Remake e remastered : il pubblico videogiocatore mondiale ha notato come negli ultimi anni siano diventati un leitmotiv dell’industria. Anche per questo 2019 ne sono in uscita un bel po’, dei quali il primo cronologicamente parlando non sarà un nome qualsiasi: Resident Evil 2, di cui è stata rilasciata da pochi giorni una demo one-shot di 30 minuti. C’è chi veste i panni della cassandra e lamenta un serbatoio delle idee ormai vuoto; c’è chi invece ripete che il fenomeno non sia altro che una speculazione massiccia sull’effetto nostalgia per attecchire sul mercato dei videogiocatori meno giovani. In realtà questa tipologia di prodotti sono molto utili per la salute dell’industria, purché non se ne abusi e si utilizzino politiche di vendita congrue.
Questione d’abitudine
Innanzitutto va sfatato un mito: queste tipologie di prodotti esistono da decenni e non sono una peculiarità solo degli ultimi anni. Già dagli anni Settanta e Ottanta ad esempio, durante la transizione dalla tecnologia a transistor a quella con microprocessore, molti videogiochi da sala dell’epoca furono più volte rimodernati, a partire dall’iconico Space Invaders. La stessa tendenza si è osservata all’epoca anche per il mercato casalingo, indistintamente per console e per home computer: storiche avventure grafiche della Sierra come Space Quest o King’s Quest venivano riproposte con migliorie tecniche ad ogni nuova macchina messa in commercio, così come i titoli di punta delle console precedenti venivano riproposte da Nintendo e da Sega in compilation per le console di generazione successiva.
La causa di quelle che all’epoca erano chiamate “conversioni”, ma che in realtà erano dei remake in tutto e per tutto, era appunto l’evoluzione della tecnologia alla base, dato che i videogiochi sono storicamente un medium la cui tecnologia appunto evolve ad un tasso molto più veloce rispetto agli altri media. Questo è uno dei motivi per cui i remake servono: le software house ed i grandi distributori possono tenere attivo il mercato di un dato brand durante le transizioni generazionali, permettendo così l’accesso allo stesso su generazioni diverse, soprattutto quando magari quelle precedenti appartengono ad una tecnologia ormai fuori produzione o in procinto di esserlo.
Usato sicuro, con qualcosa di più
La consapevolezza da parte delle grandi software house di poter far comunque affidamento alle soluzioni di remake e remastered di titoli di successo precedenti inoltre è dettata da quel processo di fidelizzazione verso un particolare brand o una proprietà intellettuale. Le versioni rimodernate di vecchi capitoli di una saga (in questo momento il nome da portare come esempio è facile, Kingdom Hearts) hanno il duplice fine di sondaggio del mercato per i già fidelizzati e di apertura per potenziali nuovi fidelizzati. Ciò però deve essere accompagnato da una politica di tempi d’uscita e di prezzi di lancio ragionevole e che non risulti al pubblico troppo orientata al solo ritorno economico: ad esempio, la politica applicata da Bandai-Namco e dalla From Software per la distribuzione della remastered di Dark Souls è stata giustamente criticata per via della contestuale rimozione brutale di ogni servizio al titolo originale, oltre a dei miglioramenti apportati non così massicci da giustificarne lo sviluppo e l’uscita nei negozi.
Un altro aspetto poco discusso dei remake e dei remastered riguarda il loro sviluppo. Solitamente esso viene dato “in appalto” dalle grandi case distributrici a studi di sviluppo più piccoli o di terze parti: per quanto la ragione sia prettamente economica, con investimenti di capitali più contenuti, questa politica permette contestualmente alle grandi case di affrancare gli studi e i settori di ricerca e sviluppo propri e a questi studi di poter entrare sul mercato con brand già affermati, guadagnandone in risalto e, in caso di buone vendite, in maggiori fondi disponibili per potenziali nuovi progetti. È ciò che è successo ad esempio per la Grezzo (sì, si chiama così, nonostante sia giapponese), piccola software house gestita oggi da Koichi Ishi, il creatore della saga Seiken Densetsu (o Mana in occidente), ed ormai in pianta stabile nell’orbita di Nintendo grazie ai remastered di The Legend of Zelda: Ocarina of Time 3D e Majora’s Mask 3D per 3DS, e più recentemente anche del remake del primo Luigi’s Mansion, sempre per 3DS. Altra software house che ha molto beneficiato di questi particolari prodotti è la WayForward, che dopo aver rischiato di sparire dai radar agli inizi degli anni Duemila è tornata alla ribalta grazie a rivisitazioni di titoli storici come A boy and his blob, Double Dragon Neon e Bloodrayne: Betrayal, oltre a Ducktales Remastered (che poi in realtà è un remake).
Un caso particolare da citare è la politica dei Nightdive Studios: fondata nel 2012 da Stephen Kick, ex dipendente Sony, questa compagnia si è specializzata nella raccolta dei diritti commerciali di vecchi titoli ormai abbandonati dai vecchi proprietari per poi commercializzarli in versioni ricompilate per i PC moderni sugli store digitali come Steam o GOG. Ciò ha permesso a questa casa di mettere su una notevole libreria di vecchie glorie, tra cui Strife, Turok, Forsaken e soprattutto System Shock, del quale uscirà (finestra di lancio dichiarata primo quadrimestre 2020) il remake del primo capitolo, con la supervisione del suo creatore originale, il grande Warren Spector. Caso analogo è quella della Beamdog, fondata da alcuni transfughi dalla Bioware (tra cui l’ex co-fondatore Trent Oster) dopo l’acquisizione da parte di Electronic Arts nel 2007, che con la sottodivisione Overhaul games ha recuperato i diritti degli storici RPG della Black Isle e della stessa Bioware come Icewind Dale, Planescape Torment e Neverwinter Nights, per poi ridistribuirli in versione rimasterizzata.
