Il problema del contante in Italia

Stazione Centrale, Milano: possiamo affermare che siamo arrivati in una smart city, l’unica smart city italiana. Solo con uno smartphone si può prendere la metropolitana, sbloccare una bicicletta, prendere a noleggio un’auto o pagare il taxi, pranzare, prendere un caffè e fare acquisti, tutto con un semplice “din”, innescato da una leggera pressione del dito o solo con un sorriso verso le schermo del telefono.

Facciamo un passo indietro. A Barcellona lo scorso febbraio si è svolto il Mobile World Congress (MWC), in cui sono state presentate soluzioni tecnologiche e commerciali per cui il contante sembra ormai solo un vecchio antenato. Si è parlato di 5G, di social network e di intelligent connectivity, mettendo le basi per una nuova rivoluzione delle abitudini dell’umanità. Dal 1987, prima edizione della fiera più importante al mondo sulla telefonia mobile, che allora si chiamava Pan European Digital Conference, ad oggi, si è assistiti a una vera e proprio rivoluzione, oltre che a un’evoluzione, dello strumento più utilizzato dalla civiltà contemporanea: lo smartphone. Trent’anni fa, il cellulare era solo uno strumento di comunicazione vocale: ora invece è diventato il portafoglio, l’album fotografico, il telecomando per governare la propria abitazione. Camminando tra i padiglioni e parlando con i seguaci della tecnologia e i cosiddetti early adopter, sembra che tutto il mondo possa essere governato solo da un telefonino, e non ci si pone neanche il problema di dover pagare con il contante, o addirittura, far risuonare tra le tasche il suono delle monetine. Purtroppo basta varcare la terza cerchia di Milano per rendersi conto che l’Italia non è ancora pronta.

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Mobile World Congress, Barcellona. Foto: digitaltrends.com

Non solo lo smartphone non è ancora così conosciuto come uno strumento di pagamento, ma neanche le carte sono sempre ben accette. Diversi esercenti (certo non la grande distribuzione) espongono orgogliosi cartelli in cui vietano di spendere in libertà.  E magari per acquistare un biglietto dell’autobus si è costretti a tornare a casa, rovistare nelle borse e, non trovando nulla, rimane solo una soluzione: svuotare la mucca piena di quelle sonanti monetine che non vedono la luce da anni. Nel frattempo, magari la voglia di uscire è scemata e la scelta migliore sembra quella di rimanere in casa, pronti a soddisfare la libertà di comprare qualsiasi cosa soltanto digitando una semplice tripletta.

Ecco, quest’ultima è una delle contraddizioni del mercato italiano: è cresciuto il commercio elettronico (+15% nel 2018 rispetto al 2017, secondo Netcomm Forum), ma varcando la porta di casa ancora si fa fatica ad acquistare anche solo con il supporto plastico. Negli altri paesi europei risuona un’altra musica,  come ad esempio succede a Copenaghen, al mercato coperto di Torvehallerne, dove nelle più di sessanta bancarelle i cinque sensi vengono attratti da dolciumi di ogni genere, da cibi di ogni nazione, oltre che dalla specialità danese dello smørrebrod, con l’odore di spezie che inebria l’ambiente circostante: e si può pagare anche con un SMS, oltre che con tutte le carte di pagamento. Allora una domanda sorge spontanea: ma perché in Italia ancora non è così? Perché un regolamento UE ha posto fine nel 2018 al geoblocking e ancora non si riesce ad far utilizzare gli strumenti di pagamento in ugual maniera su tutto il territorio nazionale?

Da circa dieci anni si è osservata un’evoluzione veloce e costante lato issuing, non accompagnata da una paritetica crescita del mondo acquiring. Si parla di issuing quando ci riferiamo a tutto il mercato che concerne l’emissione di uno strumento di pagamento diverso dal contante, cioè chi immette sul mercato carte di pagamento, wallet digitali per disporre pagamenti. Invece si intende per acquiring il mondo dell’accettazione e autorizzazione del pagamento effettuato con strumenti diversi dal contante. A volte una società può essere issuer e acquirer al tempo stesso, ma la velocità di espansione del primo settore non è seguita dal secondo; infatti queste due componenti del medesimo sistema non si evolvono in maniera parallela.

