Bentornata inflazione

Tocca ammetterlo: è aumentato tutto. La benzina, il legno, il ferro, persino il pane. In Italia il carovita è ai massimi dal 1986. È tornata l’inflazione, flagello degli economisti, macigno sulla vita quotidiana delle persone comuni. È arrivata all’improvviso, esacerbata dalla guerra in Ucraina, ma non si tratta di un fenomeno monocausale.

A contribuire all’aumento dell’indice dei prezzi sono stati prima di tutto la pandemia, poi le conseguenti politiche economiche che hanno fatto surriscaldare l’economia mondiale (quella americana in particolare) e infine il conflitto tra Russia e Ucraina, che ha fermato i commerci e congelato la globalizzazione.

L’era di Mario Draghi è finita, se non a Palazzo Chigi, a Francoforte di sicuro. La Banca Centrale Europea, dove adesso siede il falco francese ex FMI, Lagarde, ha rivoluzionato le politiche monetarie europee con una semplice mossa: dal primo luglio il programma App (Asset Purchase Programme), che prevede l’acquisto in volume massiccio di titoli di Stato da parte della BCE, cesserà la sua missione iniziata nel 2014.

Questa notizia, già nell’aria da diversi mesi, ha fatto piombare i mercati finanziari europei nel caos e si inserisce in un contesto di scelte disperate, come quella della Fed negli Stati Uniti, costretta a rialzare i tassi di interesse dopo il mea culpa sulla durata della crisi inflazionistica, inizialmente ritenuta temporanea. In Italia, il governo si sta addossando spese straordinarie per non caricare le famiglie con bollette da capogiro, facendo passare in cavalleria tutta la portentosa retorica sui fondi del PNRR, per il momento a uso e consumo dei candidati alle comunali di quest’anno, che ne parlano come se fosse la panacea di tutti i mali della politica italiana dal 1992 a oggi.

Insomma, questo aumento dell’inflazione sta generando preoccupazione anche nei grandi consessi internazionali, ma quanto tempo servirà per poter tornare alla normalità? Fino a qualche mese fa normalità significava camminare in pubblico senza indossare la mascherina. Forse adesso siamo davvero tornati alla normalità, perché si tenta, in qualche modo, di affrontare temi seri, come il salario minimo e i diritti dei lavoratori, ma la nostra classe politica sa stupire per il suo livello di dialettica da quinta elementare. Ed è, ovviamente, prontissima a fare tabula rasa dei provvedimenti approvati in questa legislatura, per poi presentarne degli altri incoerenti con quanto fatto prima.

C’è infine un interrogativo che sta facendo scervellare fior di politologi: come si tradurrà questa frustrazione economica in consensi elettorali? Chi sarà avvantaggiato dal difficile periodo che stiamo vivendo e quali ricette propinerà per uscirne?

La soluzione, perlomeno in Italia, sarà la stessa del passato recente: la deresponsabilizzazione della politica. Soltanto che la prossima volta non ci sarà un altro padre della patria pronto a sacrificare una carriera esemplare come economista e uomo delle istituzioni per fare da sparring partner ai bisticci tra Conte e Salvini e tra Salvini e Letta. L’orizzonte è nero e non c’è niente o nessuno a illuminare il sentiero, perché la lezione che ci offre la storia è deprimente: dopo l’inflazione, il diluvio.

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