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Ci vuole la moviola in campo: un anno di VAR

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Andrea Braschayko

È passato poco più di un anno dal primo rigore assegnato grazie al Video Assistant Referee (VAR), al 37′ minuto del primo tempo di Juventus-Cagliari, partita inaugurale della Serie A 2017/18. In uno sport tradizionalmente avverso alla modernizzazione e all’introduzione di nuove tecnologie, il VAR non ha avuto subito vita semplice, specialmente in un paese dalla polemica facile come l’Italia, dove è stato testato per la prima volta (insieme alla Germania) in un campionato di prima fascia, in attesa del debutto ai Mondiali 2018.

Damato verifica il gol vittoria di Fazio al 94′ di Roma-Cagliari.

Varie opinioni si sono alzate nel corso degli ultimi dodici mesi nel mondo calcistico italiano a proposito della nuova tecnologia, anche a seconda dei momenti in cui favoriva o sfavoriva i diretti interessati: dalle parole scettiche di casa Juventus con Buffon e Allegri dopo il 2-2 con l’Atalanta dell’ottobre 2017 a quelle più ottimistiche del capitano romanista De Rossi, a quelle catastrofiste ed esagerate di De Laurentiis dopo aver perso le speranze di scudetto del Napoli lo scorso maggio, nessuno in Italia ha cercato di non fare almeno una dichiarazione su ciò che pensasse del VAR.

Dalla prima applicazione del VAR in una competizione internazionale, la finale della Coppa del mondo per club tra Real Madrid e Kashima Antlers, le voci discordanti contro il Video Assistant Referee hanno ripreso le dichiarazioni post-partita di Zidane e Modric che espressero un parere molto negativo sul VAR definendolo come una “fonte di confusione” e un rischio di alienazione del calcio nella tecnologia, concetti riassumibili nella frase «Il VAR ci ha tolto emozioni» dell’allenatore della Lazio Simone Inzaghi la scorsa primavera.

Per coloro che temono una partita di calcio con interruzioni ogni trenta secondi, serve comunque ricordare che il VAR è utilizzabile solamente in quattro casi specifici:

  • segnatura di una rete;
  • assegnazione di un calcio di rigore;
  • espulsione diretta (non quella per somma di ammonizioni);
  • errore di identità (scambio del calciatore da ammonire o espellere con un altro).
Uno dei casi in cui il VAR NON può intervenire.

Quindi, la questione che si pone il VAR durante il suo intervento non è «la decisione dell’arbitro era giusta?» ma «era chiaramente sbagliata?». Da qui si spiega perché anche con il VAR alcuni errori degli arbitri continuano a persistere: l’elemento di oggettività individuale non è eliminabile, purtroppo o per fortuna.

Le Statistiche della prima stagione

«Grazie alla sinergia tra la Lega Serie A, la FIGC e l’AIA, l’applicazione del VAR in Serie A TIM è avvenuta con un anno di anticipo rispetto al piano strategico iniziale, apportando da subito evidenti benefici nel massimo campionato italiano, dove la percentuale di errori arbitrali è stata dello 0,89% rispetto al 5,78% che si sarebbe verificato senza l’ausilio del VAR» si legge in un comunicato FIGC uscito alla fine della scorsa stagione.

In totale il VAR è stato utilizzato in 397 incontri tra Serie A TIM e TIM Cup, con 2.023 check effettuati e 117 decisioni arbitrali cambiate (in media 1 intervento ogni 3,29 gare).

«Gli arbitri italiani – ha aggiunto Nicola Rizzoli, Responsabile arbitri di Serie A – hanno dimostrato un alto livello di applicazione e interpretazione, integrandosi con un sistema tecnologico complesso che fisiologicamente ha richiesto tempo ed esperienza nel suo sviluppo. I risultati ottenuti sono molto buoni e vanno oltre le aspettative. I margini di miglioramento della linea d’intervento e uniformità lasciano spazio a molto ottimismo per il prossimo futuro».
Le statistiche sembrano dare ragione a Rizzoli, dato che giornata dopo giornata gli arbitri della Serie A hanno ridotto le tempistiche di intervento del VAR e addirittura prolungato il tempo effettivo di gioco rispetto alle precedenti stagioni.

