Il morbo di Basedow: lo sfinimento tra Zeno e la realtà

“Ma di Basedow vissi sol io! Mi parve ch’egli avesse portate alla luce le radici della vita la quale è fatta cosí: tutti gli organismi si distribuiscono su una linea, ad un capo della quale sta la malattia di Basedow che implica il generosissimo, folle consumo della forza vitale ad un ritmo precipitoso, il battito di un cuore sfrenato, e all’altro stanno gli organismi immiseriti per avarizia organica, destinati a perire di una malattia che sembrerebbe di esaurimento ed è invece di poltronaggine. Il giusto medio fra le due malattie si trova al centro e viene designato impropriamente come la salute che non è che una sosta. E fra il centro ed un’estremità – quella di Basedow – stanno tutti coloro ch’esasperano e consumano la vita in grandi desiderii, ambizioni, godimenti e anche lavoro, dall’altra quelli che non gettano sul piatto della vita che delle briciole e risparmiano preparando quegli abietti longevi che appariscono quale un peso per la società. Pare che questo peso sia anch’esso necessario.”
[tratto da “La Coscienza di Zeno”, Italo Svevo]

Nervoso mutamento, sfinimento estremo, esaurimento di ogni energia. Pur deformandone ed enfatizzandone le caratteristiche chiave (fino a farle diventare nucleo di teorie esistenzialistiche), anche nelle soprastanti parole dello sveviano Zeno Cosini si può constatare la potenza di una malattia tanto potenzialmente devastante quanto inaspettatamente comune. Il morbo di Graves-Basedow-Flajani (questo il suo nome completo) è una patologia autoimmune riguardante la tiroide, ghiandola situata nella porzione anteriore del collo (poco sopra la base dello stesso) adagiata sopra il “pomo di Adamo”. In questa condizione, considerando che questa struttura produce specifici ormoni deputati alla regolazione del metabolismo e di svariate funzioni delle cellule, si assiste ad un potenziamento estremo delle attività metaboliche dell’organismo (è una forma di ipertiroidismo), portando eventualmente ad un indebolimento gravissimo. Nonostante possa sembrare insolita per le sue caratteristiche, il morbo di Basedow è in realtà piuttosto comune, risultando la più frequente causa di ipertiroidismo, con un interessamento nettamente superiore nel sesso femminile (3,5 casi ogni mille persone, contro gli 0,8 dei maschi) ed un picco di incidenza compreso tra i 40 e i 60 anni.

Manifestazioni della malattia

“Aveva l’occhio ingrandito; aveva la faccina magra; la sua voce s’era trasformata ed anche il carattere in quell’affettuosità che non era sua, ma io attribuivo tutto ciò alla doppia maternità e alla debolezza. Insomma io mi dimostrai un magnifico osservatore perché vidi tutto, ma un grande ignorante perché non dissi la vera parola: Malattia!
Il giorno appresso l’ostetrico, che curava Ada, domandò l’assistenza del dottor Paoli il quale subito pronunziò la parola ch’io non avevo saputo dire: Morbus Basedowii.”

La patologia, pur essendo presentata da Svevo come un fulmine piombato nella vita di Ada a ciel sereno, ha in realtà un esordio insidioso, spesso accelerato dalla presenza di eventi stressanti. Il soggetto inizialmente si presenta irritabile, incline all’insonnia, all’irrequietezza, con un aspetto deperito nonostante l’aumento di appetito. Si verificano con una certa frequenza rapidi cambiamenti d’umore, in quanto l’irritabilità si alterna a reazioni depressive; il malato si sente stanco, a dir poco sfinito, complici l’insorgenza di diarrea e, nella donna, le importanti alterazioni del ciclo mestruale.
Nel complesso si viene a delineare un quadro di malessere aspecifico, a volte sfumato, a cui non si riesce a dare una spiegazione senza effettuare adeguate analisi del sangue.

“La società procede perché i Basedowiani la sospingono, e non precipita perché gli altri la trattengono. Io sono convinto che volendo costituire una società, si poteva farlo più semplicemente, ma è fatta così, col gozzo ad uno dei suoi capi e l’edema all’altro, e non c’è rimedio. In mezzo stanno coloro che hanno incipiente o gozzo o edema e su tutta la linea, in tutta l’umanità, la salute assoluta manca.”

