Cyberguerra: Stuxnet, il miglior amico delle centrali nucleari

Nel corso degli anni ‘50 venne lanciato il piano iraniano per la ricerca e lo sviluppo di reattori nucleari, in seno al programma americano “Atoms for Peace”, che mirava ad un utilizzo pacifico dell’uranio come fonte di energia. Il primo reattore iraniano garantiva una potenza di 5MW e fu costruito con l’aiuto degli Stati Uniti. Diventò operativo nel 1967, data che coincide con l’istituzione del Centro per la ricerca nucleare di Teheran. In quanto parte del programma americano “Atoms for Peace”, l’Iran dovette firmare il trattato sulla non proliferazione nucleare nel 1968. Tutti i processi di arricchimento e le scorte di uranio erano dunque sottoposte alla sorveglianza dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, chiamata anche IAEA.

Stuxnet
Ahmadinejad in visita agli impianti di arricchimento a Natanz.

Dopo la rivoluzione iraniana crebbe la preoccupazione mondiale, ma soprattutto americana, in quanto si credeva che l’Iran stesse producendo grandi quantità di uranio arricchito per la costruzione di armi nucleari. Prima con la presidenza Bush, poi durante quella Obama, l’Iran contravvenne più volte alle decisioni dell’IAEA, continuando a produrre grandi quantità di materiale fissile. Si arriva così al 2007, anno in cui si suppone sia stata diffusa la prima versione di Stuxnet (che si può chiamare Stuxnet 0.5), la prima vera e propria arma della cyberguerra, che può essere considerata il punto di svolta nella storia della sicurezza informatica e degli attacchi militari informatici.

La potenza del malware Stuxnet è senza precedenti, ed è in grado di creare danni ingenti alle apparecchiature infette, grazie a un codice ben curato e molto specifico.

Benvenuti nel futuro delle guerre.

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 18-20.

Impostazioni privacy