mai sfornato.

L’analisi della terza stagione di The Umbrella Academy

ATTENZIONE, da qui in avanti pesanti spoiler della terza stagione di The Umbrella Academy.

Ma andiamo al sodo. Dopo aver salvato il mondo non una, bensì due volte ed essersi ricostruiti una vita (e averla abbandonata) durante il viaggio indietro nel tempo, gli Hargreeves sono tornati nel presente scoprendo di non appartenere a quel mondo che hanno sì salvato, ma anche stravolto con le loro azioni nel passato: la Umbrella Academy non esiste più, sostituita dalla Sparrow Academy.

Sir Reginald, infatti, dopo aver conosciuto gli Umbrella negli anni sessanta e averli ritenuti inadatti, ha deciso di adottare altri super bambini al loro posto. Anche perché, nel frattempo, dopo aver assorbito parte dei poteri di Vanya, Harlan ha inconsapevolmente ucciso le madri dei membri dell’Umbrella Academy (per inciso, Harlan era un personaggio davvero affascinante ed è un peccato averlo bruciato così in fretta).

L’essere mai nati, sommato al loro ritorno dal passato, ha generato un paradosso temporale sfociato nel Kugelblitz, la minaccia apocalittica di questa stagione. Dopotutto la fine del mondo è il tema ricorrente della serie, tanto che gli Hargreeves (in particolare Cinque) ci scherzano apertamente sopra in una sorta di meta-narrazione.

Il villain

Il nemico della stagione sembra quindi definito fin da subito. In realtà nel finale scopriamo che il vero villain – forse dell’intera serie – è Sir Reginald, lo stesso che per tutta questa stagione ha cercato di imbonire i ragazzi mostrandosi come una vera figura paterna, cosa che non è mai stato.

Per inciso, quando si parla di genere super eroistico la figura del villain è cruciale. Costruire un cattivo sfaccettato e verosimile è una delle caratteristiche che determinano il successo o meno di questo tipo di prodotto. Qui Blackman ci riesce tre volte di fila: Vanya, The Handler e ora Reginald Hargreeves: tutti hanno il loro background, le loro motivazioni, hanno un arco narrativo coerente e hanno carisma, o quantomeno ci si può immedesimare. Un risultato degno di nota, non c’è che dire.

Leggi anche: Doctor Strange nel Multiverso della Follia, la recensione – theWise@theCinema

A cosa punta Sir Reginald?

In questa stagione scopriamo infine perché Sir Reginald si è sempre comportato in maniera così distaccata nei confronti degli Umbrella. Dopo aver svelato nella prima stagione che è un alieno e che ha perso l’amata moglie (sì, anche lui prova dei sentimenti), ora veniamo a sapere che ai suoi occhi quelli non sono mai stati suoi figli, ma cavie da laboratorio da addestrare per svolgere un compito: resettare l’universo e riportare in vita Abigail Hargreeves, la consorte di Sir Reginald.

Da qui il freddo atteggiamento nei loro confronti, il continuo metterli alla prova, il negare loro un nome chiamandoli per numero.

Come evolvono i personaggi

Questa è una serie dove il bilanciamento del casting è fondamentale, molto più che in altri prodotti supereroistici. I personaggi sono tantissimi (già solo i protagonisti iniziali della Umbrella Academy originale sono sette, e in questa terza stagione si aggiungono altri elementi), ognuno di loro è diverso da tutti gli altri. Le interazioni tra di loro sono frenetiche, a volte in coppia, a volte in gruppo, sta di fatto che selezionare gli attori giusti per creare la giusta alchimia è stata di certo un’impresa. Ma anche un successo: il cast regala performance eccellenti e i personaggi crescono ed evolvono.

Se nella prima stagione avevamo un protagonista principale, Vanya, e nella seconda un’altro, Cinque, in questa terza stagione la narrazione diventa molto più corale. A differenza del passato non ci sono più Hargreeves principali e secondari, alcuni seri e altri macchiettistici. Ora tutti partecipano in maniera equa alla storia, ognuno con il suo ruolo.

