Se usufruisci della Legge 104 e il tuo datore di lavoro ti ha proposto un trasferimento, ecco quali sono i tuoi diritti e i tuoi doveri
Con la Legge 104 del 1992, in modo specifico con l’articolo 3, comma 1, si tutelano tutte le persone che hanno un handicap per quanto riguarda il loro diritto al lavoro. Una distinzione importante, però, è quella tra handicap ed handicap con gravità: in merito a tale distinzione, si ha diritto o meno a specifiche agevolazioni lavorative e fiscali, anche relative al trasferimento.
Innanzitutto, è bene specificare cosa si intende per trasferimento: quando un’azienda ha molte sedi, è frequente che abbia bisogno di organico in una o in un’altra delle sue agenzie. Per sopperire a queste necessità, al posto di formare ed assumere sempre persone nuove, sposta i propri dipendenti a seconda del bisogno.
Questo, però, per i lavoratori titolari della Legge 104 e quindi con un handicap potrebbe essere molto impegnativo, se non impossibile. Vediamo quindi se possono rifiutarsi di accettare o se sono obbligati a farlo.
Come abbiamo anticipato, in merito alla possibilità di rifiutare un trasferimento, tutto sta nella distinzione tra handicap con gravità e handicap senza gravità. Secondo la Legge 104, articolo 3, comma 3, infatti, non tutti i titolari di questa legge hanno il diritto a rifiutare il trasferimento, ma solo quelli che si trovano in una situazione di gravità. In realtà, però, di recente questa legge ha subito una modifica, in seguito ad una sentenza della Cassazione datata 10 maggio 2023.
La sentenza numero 12649, infatti, ha rimosso le differenze relative al diritto di rifiutare trasferimenti in altre sedi e di lavorare in orari notturni. Questa ha confermato che una persona con disabilità ha sempre e comunque il diritto all’assistenza, a prescindere dal proprio grado di gravità. La sentenza è giunta a conclusione di un iter relativo a un lavoratore caregiver, assistente di un familiare che usufruiva della Legge 104.
A tale lavoratore era stato proposto di effettuare turni notturni, che lui aveva rifiutato a causa della sua posizione da caregiver. La Corte D’Appello aveva accolto il suo ricorso, confermato quindi anche dalla Cassazione, la quale ha anche esteso questa sentenza al diritto di rifiutare trasferimenti. In realtà, però, c’è un ma: il rifiuto al trasferimento non deve creare alcun problema all’azienda, quindi non è un diritto assoluto e incondizionato, ma da calare in ogni precisa situazione.
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