The Mandalorian, analisi e recensione della terza stagione – WiSerial

Con la messa in onda dell’ultima puntata di The Mandalorian arriva a conclusione una stagione “strana”. Sia ben chiaro, parliamo sempre di una bomba godibilissima piena di easter egg, citazioni e collegamenti con le altre opere (e non solo).

Tuttavia, la sensazione è che la serie stia cercando di cambiare pelle ed esplorare nuovi stili, al di là del western tipico del marchio. Il tentativo – molto evidente – è di rendere quanto più coeso possibile il mandoverse, l’insieme delle serie che si svolgono nei trent’anni tra Il ritorno dello Jedi e Il risveglio della forza: The Mandalorian, The Book Of Boba Fett e la serie che i fan aspettano con ansia, Ahsoka, in arrivo in estate, che fungerà da collegamento diretto con le serie animate Clone Wars e Rebels (senza escludere alcuni possibili legami anche con Resistance, con alcuni riferimenti mirati già presenti in questa stagione, e The Bad Batch).

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Sta di fatto che il franchise di Star Wars non è mai stato così coeso da quanto Disney ne ha preso la direzione. Siamo oggettivi: la trilogia sequel può piacere o non piacere ma dal punto di vista narrativo è un pasticcio, presa in mano da troppe persone che avevano idee diverse e che hanno reso disordinata la trama.

Dave “The Savior” Filoni

Sebbene la maggior parte degli episodi di The Mandalorian sia stata scritta da Jon Favreau il merito di questa inversione di tendenza è di Dave Filoni. L’unico ad aver saputo trattare il materiale di partenza con rispetto e inventiva, sempre tenendo in grande riguardo anche il materiale proveniente da altri media, come i videogiochi, i fumetti e i libri, anche quelli Legend.

Con tutto il rispetto per Favreau, la conoscenza di Filoni del mondo di Star Wars è smisurata e la sua passione traspare da ogni opera sulla quale a messo le mani. A differenza di J.J. Abrams e del suo reboot mascherato da sequel che è stato Il risveglio della forza, la cui trama è una riscrittura di Una nuova speranza. Dispiace per i fan della sequel trilogy, ma basta una lettura realista per rendersene conto.

Guarda caso, Filoni è l’unico tra gli showrunner della Lucasfilm a essere stato scelto da George Lucas quando ancora guidava l’azenda. Fatalità…

Analisi

La struttura di The Mandalorian

SPOILER Alert!!!

Come specificato in apertura, ci troviamo di fronte a una stagione diversa dalle altre due.

Viene mantenuta la classica struttura degli episodi quali quest che il protagonista deve superare per mandare avanti la trama orizzontale, ma questa volta ci sono importanti eccezioni. Pensiamo al terzo episodio, che ruota intorno alla figura del dottor Pershing. Questo spostamento del focus della trama dal protagonista ai personaggi secondari è ancora più evidente considerando i coprotagonisti.

La figura di Bo-Katan è infatti sempre più cruciale, il fulcro su cui cui girerà la storia dei mandaloriani da qui in avanti e quindi anche del mandaloriano per eccellenza, Din Djarin. Djarin che – ora sappiamo che questo è il nome e non il cognome – sembra aver raggiunto la sua personale idea di pace: sonnecchiare sotto una pergola mentre suo figlio gioca in giardino.

Non più un solo stile

The Mandalorian è sempre stato un western, tuttavia con questa stagione si sperimentano stili e generi diversi. È evidente – di nuovo – nel terzo episodio, quello sul dottor Pershing, nel quale sembra di assistere a una puntata di Andor. Stesso feeling, stessa oppressiva burocrazia tanto che, per citare Elia Kane, «hanno solo tolto le ruote dentate». L’episodio in sé ha diviso i fan, tra chi l’ha amato come ha amato Andor e chi per gli stessi motivi non l’ha apprezzato.

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Nello stesso episodio viene raccontato il Progetto Amnistia, che molto ricorda l’operazione Paperclip, con la quale il fior fiore degli scienziati nazisti venne “importato” in America dopo la seconda guerra mondiale. Il dottor Pershing, da questo punto di vista, appare come una sorta di Wernher von Braun. Come lui, che dopo aver creato i razzi V2 che seminarono morte in Inghilterra fu cruciale per progettare i Saturn che portarono l’uomo sulla Luna, anche Pershing sperava di poter mettere al servizio del bene comune le sue ricerche, al punto di cadere nella trappola tesa da Elia Kane e farsi friggere la memoria (non senza dire «It’s a trap!» a un mon calamari, evidente citazione dell’ammiraglio Ackbar da Il ritorno dello Jedi).