Uno

Luther, il più ingenuo, scopre finalmente l’amore corrisposto. Arriva a sposarsi con Sloane, l’avvenente Cinque degli Sparrow. La puntata del matrimonio è qualcosa di struggente: la fine del mondo è vicina, la malinconia pervade l’Hotel Obsidian eppure i due sono tenerissimi, innamorati e al contempo rassegnati al loro fato.

La morte di Sloane sarà di sicuro fonte di grossi problemi per Luther e di conseguenza per la Umbrella Academy nella prossima stagione: potremmo assistere a un percorso simile a quanto visto per Allison.

Due

Diego è uno dei personaggi con la migliore evoluzione in questa stagione. In passato era stato rappresentato come un componente macchiettistico, per certi versi goffo e non particolarmente sveglio.

La finta paternità risveglia in lui il suo lato adulto e il rapporto con Lila è sì pazzerello, ma anche profondo e sincero. Come un Toro e un Cancro che si amano e si scornano in parti uguali, così Diego e Lila hanno un’alchimia fortissima, tanto diversi quanto complementari, con un modo spassosissimo di dimostrarsi amore.

Bucano lo schermo.

Tre

L’arco narrativo di Allison è quello più cupo di tutti. Ha subito le peggiori conseguenze dalle avventure con l’Umbrella – ha perso la figlia e la sua anima gemella – e finisce per scaricare il suo dolore soprattutto su Viktor nella maniera più meschina: è lei a uccidere Harlan.

Anche se, sconfinando nel toto quarta stagione, esiste la remota possibilità che non l’abbia ucciso davvero: con i suoi poteri aumentati dal contatto con quelli di Harlan avrebbe potuto ordinargli di fingersi morto, di rallentare il battito cardiaco e compagnia bella. Soluzione tirata per i capelli certo, ma mai dire mai.

C’è da dire che lei più di tutti gli altri ha sempre avuto il seme dell’oscurità dentro di sé e quindi si tratta di un’evoluzione coerente con il personaggio: non è certo la prima volta che rivela il suo lato rancoroso e vendicativo, sebbene mai con tale magnitudo.

Quattro

Alzi la mano chi non ama Klaus. Sul serio, come si fa a non volergli bene? In questa stagione il suo ruolo è cruciale: è l’espediente per esplicitare l’evoluzione dell’altrimenti silenzioso Reggie, funge da collegamento tra il Luther defunto e gli altri e subisce un importante potenziamento dei suoi poteri, l’immortalità, cosa che l’originale Sir Reginald aveva già intravisto.

Matura, Klaus: rimane ben poco del menefreghista della prima stagione. Adesso lui più di chiunque altro alla famiglia ci tiene, ne è il collante. Fa da paciere e cerca in tutti i modi di riconciliare Umbrella e Sparrow con Sir Reginald, senza rendersi conto di essere manipolato al solo scopo di riuscire a portare gli altri all’Oblivion.

È l’anima forse più innocente di tutte.

Cinque

Dopo il suo ruolo di fulcro della seconda stagione qui diventa meno centrale ma rimane il vero leader degli Umbrella. Con la scomparsa della Commissione scopre di esserne lui il fondatore e sceglie di proseguire il loop temporale a cui è destinato. Condivide con Lila il ruolo di cervello del gruppo, essendo gli unici due davvero esperti di scienza e viaggi nel tempo.

Come Klaus, anche Cinque è sempre meno individualista, ma a differenza di Quattro il suo ruolo è sempre più paterno: se Klaus è il paciere che odia i conflitti, Cinque nei conflitti ci sguazza e dispensa lavate di capo a destra e a manca sposando definitivamente il suo ruolo di vecchio tra una mandria di giovani da guidare verso la salvezza.

Sei

Incontriamo il redivivo Ben tra le fila degli Sparrow (evidentemente Harlan ha ucciso solo le madri di chi ha potuto conoscere di persona). La sua personalità è del tutto diversa: spietato e arrivista, prende le redini degli Sparrow dopo che il Kugelblitz elimina Uno. A causa delle sue richieste morirà Harlan, ma poco a poco capirà perché l’Umbrella è una famiglia più desiderabile: tutti sono imperfetti, ma nella loro imperfezione trovano il modo di volersi bene per davvero, così Ben finisce per invidiare questo legame e ne vuole far parte.

