Coronavirus, stop all’italiano medio: servono attenzione e responsabilità. Ciò che ci è mancato finora

«Finisco la peperonata e scendo!». Aldo Baglio recita l’iconica battuta del famoso film Tre uomini e una gamba, in onda in prima serata per allietare la quarantena da Coronavirus. Che, fino a poco prima di quella famosa scena, riguardava soltanto una parte della nazione. Il tam tam dei social fa il resto. C’era la volontà di distrarsi, ma Conte è su reti unificate. Dà la notizia che nessuno avrebbe voluto ascoltare. Una notizia certamente negativa, che però può dare stralci di positivo. Un provvedimento del genere, se seguito alla lettera, non potrà portare altro che una vittoria contro il Covid-19. Ma quel se, vista la propensione autodistruttiva degli italiani, resta grande quanto una casa. Anzi, quanto un (Bel) Paese.

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Neanche dopo un’ora dall’istituzione della zona rossa, la gente aveva già preso d’assalto tutti i supermercati aperti 24 ore su 24. L’unico gesto da non fare – creare assembramenti, ora vietati – era stato portato a termine con una velocità disarmante. Alla base anche un errore di comunicazione della conferenza, una leggerezza alla quale poi Palazzo Chigi ha dovuto mettere una pezza. Ancora una volta, però, il cittadino aveva già mostrato il suo lato più incomprensibile.

Le resse inconcepibili per una spesa che si potrà continuare a fare. Le solite polemiche social, persino in un frangente così delicato. Viene chiesto semplicemente di stare a casa e, invece, si scappa via eludendo il pericolo. L’italiano medio è una bestia strana: desidera l’uomo forte, il leader carismatico, ma sfugge alle regole più basilari. Rinnega l’accoglienza ma spera nell’aiuto dei “nemici” (che puntualmente arriva). Vuole disciplina e e abnegazione ma solo quando riguardano gli altri. Pretende rispetto che non sa dare. E vive di enormi contraddizioni, nei piccoli gesti e in quelli più grandi.

I più giovani se ne sbattono. Intervistati, si mostrano sorridenti e confidenti. Vogliono la movida, guardano al proprio orticello. Non fiutano il pericolo, non hanno visione d’insieme. Sfidano la fortuna con la sfacciataggine di chi non ci ha capito proprio nulla. E scambiano la loro salvezza per qualcosa da buttare, quando invece è un dono. “I virus sono democratici”, si dice. La prudenza non è mai troppa ma in Italia si preferisce sempre mettere una toppa dopo il dramma. E così è avvenuto anche questa volta, perché in tanti hanno fallito nel seguire poche e semplici indicazioni.

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L’analisi da fare sarebbe lunga e devastante, con radici costanti in un analfabetismo funzionale e comportamentale da stanare e combattere. Si ragiona di pancia e non con la testa, si pensa a sé stessi e non agli altri. Ma, nonostante questo, il popolo italiano resta forte, combattivo, anche generoso quando serve. Può e deve fare di meglio, in questa situazione. Adesso la cosa importante sarà agire con attenzione e responsabilità, qualità che indubbiamente finora sono mancate in maniera clamorosa.

Non sarebbe il tempo della polemica, certo. Sembra però anche essere arrivato il momento in cui bisogna fare pace con le proprie frustrazioni e prendere le decisioni migliori, nell’interesse di tutti. Mai come oggi patriottismo e amore per la propria terra sono inestimabili, quando non sfociano in ideali pericolosi, nocivi, di chiusura. Mai come in questo momento dobbiamo amare l’Italia. Così da poter amare noi stessi. Per evitare l’ennesima, demotivante autoflagellazione che – almeno per ora – serve solo ad aumentare i rimpianti di ciò che si poteva fare e che invece non si è fatto. Nel frattempo, ci siamo persi Tre uomini e una gamba. Speriamo a buona ragione.

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