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ALDE e Tosi: un’alleanza che “s’ha da Fare!”

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Francesco Stati

Verhofstadt e famiglia trovano finalmente casa anche in Italia: dopo l’abboccamento (non andato a buon fine) con il Movimento 5 Stelle nei primi mesi del 2017, ALDE ha posto le basi questo giovedì per una storica alleanza con Fare!, il movimento politico che fa capo al sindaco di Verona Flavio Tosi. Come leggere questa mossa in chiave politica?

Guy Verhofstadt. Photo credits: wakeupnews.eu

Dal punto di vista del partito tosiano, una mossa così audace (e necessaria, a detta di chi scrive) sposta nettamente gli equilibri in chiave europea delle forze politiche dell’area di centro destra, che dalle vicende giudiziarie di Berlusconi in poi ha faticato a trovare un elemento di coesione e una figura di leadership tale da traghettarla verso istanze analoghe a quelle delle formazioni conservatrici di tutta Europa. Attualmente, con la sostanziale sparizione di figure di destra moderata come Fini e Parisi e lo scarso peso politico nazionale dell’ex delfino berlusconiano Alfano, il centro destra sta virando verso posizione sempre più estremiste a causa dell’operato di figure come Giorgia Meloni e Matteo Salvini. L’alleanza dei due, ormai cementata da sempre più frequenti apparizioni congiunte e dichiarazioni affini, sta trasformando le destre italiane in partiti svuotati dal loro animo conservatore e di “vocazione al governare”, lasciando spazio alla demagogia più becera e al populismo più spinto che tanto sembrano essere care a Grillo e ai suoi adepti.

Un’alleanza di così grande portata avrà indubbiamente notevoli ripercussioni sul piccolo partito di Tosi: nonostante i punti del programma di Fare! siano effettivamente molto diffusi nelle formazioni omologhe in tutto il mondo, per l’Italia sono sostanzialmente una novità, e questo sodalizio con gli Euroliberali potrebbe fungere da megafono per la formazione gialla con sede a Verona: l’effetto aggregatore potrebbe far confluire nel bacino dei suoi votanti non solo i liberali stessi, ma anche tutti quegli apolidi dell’elettorato che attualmente sono “con il cuore a destra e il voto a sinistra” proprio a causa del vuoto pneumatico rintracciabile nel nostro Paese in quell’area politica.

Appuntamento il prossimo 6 maggio a Milano.

Ma qual è la condizione in cui oggi versa il defunto Partito Liberale Italiano (la cui dissoluzione è datata 1994)? Chi sono oggi i liberali? Ma, soprattutto, che ne è stato della ideologia della formazione politica che ha avuto nel secondo dopoguerra Einaudi e Croce come massimi esponenti, ed è anche stata parte del leggendario Pentapartito negli anni 80? È possibile rispondere prendendo in prestito le parole di un articolo di Simone Santucci comparso il 27 febbraio su L’Opinione: «La cultura liberale, “saccheggiata” negli ultimi vent’anni dalla destra come dalla sinistra, pare fatalmente essere stata svuotata nei numeri anche all’interno dei singoli contenitori. Piccoli raggruppamenti liberali si moltiplicano ma è difficile, anche per chi milita al loro interno, comprendere le rispettive differenze: differenze talmente impercettibili che rendono chiaro come la parcellizzazione della militanza liberale sia una sconfitta per tutti. Per chi è fuori e per chi è dentro. Anche tra di noi, confessiamolo, regna spesso l’egoismo, la cultura dell’uomo solo al comando e la vanità di poter apporre il bollino dell’autentico liberalismo a questo o a quell’altro movimento. Ognuno di questi gruppi e cespugli si ritiene depositario della cultura di Croce, di Einaudi, di Malagodi. Ognuno, interpretando anche capziosamente il proprio pensiero, si erge ad unica alternativa credibile, scomunicando chi osa criticare i propri assunti. Assistiamo ogni giorno, sempre di più, a cultura liberale fideistica, avulsa dal contesto pratico, che ripete come in un mantra valori e idee che spesso risultano incomprensibili. Come incomprensibili sono le presunte differenze, gettate in campo solo per giustificare le divisioni».