Per non parlare dell’episodio stile CSI: Plazir-15, un poliziesco fatto e finito, con tanto di strisce gialle a delimitare le scene del crimine, di interrogatori e di Mando e Bo-Katan che fanno poliziotto buono e poliziotto cattivo. Piccolo inciso: quante probabilità c’erano che due serie “rivali” come Star Wars: The Mandalorian e Star Trek: Picard citassero la parola greca Nepenthe a due giorni di distanza l’una dall’altra? Infinitesimali, eppure è successo.

Il caso dei filler

In entrambi i casi si tratta di episodi più distensivi, da molti chiamati, con un po’ di malizia, filler. Si tratta di una caratteristica comune dei prodotti curati da Dave Filoni, presente anche nelle serie animate. In realtà sono episodi che hanno la funzione di spezzare il ritmo, riordinare le idee nello spettatore, pompare la lore e fare character e world building.

È proprio negli episodi filler di The Mandalorian che vediamo come la Nuova Repubblica sia un moloch di burocrazia inefficace nel dare risposte ai cittadini e ai problemi che le si pongono davanti. Come, ad esempio, essere in grado di garantire la sicurezza della galassia decommissionando al contempo la marina imperiale, rimanendo per questo sguarnita al successivo arrivo del Primo Ordine. Nello stesso episodio viene anche costruito il personaggio di Elia Kane, che sarà importante in seguito (e che con ogni probabilità rivedremo in futuro).

Su Plazir-15 invece si lavora sul legame tra Djarin e Bo-Katan, tanto che in alcuni frangenti sembra addirittura di percepire una sorta di scintilla tra i due, che dà ancora più senso a quanto accade nel finale: Djarin, Bo-Katan e Grogu che, come una sorta di famiglia non tradizionale, combattono insieme contro Gideon, si difendono l’un l’altra e si stringono tra loro durante l’esplosione della base, momento che ricorda fin troppo il sacrificio di Kanan Jarrus in Rebels. A tal proposito, da notare la riproposizione del tema musicale della redenzione di Kylo Ren nel momento in cui Grogu salva la sua “famiglia”, una scelta che non può essere casuale. Ad ogni modo, è un flirt sottile quello tra Djarin e Bo-Katan, appena accennato, ma che una volta notato è impossibile non vedere.

Impossibile anche non notare le citazioni da Blade Runner 2049 nell’episodio su Plazir-15, richiamato nella città in versione notturna (mentre Coruscant di notte appare molto più simile alla Los Angeles del Blade Runner del 1982).

E poi, come non amare un Jack Black in versione cappellaio matto, con un nome epico come Bombardier?

I droidi e l’etica

Sempre nello stesso episodio è possibile notare una citazione dalla vita reale, quando Djarin prende a calci i droidi nella stessa maniera nella quale vengono presi a calci quelli della Boston Dynamics nei video divenuti virali.

C’è da notare un’incongruenza: il droide fuggiasco sembra avere un’agilità inedita, molto diversa dagli altri droidi dello stesso modello già visti nel franchise.

È affascinante notare come in questo filler venga mostrato il mondo dal punto di vista dei droidi. Hanno una socialità, hanno dei bar, si incontrano e hanno dei bisogni pari a quelli di un qualsiasi altro essere senziente e organico, il che dovrebbe anche porre dei dilemmi etici. Tema attualissimo nel mondo reale, dove le intelligenze artificiali sono la novità del momento.

A tal proposito, il timore che i droidi hanno di essere decommissionati (un eufemismo per non dire “ammazzati”) fa capire che da parte loro c’è la percezione di essere sottoposti a una sorta di schiavitù, tenuti in in vita solo finché ritenuti utili. Un concetto antietico, per certi versi paragonabile a quello con cui i nazisti selezionavano i prigionieri nei lager.

The Mandalorian e i bestioni

Il marchio di fabbrica di The Mandalorian comunque è ben evidente. Si tratta pur sempre della serie di punta della Lucasfilm e il family feeling non può essere tradito. Pensiamo ad esempio al ruolo delle grandi creature che nel corso della storia Mando deve affrontare, o con cui deve entrare in contatto.