Questo si nota soprattutto al sud. L’Italia è divisa anche nei pagamenti: a Milano il concetto di velocità è esaltato anche dal contactless dei tornelli della metropolitana, a Palermo per acquistare il biglietto dell’autobus, con calma, si chiede all’autista. Si potrebbero istituire, in collaborazione con i principali circuiti internazionali di pagamento e con le principali istituzioni finanziarie locali, delle giornate contactless anche in altre città diverse da Milano, proponendo un percorso concreto di digitalizzazione anche in realtà meno cool, ma dove magari questo piccolo e semplice gesto potrebbe portare più turismo e indotto. Dall’ignoranza si può guarire e su questo argomento chi è competente può dare un contributo per uscire dall’oscurità dell’ignoto a tutta la collettività. Anche i più scettici potrebbero apprezzare la facilità d’uso di una carta o di un telefono per pagare anche solo il caffè o un biglietto di un autobus.

Dare la possibilità a tutti gli utenti che utilizzano i mezzi pubblici in tutta Italia di poter scegliere come pagare il biglietto porterebbe una serie di vantaggi anche a beneficio dell’ambiente. Pagare con una carta o con un semplice “tap” o sorriso rivolto verso lo schermo del telefono permetterebbe di non stampare più carta che non viene riciclata, ma che viene buttata nei posti più assurdi, accumulandosi in maniera inesorabile. Inoltre sarebbe tutto tracciato e chiunque non avrebbero più la possibilità di usufruire di un servizio senza pagare il biglietto. Fornire gli strumenti non significa che tutti li utilizzino, però almeno si eliminerebbe l’alibi dei furbetti e si potrebbe anche eliminare il cliché che tanto al sud è come essere nella riserva indiana, dove le regole e le abitudini di una società civile evoluta non possono attecchire.

Certo a fine 2018 l’Italia risulta, secondo le rilevazioni del nuovo Osservatorio Mobile Payment&Commerce del Politecnico di Milano-Osservatorio.net, ancora ventiquattresima tra le classifiche di chi utilizza le carte di pagamento, anche se con il 37% delle totali transazioni registra una notevole crescita per un territorio che ha ancora nostalgia delle monetine sonanti. Questa crescita è trainata da una realtà italiana come Satispay, che ha capito che domanda e offerta si devono incontrare per forza e quindi, essendo l’Italia terza al mondo come penetrazione di telefonia mobile sull’intera popolazione, questo significa che l’83% di tutta la popolazione italiana possiede ed utilizza un telefonino, dietro solo a Corea del Sud ed Hong Kong, e dunque è necessario che ci sia almeno un POS per ogni esercente. Satispay dal 2013 ha sviluppato un sistema di pagamento immediato e molto apprezzato da chi lo utilizza. Anche a distanza si può effettuare un pagamento inserendo direttamente l’importo e ricevi anche un cashback per ogni acquisto effettuato. È semplice come mandare un SMS e immediato, in più l’applicazione permette di localizzare i ristoranti, negozi e punti vendita vicino alla propria posizione e di effettuare ricariche telefoniche e pagamenti. È un’app che fidelizza sia per le percentuali che vengono retrocesse, sia per la comodità di utilizzo.

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Satispay, società italiana nata nel 2013, gestisce l’omonima applicazione per il pagamento digitale.

I lettori della Generazione Z o Centennials (persone nate dopo i Millennials, dal 1995 fino al 2012), che vivono in città metropolitane del Nord Italia, potrebbero pensare che è scontato che si paghi con i wallet digitali scaricati sul proprio smartphone, ma è apodittico che la realtà italiana è costellata da tante diversità, anche nel semplice utilizzo di un telefono per i pagamenti. La strada sembra ancora lunga e impervia, ma a partire dalle associazioni impegnate in prima linea sulla lotta al contante si possono mettere in campo i giocatori migliori per vincere la partita-salvezza per non retrocedere alla serie inferiore tra i paesi utilizzatori di strumenti di pagamento diversi dal contante.

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