La Corte Suprema USA calpesta il diritto all’aborto negli Stati Uniti

Così scopriamo, grazie a una sospetta e assurda fuga di notizie, che la Corte Suprema degli Stati Uniti starebbe per scrivere la sentenza con la quale revocherà Roe v. Wade, il precedente del 1973 che legalizzò l’aborto negli USA. È l’ultimo scoop del giornale online statunitense Politico, che ha pubblicato la bozza delle motivazioni preparata dal giudice conservatore Samuel Alito. «La conclusione inevitabile – si legge – è che il diritto all’aborto non è profondamente radicato nella storia e nelle tradizioni della nazione».

Il verdetto definitivo, atteso in verità su una controversa legge del Mississippi che vieterebbe l’interruzione di gravidanza dopo quindici settimane, potrebbe arrivare anche tra uno o due mesi, il che significa che se la stampa è entrata in possesso di un documento “segreto” all’interno della Corte c’è senz’altro un sabotatore: magari un assistente di uno dei justices. E proprio tra i togati ci sarebbe un voto non ancora del tutto convinto, forse quello di Brett Kavanaugh, nominato da Trump nel 2018.

Le ripercussioni di una sentenza di tale portata non sarebbero soltanto storiche, come lo è stato in passato per tutti i precedenti sulla segregazione razziale annullati con nuovi pronunciamenti, ma prima di tutto politiche, perché un attacco diretto della Suprema corte al diritto all’aborto, a pochi mesi dalle elezioni di metà mandato, creerebbe una guerra elettorale. A combatterla il Partito Repubblicano, il quale probabilmente si starà già sfregando le mani pregustando tutti i provvedimenti contro l’interruzione di gravidanza che farà approvare dalle assemblee statali, e il Partito Democratico, spostatosi su indirizzi più progressisti e meno ambigui di una volta (basti pensare al presidente Biden, cattolico praticante in polemica con i vescovi USA sull’eucaristia, col tempo diventato pro-choice).

Intendiamoci: gli USA non aboliranno completamente l’aborto. Diventerà, tuttavia, quasi impossibile richiederlo in alcuni Stati come il Texas e il Michigan (dove potrebbe essere reintrodotto un divieto risalente al 1931) e altri posti dove già adesso ottenere legalmente l’interruzione di gravidanza è un autentico miracolo, perfino laddove è stato commesso uno stupro. Non per forza roccaforti ultraconservatrici. E nonostante i cittadini americani siano prevalentemente di orientamento moderato e tendenzialmente favorevoli a una qualche forma di limitazione sull’aborto, i sondaggi non lasciano scampo: il 59 per cento degli statunitensi è contrario alla revoca della sentenza Roe v. Wade (dati Pew Research Center, 2021).

Qualora la Corte Suprema dovesse scegliere di non scegliere, conferendo così un’autorità assoluta ai singoli Stati, non solo si mostrerebbe fortemente impopolare di fronte agli occhi degli americani, ma contribuirebbe alla polarizzazione politica che divide in blocchi opposti il Paese. E a pagarne le spese non saranno gli attivisti democratici delle utopie progressiste in California o a New York, ma le donne meno abbienti che, se vorranno essere libere di fare una scelta sacrosanta, saranno obbligate a imbarcarsi in un viaggio della speranza, talvolta lungo anche migliaia di chilometri, distanze insostenibili. La nazione delle opportunità conquista così il primato di nazione delle inequità.

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