Si tratta di un topos che fa da filo conduttore della serie fin dai primi episodi, e anche in questa stagione è presente in maniera massiccia: il mega coccodrillo del prologo, i purgill (le creature che vede Grogu nell’iperspazio, enorme collegamento con Rebels e Ahsoka), il mega dinosauro-rapace che rapisce Ragnar Vizsla, il mitosauro, l’altra bestia non meglio identificata che distrugge la barca dei mandaloriani sopravvissuti alla purga.

Non mancano però anche esseri più piccoli e altrettanto insidiosi. Pensiamo alla creatura cyborg con un’occhio solo che riesce a catturare Djarin su Mandalore (e a sottrargli la dark saber, cosa che poi permette a Bo-Katan di accettarla secondo le usanze mandaloriane). Dalle movenze paragonabili e quelle del Generale Grievous, secondo una teoria che circola si sarebbe trattato di un dianoga, una creatura dotata di un occhio solo e della stessa specie di quella che assalì Luke Skywalker nel compattatore di rifiuti della Morte Nera. Si tratta infatti di esseri senzienti e alcuni, addirittura, sarebbero sensibili alla forza.

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«Non sono razzista ma…»

In The Mandalorian non può mancare un tipo particolare di feccia, i pirati. Posto che tutti i fan delle serie animate stanno aspettando con ansia il potenziale ritorno del mitico pirata Hondo Ohnaka, in questa stagione Mando si trova ad affrontare il capitano Gorian Shard. Qui ci troviamo davanti a una citazione per pochi, soprattutto millennial e generazione X: Shard non è altro che la versione “vegana” del celeberrimo pirata zombie LeChuck, l’antagonista della serie di videogiochi di Lucasarts (no, non chiamatela Lucasfilm Games), Monkey Island. Azzardiamo una possibile teoria: Shard potrebbe tornare per cercare vendetta, dopotutto la cenere è un ottimo fertilizzante per gli zomb… ehm, vegetali.

Il ruolo di Shard nell’economia di The Mandalorian è un collegamento abbastanza diretto con ciò che avverrà dopo alcuni anni nella serie Resistance. Lì si rende evidente il modo nel quale il Primo Ordine riesce a ottenere il controllo di un numero sempre maggiore di pianeti: prima si accorda con pirati e farabutti per scatenare devastazione, e poi si offre di fornire loro protezione. Matteo Messina Denaro sarebbe fiero di Palpatine (e anche della sua capacità di sparire in latitanza), ma è improbabile che al 41-bis abbia Disney+.

La ciurma di Shard è composta da tutte quelle specie che nel franchise interpretano spesso la parte dei personaggi negativi: quarren, weequay, klatooniani e compagnia bella. Da questo punto di vista le serie portate avanti da Dave Filoni sono coerenti: gli alieni di queste specie hanno quasi sempre ruoli da scagnozzo del villain di turno ma le eccezioni sono sempre presenti. Come il già citato Hondo Ohnaka e, in questa stagione, la storia d’amore tra una quarren e un mon calamari mostrata nel prologo del sesto episodio, un esempio attualissimo di amore interraziale.

Star Wars è anche videogiochi

Quando alla guida del franchise c’era George Lucas c’erano i film a dettare il canone, mentre tutto il resto era spostato su media diversi: libri, fumetti e, soprattutto, videogiochi.

Un’intera generazione è cresciuta sui videogiochi di Star Wars ed è evidente che Dave Filoni ne fa parte. Le citazioni in The Mandalorian sono innumerevoli, soprattutto negli episodi diretti da Rick Famuyiwa (che sono quelli migliori).

Cockpit di un X-wing in X-wing Alliance.

Molte scene POV sono in stile sparatutto, bellissima in particolare quella nell’ultimo episodio nella quale si vede la feritoia del casco di Djarin; abbondano le inquadrature dall’interno della cabina di pilotaggio dal punto di vista del pilota, come su X-Wing Alliance (quanto ci manchi!), così come abbondano i suoni di allarme e le strumentazioni dei caccia presi pari pari dallo stesso videogioco, o le formazioni di attacco dei caccia TIE (già con cabina interna in rosso “Primo Ordine”); Djarin, che come nei videogiochi aggiorna il proprio equipaggiamento prendendolo dai nemici sconfitti (jetpack e armi, ad esempio); le vibrolame (con una resa meravigliosa) brandite dai mandaloriani e prese pari pari da Knights Of The Old Republic.