Questo secondo estratto mette in evidenza i due tratti caratteristici della malattia, di successiva comparsa e tanto manifesti e sformanti da colpire l’attenzione dell’impressionabile Zeno: il gozzo (a livello tiroideo) e l’edema (a livello degli occhi e della caviglia).

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Gozzo di grado lieve-moderato.

Per quanto riguarda il gozzo, esso nient’altro è che la manifestazione dell’aumento di dimensioni della ghiandola. È la tiroide stessa che funziona troppo, tanto da deformarsi in un aumento omogeneo che coinvolge tutta la tiroide e che può arrivare ad un’estensione tale da tendere la cute soprastante, con esiti particolarmente caratteristici (ed antiestetici). L’edema è un’altra conseguenza dell’aumento di funzionalità tiroideo.

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Esoftalmo lieve.

Esso si esprime innanzitutto a livello della regione oculare costituendo il cosiddetto esoftalmo (presente nel 40% dei casi): praticamente il soggetto affetto da questa malattia ha gli occhi sporgenti oltre le orbite a causa della retrazione della palpebra superiore e dell’aumento di volume dei tessuti molli posti dietro al bulbo. Ciò comporta alterazioni nella mobilità del bulbo oculare e riduzione della funzione protettiva palpebrale, con conseguente aumento del rischio di avere infezioni ed infiammazioni; nelle forme più gravi (e rare), la stessa facoltà visiva è a rischio. Peraltro, la cute posta attorno all’occhio si mostra caratteristicamente molto pigmentata.

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Mixedema tibiale.

L’edema, come precedentemente accennato, si mostra anche a livello della porzione inferiore della tibia, seppur con molta più rarità (5% dei casi); è in realtà un mixedema tibiale, caratterizzato da un aspetto della cute “a buccia d’arancia”, edematoso, fino all’evoluzione in placche e noduli. Tende ad instaurarsi nell’arco di diversi mesi e, se in alcuni casi può andare incontro a remissione spontanea, in altri può peggiorare evolvendo sino ad un franco rigonfiamento degli arti inferiori.
Al di là di questi tratti così eclatanti, quello che non deve sfuggire è il fatto che, essendo la tiroide iperfunzionante, tutte le funzioni metaboliche risultano enfatizzate ed accelerate ancor più che nella fase iniziale (un “generosissimo, folle consumo della forza vitale ad un ritmo precipitoso”, come citato nell’estratto iniziale). Tutto ciò implica che il cuore va molto più veloce (fino ad avere una fibrillazione atriale), i vasi periferici sono dilatati, la cute è arrossata e sudata, possono essere persi peli e porzioni di sopracciglia (specie nelle fasi più avanzate) l’appetito è esaltato (e si accompagna all’ipersalivazione), si assiste ad una perdita di peso (con riduzione di massa grassa e massa magra), eventualmente c’è osteoporosi e non manca mai la labilità emotiva.

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Riassunto dei principali segni del morbo di Basedow.

 

Cause ed evoluzione della malattia

Come già accennato in precedenza, il morbo di Basedow è una patologia autoimmune, ovvero una malattia scatenata da un malfunzionamento del sistema immunitario. Prima di approfondire questo aspetto, però, bisogna avere ben chiaro in mente il normale funzionamento della tiroide: la secrezione degli ormoni tiroidei (T3 e T4) è strutturata in un sistema a cascata di ormoni, nella misura in cui
• T3 e T4 vengono secreti su azione dell’ormone TSH, prodotto da specifiche cellule dell’ipofisi
• ed a sua volta il TSH può essere rilasciato se tali cellule ipofisarie vengono stimolate dall’azione del TRH, secreto da alcune cellule dell’ipotalamo in maniera discontinua.
La regolazione della secrezione di tutti questi ormoni avviene mediante un meccanismo definito a feedback negativo – in altri termini, la presenza di ormoni in circolo inibisce la produzione degli ormoni stessi e degli ormoni che si collocano più a monte nella cascata sopra descritta. L’effetto sistemico di tali ormoni (soprattutto di T3 e T4) si esercita su tute le cellule di tutti i tessuti dell’organismo, comportando un mantenimento del normale livello di metabolismo espresso tramite la corretta attuazione di azione termogenetica (metabolismo ossidativo mitocondriale), effetti sul metabolismo glucidico, lipolisi e lipogenesi, sintesi proteiche, effetti sul sistema nervoso centrale (funzionamento e sviluppo in età embrionale), effetti sul sistema cardiovascolare (aumento contrattilità e frequenza cardiaca).