Dopo la prima stagione di VAR, sono diminuiti anche i cartellini, le proteste e i comportamenti antisportivi, con l’unica controtendenza dell’impennata di comportamenti violenti.

Cosa cambia per il VAR nella nuova stagione

«Migliorare è quello che ci aspettiamo tutti, abbiamo un’esperienza annuale alle spalle che ci ha insegnato molto e già durante la stagione passata abbiamo provato ad alzare l’asticella contribuendo anche alla riuscita del Mondiale. Puntiamo da subito a un livello alto, vogliamo portare il calcio a un livello di giustizia totale: non ci sarà mai, ma abituiamoci a correzioni evidenti» ha ancora detto Nicola Rizzoli alla vigilia del calendario Serie A 2018/19.

La novità principale del nuovo protocollo VAR, che tenta di correggere la confusione generata dal precedente, riguarda il concetto di clear and obvious error, cioè per dirla in modo semplice l’errore arbitrale grossolano e incontrovertibile. Pur ricoperta di buone intenzioni, la nuova norma rischia di creare ancora più caos ed arbitrarietà. L’obiettivo neanche troppo velato è quello di lasciare discrezionalità all’arbitro per ciò che avviene all’interno dell’area di rigore.
Ciò che ne verrà fuori sarà chiaro solo tra qualche mese, ma è già lampante un dato sui calci di rigore assegnati nelle prime cinque giornate di questo campionato confrontati con quello precedente: ben 22 nella stagione 2017/18, solo 7 quest’anno. Un chiaro segnale di minore invadenza da parte del VAR sugli episodi da rigore, che diventano ancora più a discrezione dell’arbitro, che può comunque avvalersi delle immagini per confermare la propria decisione.

Tra le buone notizie: non avremo mai più dubbi sui gol in fuorigioco. Già dagli scorsi Mondiali gli assistenti al VAR possono avvalersi di una tecnologia tridimensionale, un software con la proiezione dall’alto verso il basso di qualsiasi parte del corpo non aderente al terreno di gioco. Un esempio di applicazione è stato l’autogol di Mandzukic che ha aperto le danze della scorsa finale mondiale tra Francia e Croazia.

Rimarranno invece invariate le decisioni riguardanti il secondo giallo (poiché una decisione di espellere un giocatore per una seconda ammonizione dovrebbe obbligatoriamente verificare la legittimità della prima, causando grosse perdite di tempo) e sul classico fardello dei falli di mano, campo in cui è quasi impossibile arrivare ad un verdetto unanime.

Prospettive future

Nonostante le tante critiche, il VAR è riuscito in pochi mesi a imporsi e talvolta ad auto-migliorarsi velocemente per essere accettato nel mondo del calcio. Sono state ridotte le perdite di tempo, delineati (pur con alcune fallacie) i campi d’intervento della tecnologia e quelli del direttore di gara; tutti punti sui quali si muovevano le più feroci voci contro il coro.

Pur non essendo ancora perfetto (e ci mancherebbe, ad un solo anno dalla sua introduzione ufficiale in un campionato di livello) il VAR ha già migliorato notevolmente le decisioni arbitrali e creato una legittimazione – non completa, ma sicuramente più ampia – di quest’ultime, anche in caso di decisioni a sfavore. Difficile, a un anno di distanza, immaginare una Serie A senza VAR. Probabilmente non si sarebbe potuto ottenere successo più grande.

Un anno dopo Italia e Germania, la tecnologia è arrivata anche in Spagna e nella conservatrice Inghilterra, pur solo per un test di 15 partite in questa stagione. E se ci sta pensando anche la UEFA, vuol dire che qualcosa si sta muovendo. Gli errori rimarranno, le polemiche pure, le imprecisioni a maggior ragione, ma la giustizia totale prospettata da Rizzoli non sembra più un’utopia.

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Andrea Braschayko

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