2 maggio 2014: lo Shakhtar Donetsk, campione d’Ucraina da quattro anni di fila, sta giocando alla Donbass Arena con i vicini di casa dell’Illichivets Mariupol, in una partita che potrebbe aumentare il distacco nei confronti del Dnipro e assegnare per la quinta volta lo scudetto ai “minatori”. Dopo un gol per parte nel primo tempo, lo Shakhtar conquista la vittoria nella ripresa con i gol di Luiz Adriano e Douglas Costa, sancendo il risultato sul 3-1.
Tornando allo Shakhtar, per la squadra – allora allenata da Mircea Lucescu – inizia un lungo pellegrinaggio che la porterà a giocare prima a Kiev, poi a Lviv e infine a Kharkiv (passando per altri stadi di fortuna). Nonostante la perdita della propria casa, di gran parte delle risorse finanziarie e nonostante il terrore degli stessi calciatori, specialmente stranieri, per il clima circostante, lo Shakhtar è riuscito a confermare in questi anni la propria supremazia in Ucraina a danno della Dinamo Kiev (vincitrice comunque di due campionati nel 2015 e 2016) e il proprio blasone europeo, costruito negli anni Duemila con la vittoria dell’ultima edizione della Coppa UEFA nel 2009 e varie qualificazioni alla fase di play-off della Champions League.
Anche quest’anno, e i tifosi del Napoli lo sanno bene, gli ucraini sono riusciti a sorprendere, qualificandosi agli ottavi di Champions in un girone in cui partivano tutt’altro che favoriti. Il sorteggio di Nyon di lunedì scorso ha scelto di riproporre una nuova sfida italiana per i nero-arancioni: la Roma di Eusebio Di Francesco, anch’essa qualificatasi in un girone in cui partiva da outsider, per cui il sogno europeo verso la finale di Kiev continuerà a qualche centinaio di chilometri di distanza, a Kharkiv, nuova dimora dello Shakhtar.
La prima partita disputata tra Roma e Shakhtar Donetsk, nel settembre del 2006 durante la fase a gironi di Champions League, è anche l’ultima vittoria dei giallorossi contro gli ucraini. La gara terminò con il punteggio di 4-0 grazie alle reti di Taddei, Totti, De Rossi e Pizzarro.
Al ritorno in Ucraina, con la Roma già qualificata, lo Shakhtar strappa l’1-0 grazie alla rete dell’attaccante rumeno Ciprian Marica.
I due precedenti più recenti, invece, sono proprio agli ottavi di Champions League 2010/2011. La Roma parte da seconda del girone alle spalle del Bayern Monaco, mentre lo Shakhtar ha vinto il gruppo davanti all’Arsenal e al Braga.
La squadra di Claudio Ranieri non arriva alla partita di andata nel migliore dei modi, dopo due sconfitte di fila con Inter (3-5) e Napoli (0-2). E infatti all’Olimpico, nonostante il vantaggio di Perrotta al 28′, la squadra di Donetsk riesce a pareggiare un minuto dopo con Jadson, trovando ancora prima dell’intervallo in contropiede le reti di Douglas Costa e Luiz Adriano. Nella ripresa Menez accorcia le distanze per il definitivo 2-3. La strada è in salita.
Dopo l’ennesima sconfitta la panchina di Ranieri è sempre più traballante e finisce per crollare tre giorni più tardi dopo la clamorosa sconfitta con il Genoa, dove i giallorossi, in vantaggio per 0-3 al 53′, riescono a perdere per 4-3 in una partita che rimarrà nei rimpianti di ogni tifoso romanista.
Alla gara di ritorno alla Donbass Arena la Roma arriva con un nuovo traghettatore, Vincenzo Montella, ancora speranzosa di poter ribaltare il risultato dell’andata. Tuttavia, la partita parte male da subito con il gol di Willian e il rigore sbagliato da Borriello. Dopo l’espulsione di Mexes a fine primo tempo, lo Shakhtar dilaga con un’altra marcatura di Willian e la rete di Eduardo che fissano il risultato sul 3-0, sancendo la prima e per ora unica qualificazione dello Shakhtar ai quarti di finale di Champions League.