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Fisiologia tiroidea.

Con la malattia, tutto questo viene ad enfatizzato enormemente, in quanto si assiste ad una aberrante ed estesa attivazione di globuli bianchi (linfociti) i quali producono un particolare anticorpo definito TsAb. Quest’ultimo ha un’azione che emula l’attività del TSH, ma in maniera molto più accentuata: ecco perché vengono prodotte massive quantità di T3 e T4, provocando gli effetti prima descritti (propri dell’ipertiroidismo). Peraltro, la persistenza della risposta immunitaria comporta la formazione di edemi e la produzione di fibrina (che contribuiscono a spiegare il mixedema tibiale e l’esoftalmo) e provoca una reazione infiammatoria persistente a livello della tiroide. Quest’ultima condizione provoca certamente il gozzo ma, nel lungo termine, comporta anche uno sfiancamento anatomico e funzionale della tiroide tale da far passare il paziente da un quadro di ipertiroidismo ad uno di ipotiroidismo (che può anche richiedere un trattamento farmacologico sostitutivo).

Diagnosi e gestione del morbo di Basedow

La corretta individuazione diagnostica della malattia si ottiene dal raffronto tra quadro clinico (ove si ritroveranno le caratteristiche citate in precedenza, in vari gradi di gravità) e da esami laboratoristici. Questi ultimi sono mirati a dosare in primis la concentrazione sanguigna di ormoni tiroidei e in seconda istanza gli autoanticorpi che sono alla base del processo patogenetico. L’utilità di queste misurazioni è duplice in quanto
• da una parte è possibile individuare condizioni subcliniche (quindi non sintomatiche) della malattia
• dall’altra è possibile porre diagnosi differenziale con altre condizioni patologiche autoimmuni che possono interessare la tiroide come la tiroidite di Hashimoto (le quali sono però caratterizzate dalla presenza in circolo di autoanticorpi diversi da TsAb e definiscono un quadro clinico di ipotiroidismo), ma anche con condizioni di ipertiroidismo vero o apparente (es. tumori, distruzione delle cellule tiroidee causata da esposizione a sostanze tossiche, ecc.).
In condizioni dubbie e/o particolarmente aggravate, è opportuno approfondire il quadro mediante esami specifici (su tutti, la scintigrafia tiroidea).

Trattamento della malattia

L’obiettivo della terapia è quello di ridurre l’eccesso di concentrazione ormonale e mantenere tali dosaggi a livelli fisiologici. Tutto ciò è perseguibile mediante tre possibili strategie differenziate secondo la gravità della malattia:
• diverse classi di farmaci riescono ad impedire la formazione di ormoni tiroidei
• la chirurgia permette di eliminare radicalmente il problema e deve essere seguita da una terapia farmacologica sostitutiva a base di ormoni tiroidei (non possibile in tutti i pazienti)
• l’utilizzo di radioiodio, infine, porta ad una distruzione funzionale di alcuni volumi della ghiandola.
Va però sottolineato che, essendo la funzionalità tiroidea di fondamentale importanza per tutto l’organismo ed essendo la stessa ghiandola soggetta a parecchie influenze esterne, il paziente deve innanzitutto attenersi ad alcune modificazioni nello stile di vita: ad esempio va evitata attività fisica intensa, la dieta deve essere ipercalorica, se necessario devono essere tenuti sotto controllo farmacologico l’umore, l’attività cardiaca, l’osteoporosi.
È dunque una condizione con cui si può convivere piuttosto agevolmente: lo stesso Zeno d’altronde lo ribadisce indirettamente quando afferma che

“la vita ha dei veleni, ma poi anche degli altri veleni che servono di contravveleni. Solo correndo si può sottrarsi ai primi e giovarsi degli altri.”

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