Nelle scene post credit lo vediamo in metropolitana, ma è un Ben molto più simile al Sei della Umbrella che al Due della Sparrow. L’ipotesi più probabile è che il reset dell’universo abbia fatto rinascere anche il defunto Ben originale creando un doppione, che potrebbe essere la fonte di un secondo Kugelblitz e di parecchie invidie nella prossima stagione.

Sette

Il grande evento che tutti aspettavano era il come sarebbe stato gestito a livello narrativo il cambio di genere dell’attore, Elliot Page. Ora lo sappiamo: magnificamente.

La famiglia Hargreeves accoglie la transizione come se fosse una cosa si curiosa ma tutto sommato normale, una scelta in linea con la fu Vanya: una scrollata di spalle e via, benvenuto Viktor.

Non è forse così che dovrebbe essere?

In questa stagione Viktor vede ridimensionarsi il suo ruolo di generatore di apocalissi. Rimane il fratello con il potere di gran lunga più grande, ciò non toglie che venga sconfitto prima dagli Sparrow (che comunque lo riconoscono come l’avversario più temibile) e poi da Allison, in solitaria, con il suo potere buffato dall’interazione con Harlan.

Rispetto alle altre stagioni questa volta Viktor dà un contributo più defilato, da comprimario. Ma a livello narrativo il suo ruolo è tutt’altro che secondario: Viktor è l’Hargreeves più “normale” di tutti, l’unico ad avere le reazioni che lo spettatore medio avrebbe nelle stesse situazioni. E qui sta la sua particolarità, fungere da punto di vista del pubblico all’interno delle dinamiche famigliari ed essere la voce dello spettatore all’interno dello show.

Le new entry

Come detto in precedenza, la Umbrella si allarga. Lila e i rimasugli della Sparrow (Sloane e Ben) entrano nella famiglia.

Sloane in qualità di moglie di Luther (durerà poco, ma quasi di certo la rivedremo), Ben che prende il posto del sé stesso originale e Lila, che diventa l’ottavo membro degli Umbrella.

A meritare un discorso a parte è quest’ultima. Lila è un personaggio in particolare spolvero in questa terza stagione. Passionale, emancipata, forte eppure così fragile. Dopo essere stata la figlia di The Handler non è facile tornare a fidarsi delle persone a cui si vuole bene e lo dimostra mettendo alla prova Diego con l’assurdo test del finto figlio, solo per rivelare poi che un figlio lo aspetta davvero. Superata la prova, i due mettono in scena un rapporto spassosissimo, fatto di ceffoni e baci appassionati. La chimica tra i due è perfetta, scritta e interpretata in maniera fenomenale.

Cosa ci aspetta

Difficile dirlo, la struttura del finale lascia una montagna di domande aperte e infinite possibilità.

Sappiamo che i ragazzi hanno perso i poteri sotto forma di scintille risucchiate dal macchinario resetta-universi, quelle stesse scintille che Reginald aveva liberato nella prima stagione e che ora sappiamo essere il mezzo attraverso cui le loro madri sono state fecondate. Ma cosa sono quelle particelle? Come faranno a recuperare i poteri? Speriamo non si tratti di un semplice MacGuffin (un oggetto o un evento utilizzato in un’opera di finzione come espediente narrativo, irrilevante o insignificante di per sé).

Sappiamo che gli Umbrella morti sono tornati in vita (Luther e, com’è probabile, anche il Ben originale). Ma saranno risorti anche gli Sparrow? Sloane, in particolare, è viva? Ricorda il suo Luther? Se non lo fosse, come reagirà Luther nei confronti di Allison, colei che in accordo con Reginald ha condotto la Umbrella all’Oblivion causando la morte di Sloane (Che sarebbe morta comunque a causa del Kugelblitz, ma almeno insieme a Luther)?.

Sappiamo anche che Reginald è un alieno e il suo obiettivo era di riportare in vita la moglie, cosa che gli riesce. Ma vediamo che, nel mentre, diventa il super boss del nuovo mondo, con i grattacieli illuminati dalle insegne del suo impero. Qual è il suo vero obiettivo? Aveva pianificato tutto fin dall’inizio, compresa l’apocalisse di Vanya e il salto indietro nel tempo?

