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Resistere per fermare lo zar

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Gianluca Lo Nostro

Un anno di guerra. Ché poi sono nove, in realtà, volendo considerare quella del 24 febbraio 2022 una deflagrazione del conflitto in Donbass e una lunga coda dell’annessione infame e illegale della Crimea. L’anno scorso la comunità internazionale tutta è stata chiamata a fare una scelta di campo, a schierarsi. Ce lo ha ricordato ieri l’altro quell’organizzazione vetusta chiamata Nazioni Unite, vestigia di un passato che regola – o perlomeno dovrebbe regolare – l’ordine globale, malgrado i suoi evidenti limiti. Una risoluzione, la sesta, votata ieri ad ampia maggioranza ha condannato l’invasione dell’Ucraina, chiedendo il ritiro immediato dell’esercito di Mosca dal Paese.

La diplomazia appare impotente davanti alla politica cieca e sorda di un dittatore che vuole sottomettere una nazione, negandole il diritto di esistere e di autodeterminarsi nel mondo per inseguire il suo sogno imperiale. Per tale ragione gli Stati hanno dovuto prendere una posizione e rinunciare a qualsivoglia ambiguità nei rapporti col Cremlino. Le azioni della Federazione russa in Ucraina hanno annullato ottant’anni di produzione del diritto internazionale, svaniti in un battito di ciglia di fronte ai bombardamenti indiscriminati delle città ucraine e allo sterminio di civili di Bucha.

Operazione antiterroristica nell’Ucraina orientale. Foto: Wikimedia Commons.

L’ostinata aggressione russa riporta gli osservatori a un’epoca in cui l’unico diritto riconosciuto dagli Stati era, oltre a quello interno, quello bellico. Oggi un attore statale (la Russia) sta violando delle leggi che si era impegnato di accettare, ratificandole. A prescindere dai sacrosanti giudizi morali su questa oscena guerra di conquista e sull’afflato imperialista del dittatore Vladimir Putin, la comunità internazionale si trova di fronte a un bivio: stabilire se il regime del Cremlino, responsabile di un lungo elenco di crimini atroci e gravissimi, meriti ancora di essere considerato un interlocutore alla pari.

Leggi anche: Un anno di guerra in Ucraina: ora che ne pensano i russi.

Non sono stati i nostri governi ad aver escluso la Russia dal sistema internazionale: è la Russia che ha smesso di seguire il diritto. L’isolamento di Mosca è stato auto-indotto. Chi credeva di poter controllare Putin facendo ingenuamente leva sulla sua razionalità è stato smentito dai fatti. Attenzione però a non pensare l’inverso, e cioè che un elemento così apparentemente imprevedibile possa, come extrema ratio, tenere in ostaggio il pianeta forte del suo corposo arsenale nucleare. Lo sventolio dell’atomica è un’arma più efficace dell’atomica stessa e credere davvero che uno Stato possa usarle, specialmente se come nel caso di Russia e Stati Uniti sia previsto il loro impiego anche a uso preventivo, rappresenta il vero punto di forza della deterrenza.

Il terrorismo psicologico che viene rilanciato sulle armi nucleari dà spessore e valore alle minacce in realtà vacue della Russia. Ecco perché non si deve in alcun modo perdere di vista l’oggetto in esame: il comportamento criminale delle Russia. Punirla potrebbe non essere la soluzione e, come ha dimostrato il trattamento ricevuto dalla Germania nella Prima guerra mondiale, rischierebbe di rimandare il problema nel tempo. Sconfiggerla (ma non umiliarla, perché è già stato fatto senza colpo ferire), sì. L’augurio per il 2023 è che i risultati e i risvolti dal fronte portino a una presa di coscienza di entrambi le parti nel conflitto. Con la speranza, da un lato, che il sole torni a sorgere in un’Ucraina indipendente; dall’altro, che in Russia possa cominciare una nuova, seppur improbabile, primavera di libertà e diritti che i cittadini russi non hanno mai conosciuto a pieno nel corso della loro storia.

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Gianluca Lo Nostro

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