Quantum Computing: il paradigma di calcolo del futuro – Prima Parte

Dall’informatica digitale al quantum computing

Fin dagli albori dell’informatica moderna, il funzionamento dei calcolatori si è sempre basato sul sistema di numerazione binaria; questo perché, essendo i calcolatori null’altro che dei dispositivi elettronici che trattano, all’interno dei propri circuiti integrati (siano essi processori, memorie o canali di comunicazione), dei segnali elettromagnetici, è più facile rappresentare uno 0 o un 1 attraverso il passaggio o meno di un segnale attraverso un circuito.

Dagli anni ’40 ad oggi, l’evoluzione dei computer si è mossa verso una costante miniaturizzazione dei loro componenti, il che ha comportato il raggiungimento di sempre maggiori potenze di calcolo a fronte di dimensioni sempre più ridotte degli apparecchi. Dagli armadi a valvole termoioniche come l’ENIAC si è passati ai dispositivi a transistor, poi ai circuiti integrati, fino ad arrivare agli odierni microprocessori, costruiti su scale dell’ordine del milionesimo di millimetro: le CPU attuali integrano centinaia di milioni di transistor in pochi centimetri quadrati di silicio.

Il progresso dei circuiti integrati, fino all’anno passato, era regolato da un enunciato empirico, la cosiddetta legge di Moore, cui tutti i costruttori di processori – Intel e AMD in testa – si sono adeguate: tale legge affermava che la complessità di un circuito integrato, misurata nel numero dei transistor in esso contenuti, raddoppiava ogni diciotto mesi. Tale enunciato mostra oggi tutti i suoi limiti: i processori dell’attuale generazione sono costruiti con tecnologie che permettono di avere distanze tra i vari gates dei transistor nell’ordine delle poche decine di nanometri, ovvero milionesimi di millimetro.

Sarebbe possibile stampare circuiti con distanze anche inferiori, nell’ordine dei 3-5 nm, ma si incorrerebbe in due limiti fisici: il primo è quello termico (a distanze minori corrispondono maggiori velocità di percorrenza da parte delle correnti elettriche: ciò comporta un aumento delle temperature, che arriverebbero a valori tali da non poter essere raffreddate), il secondo limite è spaziale (a distanze così ravvicinate gli elettroni non risponderebbero più solo alle leggi della fisica classica, ma anche a quelle della meccanica quantistica: ciò porterebbe a una sostanziale imprevedibilità del comportamento dei circuiti integrati, che diventerebbero inservibili per la computazione).

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 18-27.

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