Giletti all’esordio su La7: populismo in salsa piaciona

Dopo 20 giorni di martellante presenza spalmata su tutto il palinsesto La7 (con l’annuncio dello scoop Tuliani), eccoci al day after di Massimo Giletti e della sua nuova trasmissione Non è l’Arena. Partiamo subito dai risultati, in una giornata che verrà ricordata per strani ritardi e imprecisioni nella comunicazione dei dati Auditel: il nuovo talk di Giletti sembra partire con  un ottimo passo, andando in onda dalle 20.35 alle 0.33 e interessando 1.969.000 spettatori con l’8.92%. Un dato sicuramente positivo, più del doppio della media di rete, anche se risulta essere meno della metà della platea che il brizzolato conduttore aveva in Rai. Questo in realtà è forse l’unico fatto di rilievo per un programma che è sembrato evidenziare appieno la profonda crisi della TV italiana, sempre più bisognosa di novità rappresentate da nuovi autori e nuovi modi di fare questo lavoro: ecco, Non è l’Arena non ha niente di tutto ciò. Ambientato in una scenografia da quiz, abbiamo visto un talk fotocopia di quello che fu in Rai (addirittura anche nelle grafiche!) che si sforza di non apparire urlato, con un padrone di casa che dà del tu agli ospiti, dimenticando molte volte che un giornalista (in apertura Giletti si è lanciato in una stucchevole filippica per rivendicare questo ruolo) è tenuto ad usare i titoli che competono agli interlocutori a cui si rivolge.

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Nuove sfide, vecchi nemici (foto ilgiornale.it)

Anche sul piano della scrittura il programma è sembrato molto debole (al di là dell’ottimo lavoro svolto nel racconto dell’affaire Tulliani), ricalcando la scaletta di programmi come Quarto Grado o La Gabbia (quest’ultimo sostituito proprio da Giletti), con ospiti presi dalla società civile che recitano un copione redatto chissà da chi; limite, questo, palese già nella prima puntata quando Giletti si è collegato con un panettiere di provincia che ha stupito per la sua attenta e lucida analisi, ma una volta data la parola alla sua compagna, forse pensando di non essere inquadrato, si è notato come avesse anche una funzione di suggeritore. Un copione visto e rivisto che finora sembrava appannaggio esclusivo del miglior Paolo Del Debbio. La scaletta è servita a sottolineare il lato più spiccatamente populista del conduttore, resosi responsabile di imbarazzanti e stucchevoli commenti sui vari orologi, valigie e borsette griffate dei Tulliani quasi fosse un operaio qualunque. Un atteggiamento ancora più evidente nella seconda parte del programma, dedicato a uno dei cavalli di battaglia di Giletti: le pensioni e i vitalizi ai politici.

Anche la scelta degli ospiti fa discutere. Alessandra Moretti e Nunzia De Girolamo in Boccia, si sono dimostrate più che altro delle macchiette, inserite in un contesto fin troppo informale e amichevole che parrebbe rappresentare l’unica vera differenza tra questo talk e il suo predecessore firmato da Paragone.

I servizi sono sembrati identici, con il lato giornalistico completamente azzerato rispetto all’impatto emotivo, inviati impegnati in vere e proprie “imboscate” più che interviste e domande che sembravano più monologhi che non volevano aver risposta, in pieno stile Iene.

Come si spiega il successo di questo programma “copia e incolla”? È innanzitutto utile ricordare che il giorno dopo è successo un fatto davvero strano per gli addetti ai lavori: una serie di non meglio precisati “problemi tecnici” hanno fatto ritardare la pubblicazione dei risultati Auditel, dati che, una volta resi noti, hanno lasciato inspiegabilmente tutti contenti. Fazio in primis, che conferma pienamente il suo share (molti danno il merito di questo dato alla presenza del candidato premier del Movimento 5 Stelle); Mediaset, che con la fiction Rosy Abate vince la serata su Canale 5, mantiene un buon livello anche con Le Iene su Italia 1.

Da dove si sono spostati questi quasi due milioni di telespettatori di Giletti? Questo per ora rimane un vero mistero, ma una risposta si può intravedere nelle dichiarazioni di ieri di Urbano Cairo: «Mi ha colpito un messaggio di Giancarlo Leone che di Rai e di Auditel se ne intende il quale dice, magari in modo un po’ sibillino, che l’Auditel rivendica il ruolo di coprotagonista dello scenario TV e quindi si fa attendere. Non capisco se questa cosa è solo una battuta o altro. Comunque aspettiamo di vedere i dati, intanto ieri sera mi sono goduto la prima di Giletti che è stata eccellente».

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Massimo Giletti e il suo nuovo editore Urbano Cairo (foto Corriere Della Sera)

È utile ricordare come, soprattutto nella tv generalista, l’usato garantito abbia sempre il suo successo, tanto più avendo in allegato 4 milioni di telespetattori sulla rete ammiraglia Rai. È in quest’ultima considerazione che si racchiude la vera essenza di questa operazione, dove è chiara la mano di un vecchio volpone della TV come Cairo.

Non ci resta che aspettare la seconda puntata, in cui scopriremo quale strada avrà intrapreso il conduttore: riuscirà a diventare un serio giornalista o continuerà ad essere una sorta di sbiadito Che Guevara dei populisti?

 

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