Topolino, celebrità fuori luogo del fascismo

La storia è ricca di aneddoti e fatti strani, che possono lasciare perplessi o stupiti. Un pezzo di storia popolare della prima parte del novecento italiano unisce due protagonisti improbabili da leggere nella stessa frase, come Topolino e il fascismo. Eppure, a differenza di altri fumetti importati dall’estero, il topo creato da Walt Disney riuscì a scampare alla censura del MinCulPop fino al febbraio del 1942, sopravvivendo perfino alla dichiarazione di guerra dell’Italia agli Stati Uniti del dicembre 1941.

Censureremo tutto, eccetto Topolino!

Il fumetto in Italia era diffuso su ampia scala nazionale già dagli anni dieci, con Bilbobul e il Signor Bonaventura pubblicati dal Corriere dei Piccoli, supplemento domenicale del Corriere della Sera che ospitò anche personaggi dei primi fumetti statunitensi, ma ribattezzati con nomi italiani (come Felix the Cat, che divenne Mio Mao, e Jiggs and Maggie che divennero Arcibaldo e Petronilla). E, come già avveniva per il Signor Bonaventura, le storie americane vennero “italianizzate” rimuovendo i balloons e sostituendo le frasi dei personaggi con i versi in rima baciata collocati ai piedi delle vignette. E fu in questa veste che esordì Topolino nel marzo 1930, sul settimanale Illustrazione del Popolo, con Le avventure di Topolino nella Giungla.

Topolino fascismo
La prima storica striscia di esordio di Topolino in Italia del marzo 1930. Foto: Fondazione Franco Fossati

Già nel numero successivo del settimanale la striscia di Topolino fu pubblicata con le nuvolette, traducendo con uno scomodo corsivo le frasi del personaggio più famoso creato da Walt Disney, e nel giro di pochi mesi, a luglio, fu pubblicata una delle storie più famose avente come protagonista il topo, ovvero Topolino emulo di Lindbergh: avventure aviatorie. Dopo una breve parentesi nel 1931 sulle pagine de Il popolo di Roma, nel 1932 il topo suscitò l’interesse dell’editore fiorentino Giuseppe Nerbini, che lanciò una testata totalmente dedicata al personaggio disneyano, anticipando di un mese la pubblicazione americana del Mickey Mouse Magazine. La direzione del settimanale fu affidata a Paolo Lorenzini, conosciuto con lo pseudonimo di Collodi Nipote, essendo per l’appunto nipote di Carlo Lorenzini, l’autore del celeberrimo Pinocchio. Nerbini, visto il successo della testata da lui lanciata, acquistò dal King Features Syndacate i diritti di altri personaggi avventurosi americani, Flash Gordon su tutti, progettandone la pubblicazione in una nuova rivista, l’Avventuroso. E il grande successo di quest’ultima testata di Nerbini fece gola ad Arnoldo Mondadori, che si convinse delle potenzialità editoriali ed economiche del fumetto, decidendo quindi di puntare all’esclusiva su tutta la produzione disneyana in Italia. Con il numero 137 dell’agosto 1935 Topolino passa quindi sotto la gestione Mondadori, spaziando dalle storie d’importazione a quelle di autori italiani, ospitando adattamenti a fumetti dei romanzi di Salgari e storie di fantascienza, come Saturnino Farandola di Pier Lorenzo De Vita, padre di Massimo De Vita, anch’esso celebre autore di fumetti. La situazione per i fumetti italiani diventò estremamente complessa in seguito al 1938, quando il regime fascista impose l’embargo sul materiale di produzione estero, sia per le storie importate, sia per le storie ispirate a personaggi non italiani. A queste disposizioni restrittive però, riuscì a scampare Topolino. Sulla salvezza della testata acquistata da Arnoldo Mondadori pochi anni prima si sono sprecati articoli e supposizioni di svariata natura, di cui una, dal sapore romantico e nostalgico, voleva che Topolino fosse stato risparmiato dal Duce in persona per compiacere i figli Romano e Anna Maria, ferventi lettori di fumetti. Questa tesi fu smontata proprio da Romano stesso nel 1996, e fu ridimensionata da ulteriori studi, contenuti nel saggio Eccetto Topolino (2012, NPE). Nessun intervento personale del Duce, bensì una percezione, all’interno del MinCulPop, della scarsissima rilevanza politica nelle avventure di Topolino. Che continuò le pubblicazioni anche in virtù degli accordi economici tra William Randolph Hearst, capo del King Feature Syndacate, che deteneva i diritti sull’esportazione delle storie Disney pubblicate sui quotidiani americani, e di Arnoldo Mondadori, che pubblicava le storie in Italia.