La costruzione dei personaggi

In questa stagione la costruzione dei personaggi viene ultimata, con importanti rivleazioni.

Din Djarin completa il suo percorso. In una scena molto commovente adotta Grogu quale suo figlio, andando a saldare in via definitiva questo legame. Djarin impara ad amare, a fidarsi ed è esemplificativo di questo quel «THIS is the way» durante la scena del battesimo nelle acque viventi.

Lo fa con Grogu, ma lo fa anche con i droidi: IG-11, che cerca in tutti i modi di resuscitare in quanto suo amico, e R-5 che chiama in continuazione «buddy» e di cui si fida come di un organico.

Niente più dubbi per Grogu: non è più un padawan Jedi ma un apprendista mandaloriano. Tuttavia Grogu rappresenta un legame tra i due culti, come Tarre Viszla prima di lui. È mandaloriano, ma non rinuncia a usare la forza.

Questo sincretismo si estende anche alla filosofia. In tal senso sono emblematiche le parole di Djarin quando Grogu, a differenza degli altri mandaloriani, separa la zuffa tra Paz Vizsla e Axe Woves: «Non l’ha imparato da me». Perché Grogu ha avuto due maestri, lui e Luke Skywalker, e si vede.

Il futuro di The Mandalorian

Il destino della dark saber, danneggiata da Gideon, apre a un possibile scenario: il cristallo kyber al suo interno potrebbe essere ancora integro, il che darebbe la possibilità a Grogu di recuperarlo per costruire una nuova darksaber, questa volta adatta alla sua piccola mano. In tal senso, la presenza confermata del professor Huyang in Ahsoka potrebbe aprire a una possibilità di questo genere, in quanto Huyang era il droide che aiutava i padawan nella costruzione della loro prima spada laser in The Clone Wars.

La sensazione è che si siano già gettate le fondamenta del futuro dei mandaloriani, incarnato in Grogu ma anche in Ragnar Vizsla, il figlio di Paz Vizsla, che ha fin troppo screen time per essere un personaggio usa e getta, senza contare l’eroico destino del padre. Non è un caso che sia al centro di numerose scene: il rapimento del mostro, il primo duello di Grogu, i due battesimi.

Riguardo a Ragnar c’è un’altra cosa da evidenziare. Nel primo episodio viene interrotto nel momento in cui dovrebbe giurare di non levare mai l’elmo, e anche nell’ultimo episodio la formula che pronuncia non prevede quest’obbligo. O si tratta di un errore di scrittura o, cosa più probabile, è un’omissione voluta e quindi con una motivazione ancora da decifrare.

Bo-Katan e l’Armaiola

Bo-Katan smette la riluttanza e il senso di colpa che la contraddistinguevano e accetta il suo destino: guidare i mandaloriani, di nuovo. Un ruolo perfetto per lei, considerando il vissuto del personaggio. Militò con la ronda della morte, ma fu capace anche di cambiare idea rappresentando l’unica persona in grado di unire le divise fazioni mandaloriane.

A vedere più lungo di tutti, sotto questo aspetto, è l’Armaiola. Un personaggio meraviglioso, costruito in maniera volutamente opaca (basti pensare alle corna sull’elmo come i mandaloriani seguaci di Darth Maul) e interpretato in maniera magistrale da Emily Swallow, che ha saputo darle una parlata così sorniona da renderne incomprensibili i fini.

Ne è la dimostrazione il penultimo episodio intitolato Le spie, con la maggioranza dei fan che avevamo individuato in lei la traditrice. Invece no, lei è la chiave di tutto, colei che è stata capace di fare un passo indietro sulla sua persona, sul suo ruolo e sul suo credo per il bene comune, che è stata capace di dare a Bo-Katan la fiducia in sé stessa che le mancava. Lei è, in ultima istanza, il personaggio che ha davvero unito i mandaloriani. O, forse, è una messinscena e fa tutto parte di un piano più ampio.

Va comunque sottolineato che, fin dal regno della sorella di Bo-Katan Satine, la parte migliore di Mandalore è sempre stata quella guidata da una donna, e ora sono ben due a essere le fautrici della sua rifondazione.

