Sull’alto appennino modenese, a circa milletrecento metri, si trova Barigazzo, una piccola frazione del comune di Lama Mocogno. Qui abitano una settantina di persone. Situato esattamente al confine con il comune di Riolunato, Barigazzo viene citato spesso per essere il paese più alto attraversato dalla via Giardini, e, senza dubbio, per essere una vera e propria “terrazza” sull’Appennino. Da qui, infatti, è possibile vedere una buona parte del crinale.
Epicentro delle attività e della vita del paese è il Gruppo Folkloristico di Barigazzo, che riunisce tutti i ragazzi del paese e da molti dei dintorni, accompagnati dai più grandi. Il gruppo svolge attività di ricerca e studio e si avvale della collaborazione con la Grande Orchestra dell’Appennino che riunisce gruppi musicali popolari, in particolare la famiglia autoctona dei Tazzioli, presentando balli, musiche e tradizioni dell’alta montagna modenese.
Il gruppo organizza direttamente due manifestazioni. In luglio la Festa delle Giunchiglie e in febbraio E caranval d’na volta, ovvero il carnevale di una volta. Riproposto come da tradizione nel periodo di carnevale, l’evento mette in scena la festa esattamente com’era vissuta nella montagna modenese fino al primo dopoguerra. Meno conosciuto di quello cittadino, ma non per questo meno caratteristico e divertente, il carnevale in montagna (e in particolare quello di Barigazzo) fa rivivere le tradizioni a tutti i partecipanti che, soprattutto in questo caso, diventano parte attiva della festa.
Appena terminate le manifestazioni estive, in paese gli abitanti iniziano a preparare il carnevale provando nella sede del Gruppo Folkloristico i balli, le musiche e le scenette dialettali. Intanto nelle botteghe degli artigiani, si iniziano a sistemare i costumi, le torce e gli strumenti che verranno poi esibiti nel pomeriggio di festa.
A Barigazzo, qualche sera a settimana, è possibile vedere le luci accese fino a tarda notte in qualche bottega e in qualche garage e scorgere chi si dirige a piedi ad aiutare, piuttosto che a fare due chiacchere in compagnia, senza disdegnare un bicchiere di vino Tosco.
Il giorno precedente al carnevale di una volta, il paese è in gran fermento. Vengono già piazzate le torce, ricavate da tronchi di pino forati al centro e poi accesi la domenica pomeriggio, si iniziano ad intravedere i ragazzi del paese con i tabarri, scarponi e cappelli dei propri nonni e le ragazze con gonne lunghe, capelli finemente raccolti e scialli antichi ricamati a mano. Le stesse, nelle sere precedenti, portano a tutte le famiglie un piccolo dono per ringraziare dell’aiuto prestato.
Il carnevale incomincia nel primo pomeriggio, dall’ultima casa del paese, la Pardera, con i primi balli, la presentazione del carnevale e la prima breve scenetta dialettale. Proprio di fronte alla casa della sarta che continua a produrre a mano i costumi del gruppo. Dopo qualche assaggio al rinfresco, ci si dirige verso le altre fermate, toccando i borghi principali: Barigazzo Vecchio, la Pezza, il Campo dell’Orto, San Giorgio, la Centrale, per poi finire nel centro del paese dove, per tradizione, si coinvolgono tutti i partecipanti. Qui gli uomini del gruppo invitano le signore a ballare, esattamente come accadeva una volta.
In ogni borgata gli abitanti offrono a tutti i partecipanti dolci, frappe, paste fritte, vin brulé e altre bevande calde. Arrivati in paese, nel salone parrocchiale vengono preparate le tipiche crescentine e incomincia la vera festa, che va avanti fino a tarda notte.
Essendo la rievocazione di un carnevale antico, tutti possono indossare costumi tipici, che non sono altro che gli abiti utilizzati dai nonni fino al primo dopoguerra.
Gli uomini, rigorosamente con il cappello, portano scarponi grossi e calzettoni di lana, pantaloni a coste scuri, camicia bianca e maglioni di lana. Poi, una bella giacca a coste, il fazzoletto al collo e il tabarro, il tipico mantello utilizzato in montagna per ripararsi dl freddo e dalle intemperie. Le donne invece, indossano gonne lunghe, dette sottanoni, maglioni finemente ricamati e scialli di lana lavorati dalle nonne.
Il vero spettacolo sono i bambini, che riportano alla memoria dei più anziani ricordi di infanzia e che si esibiscono, assieme ai ragazzi più grandi, in balletti storici meravigliosi.
Fino alla cottura dell’ultima crescentina e fino al termine dei pentoloni di vin brulé, si balla e si sta insieme esattamente come un tempo, quando, l’importante era il condividere il poco che si aveva durante i rari giorni di festa, senza preoccupazioni.
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