I due fautori principali del successo dello Shakhtar Donetsk sono sicuramente il tenebroso oligarca Rinat Achmetov e l’allenatore rumeno, che molti ricorderanno per i trascorsi al Brescia e all’Inter, Mircea Lucescu.
Il primo è il finanziatore del progetto, potendo vantare il titolo di uomo più ricco di Ucraina secondo Forbes grazie a un patrimonio, fino al 2014, di 12 miliardi di dollari. Dopo lo scoppio della guerra nel Donbass, sede della SCM (l’industria metallurgica, sponsor dello Shakhtar, che ha fatto la fortuna di Achmetov), il suo patrimonio si è però praticamente dimezzato.
La storia di Achmetov è tipica degli oligarchi post-sovietici formatisi nei bui anni Novanta. Si distingue come amico e consigliere di Akhat Bragin, capo della criminalità organizzata di Donetsk e, all’epoca, presidente dello Shakhtar (che in realtà non viveva tempi felicissimi, guardando da lontano lo strapotere della Dinamo Kiev di Lobanovskij e Shevchenko). Nel 1995, durante una partita allo stadio, Bragin, chiamato anche “il Greco”, muore misteriosamente in seguito all’esplosione di una bomba nella tribuna VIP, e il suo braccio destro Achmetov poche settimane dopo prenderà il controllo dello Shakhtar e delle principali attività di Donetsk. Due anni dopo, nel 1997, riesce a far posizionare un uomo fidato, con precedenti penali e senza preparazione culturale, con difficoltà persino a parlare in russo e ucraino, a capo della Regione di Donetsk: è il futuro presidente, ora latitante, Viktor Yanukovich.
Potendosi permettere di spendere cifre fuori dalla norma per un campionato come quello ucraino, Achmetov chiama l’allenatore italiano Nevio Scala, ex di Parma e Borussia Dortmund, per vincere il suo primo “scudetto” nella stagione 2001/02.
La vera svolta arriva però nel maggio del 2004, quando dopo l’esonero del tedesco Bernd Schuster arriva a Donetsk Mircea Lucescu. Inizia qui l’ascesa dello Shakhtar non solo nel campionato ucraino, ma anche in campo europeo. Nel 2009 a Istanbul lo Shakhtar ha la meglio sul Werder Brema di Diego e Ozil, vincendo per 2-1 la finale di Coppa UEFA e arrendendosi solamente ai supplementari, pochi mesi dopo, al Barcellona di Pep Guardiola in Supercoppa Europea.
Il merito di Lucescu è stato sicuramente quello di costruire una squadra tecnica e veloce, con margini di miglioramento ogni anno sempre più alti, puntando soprattutto su una trequarti brasiliana, vivace e imprevedibile. Negli anni, lo Shakhtar si è appropriato della nomina di “Porto dell’Est Europa”, vendendo i suoi talenti a suon di milioni. A parte il difensore ucraino Chygrynskiy, venduto al Barcellona, e il trequartista armeno Mkhytaryan, ceduto al Borussia Dortmund, le principali stelle di Lucescu sono targate verde-oro. Solamente negli ultimi anni sono stati ceduti Fernandinho al Manchester City, Willian al Chelsea, Douglas Costa al Bayern, Luiz Adriano al Milan e Alex Teixeira in Cina, per un valore complessivo di circa 200 milioni di euro.
