La libertà di stampa in Italia: un diritto non scontato

Il caso politico della moto d’acqua – scoppiato con la pubblicazione sul sito di Repubblica di un video in cui il ministro dell’Interno Matteo Salvini fa salire il figlio su una moto d’acqua della Polizia di Stato – ha riportato sotto i riflettori del dibattito pubblico un tema di cui ci si dimentica troppo spesso: la libertà di stampa nel nostro Paese. Infatti, ad aver provocato lo scandalo non è stato tanto il fatto in sé quanto il tentativo di alcuni poliziotti presenti in spiaggia di impedire al giornalista e autore del video Valerio Lo Muzio di continuare a riprendere, arrivando addirittura a minacciare di requisirgli la videocamera. È sicuramente preoccupante che dei poliziotti cerchino di limitare la libertà di informazione, così come altrettanto preoccupante è che il ministro dell’Interno si sia poi potuto permettere di schernire il giornalista accusandolo di pedofilia. In effetti, l’Italia non ha mai brillato in Europa per quanto riguarda la libertà di stampa, che in un Paese come il nostro dovrebbe essere data per scontata.

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Un’immagine tratta dal video di Lo Muzio, con il figlio di Salvini su una moto della Polizia di Stato. Foto: Repubblica.

La libertà di stampa in Italia e in Europa

Tra minacce da parte della mafia, aggressioni ai giornalisti e attacchi dei politici ai giornalisti, nemmeno quando si parla di libertà di informazione l’Italia riesce a stare al passo con il resto dell’UE: nella classifica della libertà di stampa stilata dall’associazione Reporters sans Frontières (RSF), l’Italia si colloca al quarantatreesimo posto. Se si fa un confronto, il nostro Paese è circa dieci posizioni dietro alla Francia (trentaduesima) e al Regno Unito (trentatreesimo), e a trenta posizioni dalla Germania (tredicesima). Tanto per capire la situazione, meglio di noi fanno pure Paesi del Terzo mondo come il Ghana o la Namibia: decisamente un livello non adeguato per uno Stato membro e fondatore dell’Unione Europea.

Le ragioni che ci condannano a questo scarso piazzamento sono molte: secondo i dati raccolti dal progetto Mapping Media Freedom, tra il 2014 e il 2018 in Italia ci sono state – tra le altre cose – 83 aggressioni fisiche nei confronti dei giornalisti e 137 intimidazioni. Si potrebbe stilare un elenco interminabile degli esempi: l’aggressione a giornalisti dell’Espresso da parte di esponenti di Forza Nuova nel gennaio di quest’anno, o più recentemente le minacce ai giornalisti che sono andati sul luogo della morte di Fabrizio Piscitelli, capo ultrà della Lazio. Se negli ultimi anni la posizione dell’Italia nella classifica di RSF è andata migliorando, l’associazione stessa riconosce che gli alleati del governo gialloverde rappresentano un motivo di preoccupazione per la libertà di stampa in Italia. In un rapporto di RSF vengono citati esplicitamente il M5S e la sua definizione dei giornalisti come «puttane» e «pennivendoli», così come si esprimono preoccupazioni per le minacce del ministro dell’Interno di togliere la scorta a giornalisti che criticano il suo operato, come Roberto Saviano.

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La situazione della libertà di stampa nel mondo secondo l’indice di Reporters Sans Frontières.

Anche il Consiglio d’Europa, in un rapporto del 2018, ha dichiarato che la libertà di stampa in Italia è sensibilmente peggiorata, e anch’esso ha segnalato l’atteggiamento ostile che i due vicepremier hanno nei confronti nei mezzi di informazione. Nel rapporto, l’Italia è uno dei pochi Paesi che hanno una sezione dedicata (gli altri sono Russia, Turchia, Ungheria, non esattamente degli Stati con cui è normale essere messi a confronto): il nostro sarebbe infatti il Paese europeo con il maggior numero di segnalazioni di aggressioni presentate sulla Piattaforma per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti che il Consiglio ha creato. Segnalazioni per le quali, a quanto pare, da parte del governo non c’è stata alcuna risposta. Anzi, sembra che la maggior parte delle aggressioni o intimidazioni del 2018 siano accadute dopo l’insediamento dell’esecutivo Conte. Ma gli attacchi dei politici non sono l’unico problema, perché il rapporto riconosce che il permanente e più grave pericolo per i giornalisti italiani sono le minacce da parte della mafia e dalla criminalità organizzata, tanto che sono circa venti i giornalisti costretti a vivere sotto scorta.

Bisogna però dire che se viene sottolineata in particolare la situazione dell’Italia, nel rapporto del Consiglio d’Europa si segnala anche un generale peggioramento della libertà di informazione in tutta Europa, a causa di molti politici europei che contribuiscono a fomentare un clima d’odio nei confronti dei media. Una delle situazioni peggiori si trova probabilmente in Ungheria, in cui ai giornalisti che non simpatizzano per Fidèsz – il partito del primo ministro in carica Viktor Orbán – viene impedito di fare domande e la maggioranza dei media sono controllati da persone vicine al primo ministro. Non a caso, venti organizzazioni legate al mondo dell’informazione hanno deciso inviare una lettera alla nuova Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, rivolgendole un appello per inserire tra le priorità del suo programma quella di assicurare la protezione dei giornalisti e il libero accesso dei cittadini dell’UE all’informazione.

In realtà, è già da diversi anni che l’Unione Europea si occupa di monitorare e proteggere la libertà di stampa. Nel 2015 aveva dato vita all’European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF) e al progetto Mapping Media Freedom citato sopra. Nel mese di luglio scorso la Commissione Europea ha poi deciso di sovvenzionare un progetto pilota che mira a garantire una maggiore sicurezza ai giornalisti, oltre che a finanziare e incoraggiare inchieste giornalistiche realizzate attraverso la cooperazione tra diversi Stati membri dell’Unione. L’obiettivo è prima di tutto quello di sensibilizzare l’opinione pubblica, che purtroppo in molti casi è ancora troppo distaccata dalla questione, oltre che di garantire una maggiore qualità dell’informazione.

Due insegnamenti per mantenere la libertà di stampa

I dati e le osservazioni fornite da RSF e dal Consiglio d’Europa dovrebbero fare capire due cose, una a chi scrive il giornale e un’altra a chi il giornale lo legge. La prima è che i giornalisti non possono sperare di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della libertà di stampa se loro stessi voltano la testa dall’altra parte ogni volta che tale libertà viene messa in pericolo. Quando a Milano Marittima Lo Muzio è stato insultato dal ministro Salvini, alcuni colleghi del giornalista di Repubblica non hanno reagito, o peggio ancora hanno riso del collega. Il triste episodio dovrebbe insegnare che c’è un disperato bisogno di solidarietà tra giornalisti, una solidarietà che aiuti a mettere da parte gli interessi della singola testata per garantire il diritto a fare informazione.

La seconda cosa può sembrare molto banale, ma il problema è che per diverse persone banale non lo è affatto. E cioè che la libertà di informazione in Italia può essere un diritto garantito sulla carta, ma non lo è in pratica, e tantomeno non lo è in eterno. E ogni volta che un giornalista viene allontanato, si allontana anche un’opportunità in più per capire quel che ci succede intorno.

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