Dalle inquadrature sembra che ricordi chi sono gli Umbrella, li controlla dall’alto come se li conoscesse. Ha quindi coscienza del sé prima del reset? Come faceva a conoscere l’esistenza del macchinario? Come fa a sapere che è stato costruito dal creatore dell’universo? Chi è il creatore dell’universo?

Allison ottiene tutto ciò che ha sempre desiderato: sua figlia e l’uomo che ama nella stessa linea temporale e coscienti di chi è lei. Non solo, Ray è diventato il padre di Claire sebbene dal punto di vista biologico non c’entrino niente uno con l’altra. Tutto questo a un prezzo carissimo per la sua famiglia. Ora lei ha tutto da perdere, mentre la sua famiglia con ogni probabilità farà di tutto per tornare allo status quo originale. Sarà quindi Allison il prossimo villain?

Non ci resta che attendere la quarta stagione!

Le pagelle

Regia

Il livello è davvero alto per una serie alla terza stagione che è sì seguita, ma neanche troppo. La stagione è piena zeppa di eventi e di cose da raccontare e, sebbene in alcuni momenti il ritmo rallenti, tutto scorre senza intoppi. Dai momenti più intimi delle interazioni di coppia fino alle scalmanate scene d’azione tutto funziona bene, con pure qualche virtuosismo della macchina da presa.

La fotografia è spettacolare, il direttore Craig Wrobleski è una vecchia conoscenza di Blackman avendo collaborato con lui in Fargo e Legion, due serie la cui fotografia è infatti di alto livello.

La scelta di ambientare la quasi totalità della stagione negli interni di Casa Hargreeves e soprattutto dell’Hotel Obsidian da una parte è un modo per contenere i costi ma dall’altra trasmette in maniera magistrale il senso di angoscia e claustrofobia degli Hargreeves che, costretti come topi in una gabbia sempre più piccola, portano a galla tutti i loro conflitti. Due piccioni con una fava.

Ottima.

Voto: 9

Sceneggiatura

La scrittura è il punto forte di questa serie. Lo stile di Blackman lo abbiamo già visto in Fargo e Legion: complesso, frenetico, fantasioso. Legion in particolare ha molto in comune con The Umbrella Academy: se Legion è un supereroe con un’infinità di poteri suddivisi tra le sue varie personalità, la Umbrella Academy è un Legion scomposto, nella quale ogni membro è una differente personalità incarnata in una persona fatta e finita, ma che tutte insieme formano un’entità unica, la famiglia.

Pur non c’entrando niente con Blackman, l’intrico della trama ricorda per molti aspetti anche quella piccola perla incompresa che è stata Dirk Gently.

L’unico motivo per cui non si aggiudica il massimo dei voti è un piccolo difetto nella struttura: nella parte centrale della stagione il ritmo rallenta, mentre il finale risulta un poco frettoloso. Un miglior bilanciamento avrebbe permesso di rendere tutto più omogeneo.

Magnifica.

Voto: 9,5

Colonna sonora (e coreografie)

In The Umbrella Academy la musica è il ballo sono una parte importantissima. Sia i pezzi originali che la scelta delle musiche non originali sono azzeccatissimi, senza alcuna sbavatura. Canzoni famose e musiche sono mixati con sapienza e il risultato non è mai stucchevole, anzi.

Parlando di ballo, la scena della battaglia di Footloose per esempio è deliziosa: non ha nessun senso a livello di narrazione, se non esplicitare il potere di Sei della Sparrow (ma si poteva fare in mille altri modi). Eppure c’è, ed è lunga, complessa e ha richiesto non poca preparazione.

Nonostante la serie si potrebbe tenere in piedi senza problemi anche togliendola, è significativo che l’abbiano girata: serve a costruirne lo stile unico, ed è azzeccata.

Spettacolo.

Voto: 9

Effetti speciali

Questo è il tasto dolente. Non che gli effetti speciali siano brutti, è che sono sotto tono rispetto agli altri aspetti appena visti. È comprensibile che una serie come questa non abbia a disposizione il top del top, ma in molti punti la Cgi mostra il fianco, come per esempio nel caso del Kugelblitz o dei corvi di Fei. Purtroppo, in questa stagione si è un po’ abusato della Cgi.