Come già accennato prima, in seguito allo scoppio della guerra nel 2014 la società di Donetsk (leggasi Rinat Achmetov, in Ucraina le società dipendono unicamente dalle scelte del loro presidente miliardario) ha deciso di ridurre il proprio budget, puntando più a conservare la rosa della stagione precedente e al massimo vendere un giocatore a stagione a grosse cifre, piuttosto che comprare nuovi giocatori da 15-20 milioni come fino a qualche anno prima. Per rendere l’idea, dopo le partenze di Mkhytaryan (27,5 milioni di euro), Willian (35 milioni) e Fernandinho (40 milioni) nel 2013 sono stati acquistati Bernard (25 milioni), Fernando (12 milioni), Fred (15 milioni), Taison (15 milioni), Wellington Nem (10 milioni). Dopo il 2014, invece, hanno lasciato la squadra Alex Teixeira (50 milioni), Douglas Costa (30 milioni), oltre al centravanti titolare Luiz Adriano passato al Milan per 9 milioni di euro. Alla voce acquisti, però, gli unici trasferimenti da segnare sono il ritorno di Eduardo a parametro zero, Marlos e Azevedo (rispettivamente 8 e 4 milioni dal Metalist nel frattempo fallito e ripartito dalla serie C), Petryak (2 milioni) e nei giorni scorsi il promettente diciannovenne brasiliano Dodò (2 milioni di euro al Coritiba).
Un’autentica rivelazione è stato, invece, il terzino sinistro Ismaily. Arrivato in sordina nel 2013 dal Braga come riserva di Rat e Shevchuk, dopo le prime stagioni di ambientamento è riuscito a imporsi come uno dei terzini di spinta più completi in Europa. Caratteristica principale del gioco di Ismaily è quella di giocare in certi momenti della partita persino più avanzato dell’esterno offensivo Bernard, coperto dal mediano Stepanenko che retrocede a coprire la fascia sinistra durante il possesso di palla.
Se il Napoli sta ancora cercando un degno erede di Ghoulam a prezzo contenuto per la seconda parte di stagione, può tranquillamente guardare al difensore brasiliano che da agosto ha già realizzato due gol e sette assist. Da apprezzare il gol nell’ultima partita del girone di Champions contro il Manchester City, dove sfrutta un errore di Ederson sembrando più un attaccante esterno che un terzino.
Nel maggio del 2016, dopo aver sfiorato la finale di Europa League contro l’immortale Siviglia di Unai Emery, Mircea Lucescu sceglie di chiudere il proprio ciclo dopo ventidue trofei in dodici anni per firmare con lo Zenit di San Pietroburgo.
Nonostante lo Shakhtar stia vivendo un periodo di riassestamento, soprattutto sul piano finanziario, l’arrivo dell’allenatore portoghese Paulo Fonseca dal Braga viene accolto con molto scetticismo. Solo pochi mesi prima il Braga era stato eliminato dallo Shakhtar di Lucescu ai quarti di Europa League con un punteggio complessivo di 8-1. L’unica avventura di Fonseca in un top club portoghese, nel 2013 con il Porto, era peraltro finita male con l’esonero arrivato a metà stagione.
Effettivamente, l’esperienza di Fonseca allo Shakhtar inizia che peggio non potrebbe, con l’eliminazione ai preliminari di Champions League da parte degli svizzeri dello Young Boys ai rigori, dopo che il dominio dei “minatori” nel doppio confronto era stato ribaltato nella rocambolesca partita di ritorno sul sintetico di Berna.
Lo Shakhtar riesce comunque ad accedere al girone di Europa League con Braga, Gent e Konyaspor, stravincendolo a punteggio pieno.
Nonostante la batosta iniziale dell’eliminazione dalla Champions League, Fonseca riesce comunque a imprimere presto alla squadra il suo schema di gioco dominante, basato sul possesso e sulla combinazione di tecnica, coesione e rapidità. L’apice dell’idea di calcio del portoghese si può ammirare nella vittoria esterna contro il Gent per 5-3, dove l’ultimo gol dello Shakhtar a opera di Fonseca viene realizzato dopo 29 passaggi consecutivi, coinvolgendo persino il portiere Pyatov.
Al primo tentativo, Fonseca riesce anche a vincere il campionato ucraino dopo due anni di dominio della Dinamo Kiev dei vari Lens, Veloso, Belhanda, Dragovic e Yarmolenko.
Sembra che, per un eventuale qualificazioni ai quarti di finale, l’allenatore abbia già pronto un nuovo travestimento. E a fine stagione, quando il contratto di Fonseca scadrà, si vocifera che si faranno vive le sirene di Bayern Monaco ed Everton.
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