Moff Gideon

Il grande nemico di Mando torna questa volta più forte e determinato. Per citare di nuovo il franchise concorrente Star Trek, Gideon ricorda per certi versi i Borg: acquisisce tecniche e capacità di qualsiasi cosa gli capiti a tiro.

Gideon di fatto riesce dove Palpatine aveva fallito: acquisire le conoscenze dei kaminoani per creare dei cloni force user, ma con una grande differenza quanto al fine. Se lo scopo di Palpatine è quello di rendere sé stesso immortale, quello di Gideon è di creare un esercito di suoi cloni per metà mandaloriani e per metà jedi, riunendo così le qualità di entrambi i migliori combattenti della galassia. Nessun progetto quanto a Snoke quindi, come azzardato da molti fan. In tal senso, si fa più probabile che esso veda la luce dal progetto Necromancer di Hux.

Riguardo a Gideon è poi presente un potenziale buco di trama: se l’atmosfera di Mandalore impedisce qualsiasi tipo di comunicazione tra la superficie è l’esterno, come faceva Gideon a ricevere e trasmettere il segnale durante il consiglio ombra?

Il finale di The Mandalorian

Il finale è dolce, soddisfacente come una coperta calda. Djarin trova la sua dimensione, Grogu una famiglia, Bo-Katan uno scopo, i mandaloriani una patria. Tutto sembra incastrarsi per il meglio ma nessuno può dare per certa la morte di Moff Gideon: basta un nome – Darth Maul – per dimostrare che in Star Wars non si può chiamare la morte di nessuno finché non si vede il cadavere.

Rimane il fatto che per comprendere appieno la serie ormai c’è una condizione necessaria che Disney sembra imporre in tutti i suoi franchise, ovvero vederne tutti i prodotti. Già il primo episodio risulta incomprensibile a chi non ha visto The Book Of Boba Fett: la seconda stagione termina con Grogu insieme a Luke, mentre la terza comincia con Grogu al fianco di Djarin, ripudiato dalla sua gente. In mezzo ci sono due interi episodi di The Mandalorian infilati a forza dentro la serie su Boba Fett.

Allo stesso modo le serie animate diventano mano a mano sempre più importanti, e lo saranno sempre di più nella prossima serie, Ahsoka, personaggio ideato e cresciuto proprio su The Clone Wars e Rebels. Già in questa stagione assistiamo al cameo di Zeb (reso con una eccellente Cgi) e la citazione del grand’ammiraglio Thrawn.

In conclusione

In sintesi, si tratta di una stagione dove il livello qualitativo è davvero elevato. La parte tecnica è al top: regia, fotografia, effetti speciali sono a livello cinematografico, se non addirittura migliori degli ultimi lungometraggi del franchise. La colonna sonora presa di per sé è di ottimo livello, ma si percepisce una minor originalità dovuta alla mancanza di Ludwig Göransson.

Il cast, sebbene in buona parte coperto da un elmo, è azzeccato. Pedro Pascal, novello Favino di Hollywood (ormai tutti i ruoli sono suoi), è sempre una garanzia, così come il villain Giancarlo Esposito, forse in questa stagione più sul pezzo che nelle altre.

Le ambientazioni sono azzeccatissime. Molto evocativa, ad esempio, la scena al tramonto nella quale il Gauntlet insegue il mostro che ha rapito Ragnar, che rimanda alle atmosfere di Bespin. Stupenda anche la base Adelphi, che ricorda le basi americane nei film sul Vietnam. La vetrificazione della superficie di Mandalore poi è una chicca, che apre al risveglio della vegetazione autoctona – prima assente – nelle grotte, ora divenute delle serre naturali.

La sensazione è però che la stagione si sia chiusa troppo in fretta, quasi per un cambio di piani in corsa. Questo è forse dovuto al film diretto da Dave Filoni e annunciato da pochi giorni, che fungerà da evento conclusivo del mandoverse.

Questa, quindi, non è la fine del percorso di Din Djarin e Grogu.

Pagelle

Regia

Il livello è molto elevato in tutti gli episodi, soprattutto nelle scene d’azione e di combattimento aereo. I vari registi che si avvicendano mettono in risalto le proprie caratteristiche. Ad esempio Bryce Dallas Howard, che si occupa di uno degli episodi più tranquilli a livello di azione (quello su Plazir-15) usa la sua capacità di scavare nei personaggi, che viene fuori bene. Tuttavia, uno su tutti brilla di più: Rick Famuyiwa, che firma gli episodi migliori della stagione.