Si può fare di meglio.

Voto: 7,5

Cast

Nota bene: il cast di questa serie è sterminato e pertanto vengono presi in considerazione solo gli attori che si vedono dal primo all’ultimo episodio.

Elliot Page

Deve interpretare un personaggio sulle sue, timido, impacciato ma che quando si scalda si infiamma di brutto. Per necessità di copione è meno importante delle altre stagioni.

Page fa tutto bene: può sembrare sotto tono, ma è il proprio personaggio che lo prevede.

Bene.

Voto: 8

Tom Hopper

Il physique du rôle ce l’ha, questo è poco ma sicuro. Interpreta bene tanto le parti più sciocche e tontolone quanto quelle in cui deve fare il fratello maggiore. Stupenda la sintonia con Genesis Rodriguez, che interpreta Sloane: nella puntata del matrimonio entrambi sono di una malinconica dolcezza davvero toccante.

Voto: 8

David Castañeda

Finalmente riceve spazio e una scrittura meno cringe. Il suo Due è forse il migliore di tutte le stagioni. Merito sì del copione, ma anche e soprattutto dell’attore. C’è ancora margine di miglioramento.

Bravo.

Voto: 8,5

Emmy Raver-Lampman

In questa stagione tira fuori del vero talento. Non che le sue interpretazioni precedenti fossero insipide, anzi! Ma qui passa dall’amorevole sorella a Satana in persona risultando sempre credibile e veritiera.

Ben fatto!

Voto: 9

Robert Sheehan

È un attore troppo sottovalutato. Già in Misfits aveva mostrato un talento fuori dal normale e recitava con Iwan Rehon (il Ramsay Bolton de Il trono di spade, mica pizza e fichi). Ha la fortuna di avere in mano un personaggio che per lui è perfetto e porta a casa un risultato magistrale.

Fenomenale.

Voto: 9,5

Aidan Gallagher

Questo ragazzo (ha solo diciannove anni) è talento puro. La maniera in cui riesce a interpretare un vecchiaccio nel corpo di un ragazzino è poesia: le movenze, gli sguardi, la mimica facciale, l’intonazione, l’uso del corpo. Tutto è magnifico.

Di rado si vede il massimo dei voti in queste pagelle. Oggi è quel giorno.

Perfetto.

Voto: 10

Justin H. Min

Sarà che la scrittura del personaggio non lo rende simpatico, ma non buca lo schermo. Quando faceva Ben della Umbrella era molto più credibile di questo nonostante il minutaggio ridicolo. La recitazione è asettica, si vede che non è riuscito a far suo il personaggio. Però non è certo disastroso, supera la sufficienza.

Migliorabile.

Voto: 7

Ritu Arya

Come si fa a non amare la sua Lila? Quell’attitudine da pazzerella che un attimo tira un manrovescio e l’attimo dopo scocca un bacio in bocca è sublime. E vogliamo parlare di quel suo mellifluo accento british?

Con Due crea una chimica pazzesca e il merito è soprattutto suo.

Eccezionale.

Voto: 9,5

Genesis Rodriguez

Ha un personaggio un po’ banalotto. Il suo lo fa bene, anche se talvolta risulta un poco stucchevole. Nei momenti di dolcezza dà il meglio di sé, nelle scene di conflitto emotivo deve lavorare ancora.

Bene ma non benissimo.

Voto: 7,5

Colm Feore

Era ora che avesse più screen time! Il suo Reginald cambia paradigma: per tutta questa stagione interpreta la versione più buona di sé stesso e lo fa in maniera magistrale come già fatto per la sua versione senza scrupoli. Che tanto alla fine i ragazzi li frega comunque.

Bravo.

Voto: 8,5

Voto del globale del cast ponderato in base al minutaggio: 9-

Pro

  • Una scrittura superlativa
  • Un cast talentuosissimo
  • Regia e colonna sonora eccellenti

Contro

  • Effetti speciali sotto tono
  • Struttura degli episodi migliorabile
  • Finale frettoloso

Voto complessivo: 9

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Giacomo Stiffan

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