Albania: demolito il Teatro Nazionale di Tirana, tra proteste e accuse di speculazione

Il 17 maggio 2019 all’alba è stato demolito il vecchio Teatro Nazionale di Tirana (Teatri Kombëtar). Si è consumato così l’ultimo atto di una vicenda che andava avanti dal luglio 2018, vale a dire da quando l’esecutivo di Edi Rama aveva fatto approvare una legge al parlamento per la demolizione del vecchio teatro, da sostituirsi con un avveniristico edificio progettato dallo studio danese BIG. Decisione che aveva mobilitato artisti, attori e società civile, riuniti nell’Alleanza per la protezione del teatro per ben ventisette mesi, in difesa del vecchio edificio del 1939.

La demolizione del Teatro Nazionale di Tirana del 17 maggio

Le ruspe hanno potuto affondare i loro denti d’acciaio nella struttura del teatro a partire dalle 4:30 di domenica. Non si è trattato di un vero e proprio fulmine a ciel sereno. Da diversi giorni gli attivisti si aspettavano infatti l’arrivo dei demolitori e hanno presidiato l’area fino alle quattro di mattina. Quando ormai sembrava che la loro presenza avesse scoraggiato l’ennesimo tentativo di sgombro e demolizione, e la piazza ha iniziato a svuotarsi, è arrivato inaspettatamente circa un migliaio di agenti.

La polizia ha circondato l’area, formando un cordone attorno alle ruspe e sgombrando gli ultimi attivisti rimasti a demolizione già avviata. Le proteste sono quindi continuate per tutta la giornata sul boulevard Dëshmorët e Kombit. Hanno portato al fermo di ventotto persone per opposizione a pubblico ufficiale e di trentasei per violazione delle misure anti-contagio da Covid-19. Il 20 maggio ci sono state nuove proteste per la liberazione dei trattenuti.

Il teatro della discordia nazionale

Il Teatri Kombëtar è stato oggetto del contendere tra Rama e gli attivisti dell’Alleanza per la protezione del teatro in virtù del suo valore come opera civile e architettonica, tale che il politecnico di Bari vi ha dedicato uno studio. Come molti altri edifici storici di Tirana, il teatro risale al periodo a cavallo dell’annessione italiana dell’Albania (12 aprile 1939). Già prima dell’invasione, architetti italiani stavano ridisegnando in chiave razionalista la capitale del Paese delle aquile.

Il padre del teatro è stato l’architetto Giulio Berté. Nel realizzare i due corpi simmetrici dell’edificio, allora pensato per ospitare il circolo culturale italo-albanese Skanderbeg, fu tuttavia costretto dalle politiche autarchiche del regime a ricorrere a materiali di bassa qualità per la costruzione – il cosiddetto populit, lastre prefabbricate di cemento e trucioli, propagandati illo tempore come frutto del genio italico. Sopravvissuto al cambio di regime con Enver Hoxha e ribattezzato Kinema Teater Kosova, il teatro del Berté è arrivato tuttavia all’appuntamento con il ventunesimo secolo in uno stato di conservazione assai precario.

 

I progetti di Edi Rama e le accuse di speculazione

La condizione strutturale recaria dell’edificio sarebbe per Edi Rama, già dal 1998, ragione sufficiente per una sua demolizione. Il premier albanese, già tre volte sindaco di Tirana (2000-2011), si è distinto nel corso degli anni proprio per le sue incisive iniziative urbanistiche. Al suo mandato come sindaco risalgono il nuovo piano regolatore della capitale, l’abbattimento di numerosi edifici abusivi e la decisione di ridipingere le facciate degli edifici di Tirana con colori sgargianti. Inoltre, sempre al suo mandato come sindaco di Tirana risale la demolizione del giardino ribassato di piazza Skanderbeg (edificato nel 1935 e demolito nel 2011; sempre del Berté). Alla sua premiership risale la demolizione dello stadio edificato dall’architetto italiano Gherardo Bosio (edificato nel 1941 e demolito nel 2017).

