Da un lato gli incrementi legati alla rivalutazione Istat, dall’altro un possibile taglio per una categoria di lavoratori. Cosa accadrà alle pensioni nel 2024.
Si è molto discusso di pensioni nella seconda metà del 2023 in vista di quelle che saranno le misure previste per il 2024 sul fronte degli aumenti, dei trattamenti anticipati e del ricalcolo delle somme mensili erogate. Non è stata messa a punto dal governo una vera e propria riforma delle pensioni ma vi sono una serie di novità che andranno a beneficio di moltissimi pensionati. A cominciare dall’applicazione degli indici di rivalutazione a dicembre (con conguaglio) e ancora a gennaio e alla revisione delle aliquote Irpef.
Novità che porteranno benefici, in termini di incrementi degli importi, per buona parte dei trattamenti pensionistici ed in particolare per quelli medio-bassi. Ma vi sono anche brutte notizie, ovvero la possibilità di tagli alle pensioni per un ampio numero di dipendenti, tanto che alcuni di loro potrebbero arrivare anche a perdere fino a 7000 euro.
Il taglio alle pensioni potrebbe interessare circa 700mila dipendenti statali in seguito a quanto previsto nella Legge di Bilancio 2024: una decisione che potrebbe portare ad un risparmio di quasi 8 miliardi di euro ma che non è chiaramente vista di buon occhio dai dipendenti pubblici.
Oltre alle gestioni previdenziali dei lavoratori locali, anche insegnanti, ufficiali giudiziari e personale sanitario sono interessati dalla misura che prevede, in sostanza, una revisione a partire dal 2024 del sistema di rivalutazione delle pensioni. Il meccanismo introdotto per consentire allo stato di risparmiare, va ad ammortizzare i 7,3 miliardi stanziati dall’esecutivo per i rinnovo dei contratti del pubblico impiego.
Andando ad impattare mediamente su uno statale ogni cinque. I sindacati sono contrari spiegando che la norma costituisce un enorme problema per gli assegni previdenziali e chiedono al Parlamento di intervenire prima che il testo bozza venga reso definitivo ed approvato per risolvere questa situazione che andrebbe ad intaccare e modificare in negativo centinaia di migliaia di assegni previdenziali.
Il meccanismo di rivalutazione va a tener conto dell’incremento dei prezzi al consumo andando a sfavorire le pensioni superiori a 2.254,96 euro. Si prevede inoltre una modifica dell’aliquota di rendimento applicata alla formula per il calcolo delle pensioni: questo nel caso si abbiano meno di 15 anni di anzianità contributiva nel sistema retributivo ed il dipendente pubblico sia iscritto ad una specifica cassa pubblica. Andando anche ad incrementare i costi dei riscatti universitari.
Secondo i calcoli di Confsal-Unsa al netto dei nuovi calcoli i dipendenti con meno di 15 anni di anzianità contributiva nel sistema retributivo e che hanno iniziato sa lavorare prima del 1996 potrebbero subire un taglio alle pensioni fino a circa 7000 euro.
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