Einaudi e Croce.

«Federalista sempre, secessionista mai» ha dichiarato Flavio Tosi in più di una occasione, raccontando la sua posizione prima in Liga Veneta, poi nella fondazione Ricostruiamo il Paese e infine in Fare!, il movimento politico che raccoglie la sintesi del suo percorso politico. Con una linea improntata a un europeismo efficiente, e riconoscendo l’indissolubilità e la necessarietà dell’Unione Europea pur con la necessità impellente di riformarla, il sindaco di Verona stringe quindi un’alleanza a doppio filo con i liberali italiani, al fine di poter rappresentare tutti coloro che non si riconoscono nelle attuali forze politiche in campo in maniera adeguata, pragmatica e rispettosa.

L’alleanza fra queste due formazioni non è di certo casuale, come poteva invece essere quella con i pentastellati (stoppata con colpevole ritardo da Verhofstadt stesso prima di concretizzarsi): sono molti i punti di contatto nei programmi delle due formazioni politiche, in primo luogo per ciò che concerne l’economia (finanziamenti alle piccole e medie imprese, revisione del bilancio europeo, cambio delle regole comunitarie sui sussidi agricoli e industriali), l’immigrazione e il diritto di asilo (revisione del sistema Dublino 3, maggiori garanzie per i richiedenti asilo) e la logistica (unica sede per il parlamento europeo e riduzione degli “sprechi” dei molteplici uffici dell’Europa unita). Appare dunque più logico l’apparentamento fra i liberali europei e i tosiani, al netto non solo della contiguità dell’area di riferimento politico, ma anche delle idee di una Europa più efficiente, inclusiva e attenta ai bisogni dei cittadini. Va sottolineato il fatto che Tosi stesso, con un seggio da parlamentare europeo vinto con ben centomila preferenze, si dimise quasi immediatamente anche per il fatto che – a suo giudizio – le politiche del Parlamento Europeo fossero poco incisive rispetto alla portata dell’istituzione.

Flavio Tosi. Photo credits: VeronaSera

Nelle idee dei promotori di questa alleanza, «la forza delle idee (e non quella delle ideologie) è stata la stessa forza che prima portò alla nascita della CECA e poi a quella dell’Unione Europea». Uno Stato efficiente, meno tasse, meno populismi, un forte realismo e pragmatismo: ecco i valori alla base di questa alleanza, che nella speranza dei suoi ideatori «potrà aggregare anche altre forze politiche dell’area centrista, al fine di poter offrire una risposta concreta per tutti coloro che non si riconoscono negli schieramenti attuali, ormai alle prese con rese dei conti interni, travolti da scandali giudiziari o guidati da padri padroni che rendono alcuni partiti più simili a sette religiose che a schieramenti in grado di guidare un Paese complesso come l’Italia tenendo conto di tutte le esigenze, le storie personali e i bisogni peculiari dei territori».

Quale futuro dunque per Fare! e ALDE? Questa alleanza potrebbe avere effetti positivi per entrambe le compagini, in cerca di consensi e maggiore risonanza mediatica sul suolo nazionale: il primo obiettivo potrebbe essere sicuramente migliorare lo score di 1,3% – equivalente alla bellezza di 0 seggi sui 73 disponibili – con cui ALDE ha chiuso la tornata elettorale europea di maggio 2014. Con un alleato come Tosi la strada è sicuramente percorribile, ma molto dipenderà dalle scelte che il sindaco uscente di Verona opererà in vista delle prossime elezioni politiche, soprattutto in materia di alleanze. Uno scenario dipendente non solo da fattori interni, ma anche da fenomeni esterni come la tenuta del governo e i risultati delle primarie del Partito Democratico. La corsa ai seggi è solo all’inizio… venghino siori!


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