Reso noto un nuovo studio sul caffè espresso dove c’entra il morbo di Alzehimer. I risultati sono inaspettati: ecco che cosa hanno scoperto
La ricerca medica internazionale in questi anni ha fatto passi da gigante. L’ultima novità arriva direttamente dall’Italia, dove uno studio ha dimostrato che i composti chimici presenti nel comune espresso ostacolano la formazione di grumi di fibrille di proteina tau.
Sappiamo molto bene, purtroppo, come il morbo di Alzheimer sia una malattia al momento incurabile. La ricerca negli anni ha continuato a fare passi da gigante, riuscendo a dare speranza a milioni di persone in tutto il mondo. Per il momento, però, attraverso i farmaci la malattia si può solo rallentare, garantendo comunque un’aspettativa di vita superiore a quanto accadeva negli anno precedenti.
Alcune importanti novità, però, arrivano da alcuni ricercatori italiani i quali hanno determinato che il caffè espresso è in grado di impedire il formarsi di grovigli di proteina tau. In poche parole, questi grumi sono associati alla neurodegenerazione e all’Alzehimer. Ma di cosa si tratta? Vediamolo nel dettaglio.
La ricerca è stata realizzata dal Dipartimento di Biotecnologia dell’Università di Verona, i cui ricercatori sono stati coordinati dalla professoressa Mariapina D’Onofrio, gettando le basi per un’indagine su una possibile correlazione tra caffè e Alzheimer.
I ricercatori hanno testato non solo la caffeina, ma anche altri composti molecolari come l’isoflavonico genisteina, la teobromina e l’alcaloide trigonellina. Si sono accorti che la caffeina e la genisteina hanno una capacità molto forte di interferire con la formazione di aggregati della proteina appiccicosa.
Gli scienziati italiani dunque hanno esaminato l’efficacia della caffeina in alcuni test di laboratorio. Tuttavia, nonostante gli esiti di questa ricerca, è ancora presto per dire con certezza che il consumo di caffè è in grado di combattere l’apparizione di malattie neurodegenerative come per l’appunto l’Alzheimer.
Nonostante ciò, il lato positivo dello studio portato avanti dai ricercatori italiani sta nel fatto che grazie ad esso nei prossimi anni potrebbero nascere nuove terapie e nuovi farmaci in grado di contrastare se non addirittura fermare l’avanzata della malattia. L’obiettivo è quello di proseguire con le ricerche per approfondire gli studi che sono stati fatti fino ad oggi, sperando di trovare quanto prima delle riposte certe e quindi in grado di dare un contributo fondamentale alla lotta contro l’Alzheimer.
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