Netflix oggi realizza una quantità esorbitante di show diversi per ogni tipo di pubblico, per cui è normale che qualche produzione non risulti eccezionale come altre. L’impressione che molti ebbero dai primi trailer di Big Mouth, una nuova serie animata Netflix, fu che probabilmente anche questo nuovo programma non sarebbe stato dei migliori, e sarebbe affogato nella grande libreria di film e serie mediocri dimenticate dagli utenti e probabilmente dai creatori stessi. Invece una volta uscito Big Mouth ha riscontrato un enorme successo, è stato criticamente acclamato e già rinnovato per una seconda stagione, appena un mese dopo la sua comparsa sulla rete. La serie non ha pretese eccessive: non punta, come molti pseudo-critici hanno voluto insinuare, a raggiungere la complessità emotiva di Bojack Horseman, il cavallo di battaglia dell’animazione di Netflix, né di provocare e scombussolare gli animi con un umorismo oltre il limite del politicamente corretto come South Park. È sciocco pensare anche che gli autori vedessero in Big Mouth una sorta di programma di educazione sessuale (cosa che non è assolutamente e mai cerca di dimostrarsi come tale). È sbagliato, insomma, iniziare a vedere Big Mouth con aspettative troppo elevate. La punta di diamante della serie è proprio la sua leggerezza.
La cornice delle puntate è semplice e nemmeno troppo originale: un gruppo di ragazze e ragazzi nell’anticamera dell’adolescenza affronta i primi spaventosi segnali della pubertà ormai alle porte. Big Mouth però non basa l’intera narrazione sull’idea originale, bensì la usa come trampolino di lancio per ricreare situazioni e vicende in cui si ritrovano i protagonisti. Ciò accadrà velatamente in alcune puntate, mentre in altre apparirà come un processo molto forzato per cercare di non rendere la serie monotematica. Forse uno dei difetti più grandi di Big Mouth è stato dare per scontato che non ci sarebbe stata una sola stagione, non crea infatti delle “fondamenta” solide su cui basare puntate future (per esempio, non approfondisce appropriatamente alcuni personaggi) e preferisce perdersi in puntate ben scritte e divertenti, certamente, ma sostanzialmente inutili.
Se il complesso delle puntate può sembrare disordinato o confuso, lo stesso non si può dire dei dialoghi. Gli scambi di battute tra i personaggi sono ben pensati e non risultano dispersivi. L’umorismo di Big Mouth (perché ricordiamo trattarsi, in fondo, di una serie a sfondo umoristico) non è improvvisato, ma cerca un equilibrio sano tra imbarazzo, imprevisti e un pizzico di politically incorrect, senza sfociare nella volgarità a cannonate sul pubblico. In alcune puntate gli sceneggiatori hanno anche realizzato parodie di famose canzoni riadattandole alla situazione, molto divertenti, tra cui un’esilarante versione di Everybody Hurts dei R.E.M. rinominata Everybody Bleeds in tema mestruazioni. Gli autori hanno prestato inoltre particolare attenzione nella scelta delle voci di ogni personaggio, creando anche gag esilaranti che sono di fatto puramente basate sul valore dell’interpretazione vocale degli attori. Purtroppo il doppiaggio italiano non è ai livelli dell’originale dal semplice punto di vista dell’interpretazione: l’assegnazione delle voci ai doppiatori non rispecchia affatto le scelte della versione originale, risulta noiosa se non fastidiosa. Alcuni esempi di doppiaggi che in italiano non vengono riportati sono il tono ambiguo di una madre tra l’erotico e l’affettuoso, le grida esagerate e folli di uno dei protagonisti, la voce cupa e talvolta inquietante del mostro degli ormoni.
I personaggi di Big Mouth sono divertenti ed è veramente facile immedesimarsi nei loro dilemmi. I cinque protagonisti, Nick, Andrew, Jay (i ragazzi), Missy e Jessi (le ragazze) rappresentano, senza caratteri eccessivamente stereotipati, personalità diverse che si trovano ad affrontare il cambiamento drastico che è la pubertà: ognuno di loro è ancora un bambino e in quanto tale ha voglia di giocare e vivere spensieratamente, ma non può semplicemente ignorare ciò che accade al proprio corpo e i propri stimoli. Così troviamo Andrew, un personaggio che si può dedurre essere stato tranquillo e sereno nell’infanzia, avere scatti di libido folle che non possono essere placati se non masturbandosi furiosamente, e una Jessi che non capisce cosa vuole, se qualcosa le piace o no, schiacciata da una società che le impedisce di eccitarsi sessualmente senza che venga riempita di attenzioni indesiderate (in particolare da Jay, un ragazzo talmente frenetico sessualmente che ha rapporti sessuali regolari con il suo cuscino, con cui tra l’altro avrà una storia d’amore). È facile immedesimarsi nei drammi personali dei protagonisti, nel loro totale disorientamento, non soltanto in ambito sessuale: accanto ai più ridicoli, ma non meno tragici, dilemmi quali “anche le donne si eccitano?!” vediamo alcuni personaggi affrontare problemi più complessi, come la rottura di una famiglia. A proposito di affrontare dilemmi non solo a sfondo sessuale, tre figure fantastiche agiscono da “grillo parlante”, dando consigli sulla vita e sull’altro sesso; tra questi indubbiamente spicca il mostro degli ormoni, un personaggio tagliente e irriverente, che agisce da consigliere ma anche da tentatore tormentando in particolare il povero Andrew.
Purtroppo alcuni personaggi non sono stati sviluppati o approfonditi abbastanza, talvolta semplicemente piazzati di sfondo alla scena e con qualche battuta (non sempre utile o molto divertente), in primis il fratello maggiore di Nick, che a differenza della sorella che in alcune puntate agisce da Cicerone per il fratello più piccolo, si limita a qualche battuta spinosa e a distruggere tutto ciò che incontra. È necessario citare anche un altro personaggio secondario, non perché non sia spesso presente (al contrario, compare di continuo), ma per ciò che lascia intravedere del futuro della serie: il coach Steve, un uomo di mezz’età, analfabeta, maltrattato da tutti, povero e solo. Un uomo ottimista e sempre positivo, in costante cerca di un amico, al punto da chiedere di uscire anche a dei ragazzini delle medie. Coach Steve è un personaggio romantico e delizioso, oltre che esilarante. Gli sceneggiatori sono riusciti a caratterizzarlo solamente dalle sue battute poste tra una vicenda e l’altra dei protagonisti, per poi assegnargli una sotto-trama propria man mano che la stagione giungeva al termine.
Big Mouth non è un capolavoro, o perlomeno, non ancora. È palese che gli autori si aspettassero che la serie sarebbe stata rinnovata per un’altra stagione e il finale ne è la prova più chiara. Escluso qualche difetto la serie è divertente e piacevole da vedere, talvolta commovente. Sperando che la prossima stagione possa essere migliore della prima, consigliamo Big Mouth a chiunque voglia guardare qualcosa di leggero senza aspettarsi di cambiare il proprio modo di vedere la sessualità dopo due puntate. A quello speriamo ci pensi la seconda stagione.