(Young) people have the power: la parola ai giovani

«Bisogna correggere un’opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre i migliori. Se ne vanno centomila, ce ne sono sessanta milioni qui: sarebbe a dire che i centomila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli che sono rimasti qui sono tutti dei ”pistola”. Permettetemi di contestare questa tesi. Conosco gente che è andata via e che è bene che stia dove è andata, perché sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più fra i piedi». Così parlò, pochi giorni fa, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Parole poco felici, certo, seguite quasi immediatamente da rettifiche e scuse, ma tant’è. Il polverone era stato già bello che sollevato. Non è la prima volta che la politica italiana si scaglia “contro” una generazione accusata da più parti di non voler fare nulla per migliorare il proprio presente e il proprio futuro. A partire da Tommaso Padoa Schioppa che nel lontano 2007 apostrofò i giovani come “bamboccioni”, continuando con Elsa Fornero che si lanciò in un elegante “choosy”, le dichiarazioni di Poletti non sono che l’ultima di una serie di stoccate inflitte a un’intera categoria (quella dei ragazzi dai diciotto ai trent’anni, grosso modo) che però poi, misteriosamente, torna utile in tempo di elezioni.

Certo, non si può dire che i grandi vecchi della politica abbiano torto tout court. I giovani italiani sono spesso accusati con una ragionevole percentuale di ragione di essere eccessivamente dipendenti dalle famiglie, di passare troppo tempo tra videogiochi, TV e social network, di essere impregnati di valori effimeri quando non realmente dannosi e negativi. Di essere, insomma, il perfetto prodotto dei patinati anni ’80 e dei brucianti anni ’90, quando i loro genitori prima di loro hanno apprezzato la semplicità di avere tutto e subito, di vivere in un Paese florido, prospero e pacifico. C’è un grande “ma” da posporre a tutta questa riflessione, ed è uno di quei “ma” che salvano la baracca dall’inevitabile tragedia, ed è che un’alternativa a questo lassismo imperante esiste. Ben nascosto tra le pieghe di una società edonista e senza apparenti punti di riferimento, c’è tutto un sommerso di ragazzi che vogliono disperatamente credere in qualcosa. Che cercano qualcuno che possa guidarli verso un futuro meno gramo, che hanno sete di carisma e autostima, che vogliono mettere le loro (tante) conoscenze a disposizione, che hanno un’idea ben precisa di come va la vita e soprattutto di come vorrebbero che andasse. Una vera e propria élite culturale che vive nell’ombra, che parla (poco) solo se interrogata, che s’indigna spesso in silenzio e che soprattutto, si sente disperatamente sola. Per ogni dieci giovani che passano la notte a sbocciare in discoteca, ce n’è uno che invece s’interroga sul perché delle cose, che cerca di capire come portare il proprio contributo per migliorare realmente la vita di tutti e che finisce, inesorabilmente, a chiudersi in sé stesso, quasi oppresso dalla propria intelligenza che si traduce in un’apparente “diversità”. Questi ragazzi non hanno voce. Passano il loro tempo su internet ma non per rincorrere l’ultimo modello di iPhone, bensì per cercare disperatamente un confronto tra simili che spesso non trovano, nel mare magnum dell’effimero che li circonda. Poi, un faro nel buio, una community nata quasi per scherzo che diventa una specie di porto sicuro, un luogo virtuale dove esprimersi e far esprimere, dove creare opinioni e diffonderle, dove far valere la propria individualità. Dove credere in qualcosa non è più una vergogna, ma un orgoglio da difendere. Un luogo dove riunire il meglio.

Giovani

Questo è il background di theWise. Il numero che avete tra le mani e state leggendo nasce da un intenso brainstorming di giovanissimi neuroni, alcuni dei quali “in fuga” all’estero come il più classico dei cliché, molti altri invece rimasti qui, in questa Italia dei paradossi, a chiedersi perché sia così difficile adesso raggiungere degli obiettivi che parrebbero quasi scontati in altri paesi meno incasinati del nostro. Abbiamo voluto che questi ragazzi finalmente avessero una voce e potessero far sapere a tutti che ci sono, vogliono contare qualcosa e sono pronti a fare la loro parte. theWise vuole informarvi senza pregiudizi né preconcetti, portando un po’ di verità in questo mondo dell’informazione funestato da clientelismi, bufale e clickbaiting becero. Andremo dritti al punto raccontando i fatti prima delle opinioni, offrendo un punto di vista “inedito”, quello di chi scrive conoscendo le cose di cui parla. Dovrebbe essere scontato e semplice, ma sembra che non lo sia più da quando autonominati guru della verità assoluta hanno permeato tutti i media disponibili per dirci cosa dobbiamo pensare, come dobbiamo parlare, chi dobbiamo amare e odiare, chi dobbiamo votare. In questo gregge di pecore indottrinate, theWise è il pastore diverso, che sceglie i capi più pregiati e cerca di portarli in direzione contraria, per dimostrare che spesso la strada meno battuta è quella che porterà all’arrivo con più cognizione di causa, quali che siano i passi necessari per coprire il percorso. theWise siamo noi e siete voi, che avete creduto in questo progetto quando era ancora nelle nostre menti, che lo avete acquistato a scatola chiusa e che non avete smesso neanche un attimo di incoraggiarci e di farci capire quanto questa folle avventura fosse necessaria.

Il primo numero di un nuovo prodotto editoriale in genere è un distillato di ottimismo e buone intenzioni, ma nella nostra migliore tradizione affideremo tutto ai nostri argomenti, senza inutili giri di parole. Pronti a scattare al via, sperando di vedere il traguardo più tardi possibile. theWise siamo noi e siete voi. Benvenuti a bordo.

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