Con qualche mese di ritardo rispetto al mercato americano, il 7 settembre arriverà nelle sale italiane Baby Driver – Il genio della fuga, il nuovo film di Edgar Wright. Non solo un regista, ma un creativo a tutto tondo, nato nel 1974 e cresciuto nel sud dell’Inghilterra, che dimostra il suo amore per il cinema fin da ragazzino. Ancora adolescente inizia a girare diversi corti insieme ad amici per fare pratica e partecipare a vari concorsi. Il suo debutto cinematografico avviene nel 1995 con A Fistful of Fingers, il quale riceve diverse attenzioni e gli permette di far conoscere il suo nome nel Regno Unito. Dopo aver diretto le sitcom britanniche Asylum e Spaced arriva L’alba dei morti dementi, il cui successo gli permette di diventare un regista di fama internazionale. Caratteristica principale di Wright è il controllo creativo sui suoi progetti, dove oltre alla regia si occupa sempre della sceneggiatura, anche se solitamente come co-sceneggiatore. Molto esplicativo in questo senso è il caso di Ant-man. Wright inizialmente firmò un contratto con i Marvel Studios per dirigere il film e scriverne la sceneggiatura insieme a Joe Cornish ma si distaccò durante la realizzazione della pellicola, quando gli Studios manifestarono la volontà di modificare la sceneggiatura senza consultarlo.
In attesa di gustare la sua ultima creazione, attraverso una panoramica ripercorriamo i suoi lungometraggi precedenti.
A Fistful of Fingers
Rilasciato nel 1995, A Fistful of Fingers è in realtà il remake di un film scritto e girato dallo stesso Wright durante l’adolescenza. Racconta la storia di un cowboy senza nome e si tratta di una parodia dei film western. Stilisticamente ricorda molto le commedie demenziali del trio Zucker-Abrahams-Zucker, autori di film quali L’aereo più pazzo del mondo e Una pallottola spuntata. Gag e situazioni demenziali si susseguono, con personaggi apparentemente seri. L’essenza low budget del film è un ulteriore elemento di comicità, con Wright che anziché nascondere esalta gli elementi palesemente ridicoli quali ad esempio i cavalli di legno al posto di veri cavalli. Una comicità sicuramente acerba ma comunque divertente e apprezzabile dagli amanti del demenziale, come i film citati precedentemente. Discorso analogo per la regia, acerba ma che mostra già il tipico stile di Wright, con un montaggio frenetico e inquadrature che saltano da un punto all’altro, con messe in scena molto particolari e attente al dettaglio.
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L’alba dei morti dementi
Dopo il successo della sitcom Spaced, diretta da Wright e con protagonista Simon Pegg, il duo passa al grande schermo nel 2004 con L’alba dei morti dementi. Il titolo originale Shaun of the Dead, analogamente al suo adattamento italiano, richiama Dawn of the Dead e tutta la serie di film horror di George Romero. Si tratta infatti di un mix tra una commedia romantica e un horror con zombie. Diretto da Wright e co-sceneggiato insieme allo stesso Pegg, è il primo film di quella che diventerà la cosiddetta Trilogia del Cornetto, ovvero tre pellicole dell’accoppiata Wright-Pegg accomunati da tematiche simili e simboleggiate da tre diversi gusti del cornetto. In questo caso si tratta del Cornetto alla fragola, rosso per rappresentare il sangue e il gore che caratterizzano questo omaggio al cinema horror. I temi principalmente affrontati da questo e dai due film successivi sono i rapporti tra le persone, intesi come la contrapposizione tra un singolo individuo e la collettività di cui fa parte, oltre alla necessità di crescere e non restare per sempre adolescenti nella mente.
Seguendo la traccia di omaggio al cinema horror e zombie in particolare, Wright infarcisce scene e dialoghi di frasi, dettagli o nomi che fanno riferimento a pellicole, personaggi o registi, sfidando lo spettatore a cogliere le numerosissime citazioni presenti, con tante piccole strizzate d’occhio molto sfiziose ma che non intralciano la visione a chi non riesce a coglierle. Oltre alla parte comica molto divertente, incredibilmente curata è la parte horror e degli effetti speciali, con scene ben impostate e splendide da guardare, per un film che punta a soddisfare gli amanti di entrambi i generi.
