Pensavi fosse gratis? La verità su Phica lascia senza parole: arriva la beffa per gli utenti, scopri quanto costerà davvero
Il caso Phica.net era già un vortice di scandalo che aveva calamitato l’attenzione nazionale, ma la beffa finale ha superato ogni immaginazione: gli utenti, in preda al panico, si sono ritrovati a dover pagare per cancellare le proprie tracce digitali.

Non solo il sito aveva diffuso immagini senza consenso, ma ora chiedeva soldi a chi desiderava semplicemente sparire. Un paradosso che ha il sapore amaro di una violenza digitale portata all’estremo. Attivo dal 2005, Phica.net si era guadagnato una fama nefasta come forum di condivisione di immagini rubate e ritoccate, spesso di donne note al grande pubblico come Meloni, Schlein, Ferragni, e molte altre.
Con centinaia di migliaia di utenti e un giro d’affari che superava il milione di euro, il sito aveva prosperato in una zona grigia, alimentando una cultura di sessismo e violenza digitale, complici i vuoti legislativi che per troppo tempo hanno lasciato indietro la realtà tecnologica. La fine di Phica.net è arrivata il 28 agosto 2025, quando, a seguito di denunce pubbliche, il sito è stato chiuso.
La Polizia Postale ha aperto indagini per diffamazione, istigazione alla violenza e diffusione non consensuale di immagini, mettendo nel mirino la società bulgara Hydra Group e il titolare italiano. Un primo passo verso la giustizia, ma la storia era tutt’altro che conclusa.
Phica: la beffa per gli utenti del sito dello scandalo
Nel cuore di questo vortice si trovano gli utenti di Phica.net, molti dei quali, nel panico, hanno cercato di cancellare ogni traccia della loro presenza sul sito.

La risposta dei gestori? Una richiesta di circa 145 euro per eliminare post, nickname e cronologia. E per aggiungere beffa al danno, questa “tassa sul senso di colpa” aveva anche una scadenza, dopo la quale il prezzo sarebbe aumentato. Un paradosso amaro: coloro che erano stati complici, seppur passivi, di questa violenza digitale, ora costretti a pagare per tentare di liberarsi dalle proprie azioni. Il caso Phica ha messo in luce i limiti dell’attuale normativa, incapace di coprire adeguatamente fenomeni come il revenge porn o il deepfake porn. Esperti del settore, come Silvia Semenzin, hanno sottolineato la necessità di parlare di “stupro digitale” e di introdurre nuove leggi per una reale tutela delle vittime.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere, con l’annuncio di nuove misure da parte del governo. Ma la strada è ancora lunga. Il vero scandalo non è solo un sito chiuso, ma una società che ancora permette a questi meccanismi di esistere. La beffa di Phica non è solo una ferita per le vittime, ma un simbolo di come anche i carnefici possano ritrovarsi intrappolati in un sistema che li punisce. Un monito per riflettere sulla violenza digitale e sull’assurdità di certi meccanismi, nella speranza di costruire un futuro digitale più sicuro e rispettoso per tutti.