La vicenda del teatro nazionale si inserisce in un evidente disegno di rapida modernizzazione della capitale che lascia poco spazio a critiche e lunghe disamine. L’idea nel 2018 era quella di demolire il teatro, considerato da Rama del tutto irrecuperabile, concedendo il suolo pubblico a dei privati a prezzi vantaggiosi perché edificassero a proprie spese il complesso a papillon dei danesi BIG assieme a edifici privati. Una partnership pubblico-privata che aveva incontrato le perplessità del Fondo monetario internazionale circa la procedura – considerata non trasparente – e che aveva mandato su tutte le furie molti artisti e cittadini affezionati al vecchio teatro nazionale e contrari all’intervento di privati.

 

Il teatro nazionale di Tirana
Il Teatro Nazionale di Tirana. La scritta recita “monument kultur mbrohet nga populli” (monumento culturale protetto dal popolo). Foto: Wikipedia (Pasztilla aka Attila Terbócs).

 

Il governo forza la mano per uscire dallo stallo

Lo stallo è stato superato quest’anno con un passo indietro da parte delle istituzioni. Esse hanno dichiarato a febbraio che l’edificio sarebbe stato realizzato con fondi pubblici e senza l’intromissione di privati. L’apertura, accolta positivamente dall’Alleanza per la protezione del teatro, tuttavia si limitava alla questione puramente tecnica dei fondi e non prendeva in considerazione la possibilità di rinunciare alla demolizione del teatro nazionale.

Infatti, per portare avanti l’operazione, il governo di Edi Rama ha ceduto l’8 maggio la proprietà del teatro e del terreno su cui sorge al comune di Tirana – il cui sindaco è il collega di partito Erion Veliaj – attirandosi feroci critiche da parte dell’opposizione del partito democratico e delle associazioni, e spingendo il presidente della repubblica Meta a interrogare la corte costituzionale sulla liceità dell’operazione. Governo e comune non hanno tuttavia atteso il pronunciamento della corte. Hanno fatto intervenire la polizia per permettere di dare corso alla delibera per la demolizione presa in consiglio comunale.

Le reazioni

Se naturalmente Rama e Veliaj possono dirsi soddisfatti, la distruzione notturna del teatro in un periodo di emergenza sanitaria è un colpo di mano destinato ad alimentare tensioni in un Paese che appena un anno fa ha conosciuto una grave crisi istituzionale. Il partito democratico di Lulzim Basha ha chiamato i cittadini a protestare assieme all’Alleanza per la protezione del teatro contro «questo crimine macabro e violazione flagrante della costituzione e della legge, in una protesta non solo in difesa di cultura, arte e tradizione, ma anche contro la tirannia e la violazione della legge e dei diritti fondamentali dei cittadini».

Perplessità sull’operazione vengono avanzate dall’ambasciatore tedesco a Tirana, Peter Zingraf, che considera difficilmente giustificabili le modalità con cui è stata portata avanti la demolizione, in un momento in cui è necessaria quanta più trasparenza possibile tra governo e società civile. Dall’Italia invece arriva la denuncia di quattro architetti e docenti universitari italiani (Marco Petreschi, Anna Bruna Menghini, autrice del già citato studio del Politecnico di Bari, Nilda Valentin, Antonino Saggio). Condannano la distruzione avvenuta con prassi da regime e metodi mafiosi di un’«opera universalmente nota dell’eccellenza architettonica italiana, ammirata e pubblicata in moltissimi libri e riviste scientifiche».

Lamentano anche il silenzio stampa dell’ambasciata italiana di Tirana. Dure critiche a Tirana infine anche dal presidente del Partito Popolare Europeo Donald Tusk, che in un post su Facebook denuncia «la demolizione del teatro nazionale di Tirana, la quale va contro valori europei come la conservazione del patrimonio culturale, lo stato di diritto e il dialogo trasparente. L’intimidazione e l’uso della violenza contro protestanti, società civile, artisti e politici dell’opposizione è inaccettabile. Stato di diritto, media indipendenti e liberi e lotta contro la corruzione devono prevalere per la prospettiva europea dell’Albania».

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