Hot Fuzz
Tre anni dopo, nel 2007 arriva il secondo capitolo della Trilogia del Cornetto, Hot Fuzz. Il colore stavolta è il blu del cornetto originale, a indicare il poliziesco. Si tratta infatti di una commedia che omaggia il cinema d’azione e poliziesco, con citazioni anche molto più esplicite del precedente L’alba dei morti dementi. Scritto sempre dall’accoppiata Wright-Pegg, oltre al co-protagonista Nick Frost ritornano diversi altri membri del cast, in ruoli più o meno importanti. Il film si ispira ai buddy cop movie, film d’azione con protagonisti una coppia di poliziotti, prendendo molti elementi anche da Dead Right, una vecchia opera di Wright che parodia i thriller polizieschi usando lo stile comico di A Fistful of Fingers. Gli omaggi si sprecano, sia rispetto ad altri film action sia rispetto ad opere precedenti di Wright, mantenendo il suo stile. I temi sono sempre il rapporto tra singolo e comunità, con il rapporto tra i due poliziotti e il resto del villaggio. L’esecuzione delle scene è sempre accurata, alternando gag a sparatorie e inseguimenti, con uno svolgimento frenetico e accattivante.
Scott Pilgrim vs. the World
Parallelamente a Hot Fuzz, Wright viene ingaggiato dalla Universal Pictures per dirigere Scott Pilgrim vs. the World, uscito nel 2010. Si tratta dell’adattamento del fumetto Scott Pilgrim, di Bryan Lee O’Malley. La Universal gli lascia la libertà artistica che Wright necessita, permettendogli di occuparsi di casting e sceneggiatura. Il risultato è un film che stilisticamente rispecchia in pieno il classico stile di Wright, pieno di battute, gag e citazioni. Prende vita quello che è letteralmente un cinefumetto, in quanto scene, personaggi, suoni ed effetti visivi rendono davvero l’idea di vedere un fumetto al cinema.
Si alternano scene estremamente cinetiche a piccoli dettagli, con cambi di registro e inquadrature molto creative, che strizzano l’occhio a diversi generi. Tuttavia non è un film semplice e immediato, con un umorismo molto particolare che può essere apprezzato solo da alcuni tipi di spettatori, come d’altronde succede anche per le altre pellicole di Wright.
La fine del mondo
Dopo una piccola parentesi, Wright torna per concludere la sua celebre trilogia con La fine del mondo, uscito nel 2013. Questa volta il gusto prescelto è il cornetto alla menta, con il verde che rappresenta la fantascienza e gli alieni. L’idea originale risale ad una vecchia sceneggiatura di Wright riguardante un pub crawl, ovvero l’azione di bere diversi alcolici in diversi pub nella stessa serata. Vedere come le mode e i franchising uniformino i locali cittadini gli diede l’idea di mischiare questa storia con L’invasione degli ultracorpi, un celebre romanzo di fantascienza.
Molti membri del cast sono gli stessi de L’alba dei morti dementi e Hot Fuzz, dando così un senso di continuità. Ricorrono i medesimi temi dei film precedenti, affrontando il problema dell’eterna adolescenza e il rapporto tra un gruppo di amici a distanza di anni. Lo stile registico è sempre lo stesso, ricco di humour e gag, tuttavia l’elemento citazionistico sembra messo in secondo piano, sia che si parli di riferimenti interni alla trilogia o a opere esterne. Rimane comunque un ottimo livello, degno di concludere il cerchio cominciato nel 2004.
Finora Edgar Wright non ha mai deluso i suoi fan, firmando sempre pellicole divertenti, creative e curate. Le premesse di Baby Driver sono ottime e le reazioni della critica oltreoceano sembrano confermare la bontà del prodotto. Non ci resta quindi che aspettarne l’uscita e verificare personalmente il risultato finale.
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