Topolino fascismo
Arnoldo Mondadori nel 1932, Foto Wikipedia

Mondadori occupava una posizione di rilievo nell’Italia degli anni trenta, ed era ben visto dal regime grazie alle numerose pubblicazioni per quest’ultimo, dai volantini che annunciavano la marcia su Roma ai libri di Stato per le scuole elementari. Fu grazie a queste iniziative editoriali che Arnoldo riuscì a pubblicare anche opere di autori italiani e stranieri contrari al regime, ottenendo degli spazi di libertà in cui vi stazionava anche Topolino, che sfuggiva alle politiche censorie della dittatura. Tuttavia la testata pagò la libertà di pubblicazione delle storie importate dagli USA con una rubrica chiamata Ultime notizie, che fece la sua apparizione proprio nel 1938 ed era composta da quattro strisce d’attualità scritte e disegnate per un solo scopo: quello propagandistico, esaltando l’autarchia del fascismo o omaggiando la figura del Duce. Così facendo, la testata Topolino riuscì ad arrivare fino a febbraio 1942. Già nel marzo 1941 il MinCulPop aveva deciso di porre fine all’eccezione e di voler sopprimere il fumetto pubblicato da Mondadori, che per contro si mosse in difesa della testata, tessendo lodi per Walt Disney e rivendicando l’origine italiana di molte storie del personaggio disneyano, chiedendo e ottenendo di poter continuare la pubblicazione di Topolino fino alla fine del 1941, per poter utilizzare il materiale acquistato dal King Feature Syndacate e riuscire a pubblicarlo. L’editore riuscì a prendere tempo, ma alla fine, con il numero 477 del 3 febbraio 1942, la censura pose fine alla storia editoriale del personaggio disneyano, che con la puntata conclusiva di Topolino e l’illusionista salutò i lettori a tempo indeterminato. Senza più personaggi disneyani, Mondadori si affidò a Pier Lorenzo De Vita che disegnò Tuffolino, un ragazzo molto simile a Topolino, accompagnato da un cast di personaggi come Bimbo e Mimma, corrispettivi di Gambadilegno e Minni. Questo espediente ebbe vita poco fortunata, complici anche gli eventi bellici nella penisola. La testata fu in seguito soppressa con il numero 564 del 21 dicembre 1943, per fare il suo ritorno nel dicembre del 1945 e concludere la sua storia editoriale quattro anni più tardi, con l’arrivo del famoso formato “libretto”, lo stesso che tutt’ora caratterizza la testata oggi edita da Panini, che continua a portare Topolino nelle edicole e fumetterie.

Topolino in Abissinia, successo della propaganda

Topolino fascismo
Interno della raccolta di dischi propagandistici pubblicata negli anni trenta aventi come protagonista Topolino. Foto liveauctioneers.com

È innegabile che la propaganda abbia avuto un ruolo fondamentale durante il ventennio, cercando di dare un’immagine splendida della nazione al popolo, confidando che non si facesse troppe domande sull’effettiva capacità bellica ed economica del Regno d’Italia. Propaganda che oltre a passare per le pubblicazioni (inserendo rubriche e vignette propagandistiche) e la cinematografia, con film antibritannici come Il Re d’Inghilterra non paga (1941), il regime diffuse facendo sentire la propria presenza anche nella musica. E oltre alle arcinote Faccetta Nera e Giovinezza, Topolino in Abissinia di Ferdinando Crivelli (che fu autore anche di Topolino Balilla e Topolino Soldato) racconta di Topolino che, armato di tutto punto, si reca volontario al comando in Africa Orientale, pronto a menar le mani con «spada, fucile, mitragliatrice e gas asfissiante». Quello stesso gas per lungo tempo taciuto, veniva candidamente svelato in una canzone popolare che riscosse successo tra adulti e bambini. Un vero e proprio successo della propaganda fascista, che usò a proprio piacimento un personaggio iconico che tutt’oggi è nell’immaginario collettivo per ben altri meriti, certo non per essere stato un eroe di quel fascismo che nell’ipocrisia dettata dall’ignoranza lo censurò nel 1942. Topolino sopravvisse al regime per tornare a raccontare le proprie storie di avventura e non solo nel 1945, dando così inizio alla scuola italiana della Disney, che attraverso generazioni di autori ha raccontato, in forma parodistica e non, i vizi e virtù dal boom economico ai giorni nostri, senza preoccuparsi della censura e del dover cambiare, da un giorno all’altro, i nomi e le fattezze dei propri personaggi nati all’estero.

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