Essere donna l’8 marzo: perché lo sciopero è un passo indietro

Vivere il prodigio del tuo ciclo mensile ostentandolo in piazza

L’8 marzo è una giornata considerata da tutti come la festa delle donne. In sostanza è una festa in cui uomini acquistano e regalano, in quanto nati col pene, un mazzetto di mimosa ad una donna, in quanto nata senza pene. Ma d’ora in poi non sarà più come prima, perché l’8 marzo di quest’anno le donne sciopereranno. Saranno forse stanche di farsi regalare fiori dal dubbio gusto da praticamente chiunque? Saranno forse stanche della terribile puzza che fanno o del mercato illecito di mimose venduti dagli stessi ambulanti che fino a ieri vendevano ombrelli e selfie-stick?

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La manifestazione dell’8 marzo 1917 che ha ispirato la festa delle donne. Credit: bergamopost.it

No, secondo il sito ufficiale della manifestazione, intitolata “Non una di meno”, lo sciopero ha come scopo quello di valorizzare la figura della donna. In un mondo, e un Paese, in cui la donna subisce discriminazioni continue sul posto di lavoro – con un minor salario medio e un licenziamento quasi certo nel caso in cui volesse avere figli, viene brutalmente uccisa dagli uomini – qualcuno ha detto femminicidio? – e viene usata come serva nel luogo domestico, è giusto, se non addirittura lecito, pretendere che le donne dimostrino a tutti la loro importanza e il loro peso sociale fermandosi per un giorno. Perché: “Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo!”.

Ragioni più che condivisibili se si vive in un Paese tipicamente machista come l’Italia. Inoltre, lo sciopero nasce sulla scia di altri avvenuti nel resto del mondo, come Polonia, Germania, Turchia, Brasile e Argentina. Nulla da prendere sottogamba, insomma. Ma quali dovrebbero essere le motivazioni che spingerebbero le donne a rinunciare al lavoro e aggregarsi in piazza?

L’articolo completo è disponibile sul nostro magazine alle pagine 17-20.

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