La fotografia è sempre di eccellente livello, con alcune inquadrature già citate nell’analisi che sono davvero ben realizzate. Anche la gestione dei colori nelle varie location è sempre coerente e capace di dare una firma cromatica subito riconoscibile dallo spettatore.

Voto: 8,5

Sceneggiatura

La serie è scritta bene, su questo Favreu è una garanzia. La mano di Filoni nel legare il mandoverse è però evidente, si sa che è lui la mente dietro tutte le connessioni tra le serie, animate e non.

I personaggi sono delineati con molta cura, consistenti, e guidati con coerenza nella loro evoluzione. Spiccano in questo Bo-Katan e l’Armaiola, due tra i personaggi dal percorso più interessante. La qualità generale della trama, però, è inferiore ad Andor.

La scrittura si perde un po’ sul finale, con una chiusura sì efficace ma al contempo frettolosa, che lascia aperte troppe linee narrative secondarie pur di chiudere quelle principali.

Voto: 8,5

Colonna sonora

È un gran peccato che Ludwig Göransson non sia più il compositore della colonna sonora. Per fortuna rimangono le musiche che aveva già scritto, ma spesso vengono rimaneggiate in maniera meno efficace.

I temi originali hanno rese altalenanti. La fanfara che fa da tema per Coruscant, ad esempio, è piuttosto insipida. Di converso, il tema di Mandalore è molto accattivante. Bello anche l’accompagnamento del combattimento finale, che nelle scene con Gideon in armatura riprende dei campionamenti della dark trooper theme della scorsa stagione.

In generale è una buona colonna sonora ma che vive di rendita del lavoro di Göransson e scivola su alcuni tra i nuovi componimenti.

Voto: 7,5

Effetti speciali e costumi

Siamo a livelli cinematografici. La Cgi è fatta da dio, così come gli effetti pratici. Bella la scelta di mantenere Grogu un pupazzo anche nelle scene d’azione: si vede, fa anche un po’ ridere, ma è una scelta tanto coraggiosa quanto coerente.

Ottimi anche i costumi, che devono aver richiesto un impegno considerevole se consideriamo la quantità di armature realizzate tra mandaloriani e imperiali. Quanto a originalità, tuttavia, i costumi di Andor stanno una spanna sopra.

Voto: 9

Cast

Pedro Pascal: Din Djarin

Una voce inconfondibile, così come le movenze. In questa stagione non lo vediamo in viso, eppure porta a casa sempre un’ottima prestazione.

Voto: 8,5

Katee Sackhoff: Bo-Katan Kryze

In questa stagione entra nel cast principale e diventa la coprotagonista, in alcuni episodi mettendo in ombra anche Djarin. Brava è brava, sa gestire la voce in maniera magistrale da ottima doppiatrice qual è. In alcune scene, tuttavia, tiene sul viso uno strano sguardo a metà strada tra il seccato e il sorridente, che mal si sposano con il momento.

Ci sono margini di miglioramento.

Voto: 8

Giancarlo Esposito: Moff Gideon

Che gli vuoi dire, i villain sono il suo pane quotidiano. Il suo Gideon è un ossimoro, tanto caldo nell’interpretazione quando gelido nell’agire. Ma questa, dopotutto, è la firma stilistica di Esposito. Avercene, di cattivi così.

Voto: 9

Emily Swallow: l’Armaiola

Non aveva un ruolo facile. Fin dalla prima stagione costruisce un personaggio ambiguo, che non si capisce bene se ci è o ci fa. Lo fa con un’interpretazione vocale da urlo e un fare sornione, che ti fa cambiare idea sul suo conto di continuo.

Bravissima.

Voto: 9

Voto al cast, ponderato in base al minutaggio: 8,5

Pro

  • Livello tecnico altissimo
  • Numerose connessioni con gli altri prodotti del franchise
  • Scene d’azione e di combattimento aereo da urlo

Contro

  • Colonna sonora inferiore alle precedenti stagioni
  • Finale frettoloso
  • È necessario aver visto anche altri prodotti del franchise

Voto globale: 8,5

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