Consigli per remake
Come detto, negli ultimi anni sono stati immessi sul mercato molti remake e tantissime versioni rimasterizzate di svariati videogiochi degli ultimi due decenni, la maggior parte dei quali ripescati dalle generazioni finora più prolifiche, la quinta e la sesta. I titoli “ripescati” appartengono ad un ampio ventaglio di generi e di pubblico, dai capitoli delle saghe blockbuster come Metal Gear Solid, Crash Bandicoot, Tomb Raider, Spyro o i sopracitati Kingdom Hearts e The Legend of Zelda (per non dimenticare i futuri remake ad esempio di Medievil e di Final Fantasy VII), ai titoli più settoriali e con una fanbase specifica, come ad esempio le vecchie avventure grafiche LucasArts quali The Secret of Monkey Island, Day of the Tentacle, Grim Fandango e Full Throttle, oppure la saga di Shenmue che a breve verrà espansa con un terzo capitolo dopo tanti anni. Anche videogiochi molto di nicchia come Bullet Witch o Metal Wolf Chaos (remake in uscita entro la fine di quest’anno) sono stati “ripescati” e ammodernati.
Tuttavia mancano ancora all’appello dei titoli che per vari motivi meriterebbero una nuova veste, come remake totale o come semplice remastered in alta definizione, eppure chi di dovere non sembra interessato ad investire in tali produzioni. Ad esempio, alcune delle meccaniche da action RPG della saga di Dark Souls che tanto sta avendo successo negli ultimi anni sono state già viste in passato in Jade Empire, titolo del 2005 originariamente esclusiva Xbox, che magari potrebbe tirare un po’ su morale e budget ad una Bioware uscita con le ossa rotte dal fiasco di Mass Effect: Andromeda, in attesa di come reagirà il pubblico ad Anthem in prossima uscita. Per quanto concerne le saghe, una molto famosa e di successo negli anni Novanta e primi Duemila è stata Legacy of Kain: in particolare i due capitoli di Soul Reaver hanno ancora una fanbase sfegatata, ma nonostante anche un discreto successo ricavato dai remake dei primi due capitoli di Darksiders e dal terzo uscito lo scorso Novembre, sembra non ci sia molto interesse da parte di Square-Enix, detentrice oggi dei diritti, in un prodotto del genere, probabilmente a causa del fallimento totale del MMO Nosgoth, ambientato nello stesso universo.
Rimanendo sempre in casa Square-Enix, praticamente ogni capitolo delle saghe di punta, Dragon Quest e Final Fantasy, è stato ridistribuito per le piattaforme moderne, con porting non sempre di buona fattura. Tuttavia, nella seconda parte degli anni Duemila furono prodotti e distribuiti remake di alcuni capitoli delle saghe per Nintendo DS e PSP; in particolare quelli di Final Fantasy III e IV presentavano una grafica 3D, con modelli dei personaggi deformati, riconducibili allo stile chibi. Una politica del genere potrebbe essere tranquillamente riapplicata per altri titoli delle scorse generazioni: un remake con queste caratteristiche di Final Fantasy VI, di Dragon Quest III o, perché no, di Chrono Trigger avrebbero tutti i crismi per essere un titolo di successo per dispositivi mobili.
Come noto, sono già da tempo nei negozi fisici e digitali i remake delle trilogie di Crash Bandicoot e di Spyro the Dragon, ed è annunciato per la seconda metà del 2019 anche il remake di Medievil. Inoltre sono stati già ripescati in passato altri titoli di quella fortunata generazione di action-platform, come ad esempio le remastered di quasi tutti i capitoli della saga di Oddworld (tranne Abe’s Exoddus, ma è annunciato da tempo un suo remake dal titolo Oddworld: Soulstorm, che dovrebbe uscire entro il 2019) o il remake di Klonoa per Wii del 2008. Mancano però all’appello tanti altri titoli che potrebbero essere recuperati: la trilogia di Gex, i due Pandemonium e soprattutto i due Tombi!, che potrebbero tranquillamente agganciarsi al filone di discreto successo di titoli simili nelle meccaniche come ad esempio Ori and the Blind Forest o Hollow Knight.
Infine per quanto concerne gli action shooter una saga sfortunata ma dal buon potenziale che potrebbe meritarsi una seconda opportunità è quella di Timesplitters, i cui diritti sono recentemente passati in mano (notizia della scorsa estate) a THQ Nordic. Le speculazioni su un ammodernamento di questo brand ci sono tutte, inoltre resta un brand con uno suo seguito accanito. Un discorso simile sarebbe applicabile anche ad un’altra saga di relativo successo circa vent’anni fa, quella di No One Lives Forever: a renderne però impossibile una qualsivoglia rivisitazione degli shooter parodia degli spy-movies è l’impossibilità di tracciamento dei diritti, dispersi nei meandri di fallimenti e acquisizioni di studi di sviluppo, motori grafici e licenze software. Per quanto sia possibile oggigiorno giocarci anche con PC di ultima generazione grazie a modifiche e patch create da sviluppatori indipendenti, un remake sarebbe senza dubbio tutt’altra cosa.