Il gruppo Facebook della vergogna: ora 32mila (!) persone rischiano grosso

In un angolo oscuro del web, migliaia di uomini si ritrovano in un luogo digitale per scambiarsi foto delle proprie mogli.

Tra applausi virtuali e commenti sessisti, questo spazio sembra un ritrovo di complicità maschile, dove il rispetto e la dignità vengono lasciati fuori dalla porta.

Donna sensuale osservata dagli uomini
Il gruppo Facebook della vergogna: ora 32mila (!) persone rischiano grosso Thewisemagazine.it

Ma ciò che potrebbe sembrare una leggenda urbana è, in realtà, una cruda realtà: un gruppo Facebook chiamato “Mia moglie”, con oltre 32mila iscritti, attivo dal 2019 e smantellato solo dopo migliaia di denunce.

“Mia moglie” il gruppo maschilista che trasforma  i corpi femminili in merce di scambio

Il gruppo “Mia moglie” era un luogo dove venivano postate foto quotidiane o intime delle consorti, spesso senza il loro consenso. I commenti lasciati sotto queste immagini variavano dal volgare all’esplicitamente violento, creando un ambiente tossico e pericoloso. Importante sottolineare che le foto condivise non erano necessariamente pornografiche, ma venivano “sessualizzate” dal contesto in cui venivano poste. La denuncia pubblica di questo fenomeno è stata portata avanti con coraggio da Carolina Capria, attivista e autrice del blog “L’ha scritto una femmina”, che ha definito le azioni del gruppo come un vero e proprio “stupro virtuale”.

Le reazioni non si sono fatte attendere, con collettivi femministi come No Justice No Peace che hanno evidenziato come questo caso sia un esempio lampante di pornografia non consensuale e di misoginia sistemica. Oltre 1.000 donne ritratte nelle foto hanno presentato denunce alla Polizia Postale, chiedendo giustizia. La risposta delle istituzioni e di Meta, la società madre di Facebook, è stata tempestiva. La Polizia Postale ha raccolto le denunce e avviato un’indagine, mentre Meta ha chiuso il gruppo, citando la violazione delle policy contro lo sfruttamento sessuale. Meta ha inoltre dichiarato di essere disponibile a condividere i dati con le autorità per facilitare le indagini.

Donna sensuale osservata da un uomo
“Mia Moglie”Il gruppo Facebook della vergogna: ora 32mila (!) persone rischiano grosso

Tuttavia, il problema della moderazione digitale rimane aperto. L’algoritmo di Facebook non ha rilevato il gruppo per molto tempo, in quanto le foto condivise non contenevano nudità esplicita. Questo solleva il problema del consenso invisibile: non esiste, infatti, un’intelligenza artificiale capace di verificare se le immagini siano state condivise con il consenso delle persone ritratte. La moderazione automatica fallisce spesso nel riconoscere i contenuti misogini mascherati da “banalità”.

Il fenomeno, purtroppo, non si ferma alla chiusura del gruppo. Sono state segnalate attività parallele su piattaforme come Telegram e WhatsApp, dove le stesse dinamiche potrebbero continuare indisturbate, lontano dagli occhi delle autorità e delle politiche di moderazione delle grandi piattaforme social. Questo caso non è un semplice “incidente social”, ma l‘ennesima dimostrazione di come la cultura maschilista trasformi i corpi femminili in merce da scambio. L’uso della definizione “pornografia non consensuale” sottolinea che non è necessaria la nudità per ledere la dignità di una persona.

Questo episodio si inserisce nel più ampio tema della normalizzazione della violenza simbolica online, un fenomeno che richiede una riflessione profonda e un’azione concreta. Se oggi 32mila uomini condividono pubblicamente foto delle proprie mogli senza vergogna, quante altre forme di “stupro digitale” stanno passando sotto traccia? La lotta non è solo contro una piattaforma, ma contro la mentalità che ha reso possibile tutto ciò. La nostra indignazione deve trasformarsi in azione, per garantire che il rispetto e la dignità siano valori non negoziabili, online e offline.

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