L’occupazione di Casapound in breve

La sede di Casapound in via Napoleone III a Roma ha ricevuto l’ordine di sequestro preventivo per occupazione abusiva, che dovrà essere notificato dalla Digos. Si sta concludendo, forse, la quasi ventennale occupazione da parte della formazione di estrema destra: ripercorriamone allora brevemente le tappe.

L’occupazione: un breve riepilogo

Stando a quanto riepilogato da Vice, nel 2002 alcuni militanti di Casapound occupano uno stabile abbandonato nella periferia di Roma, dandogli il nome di CasaMontag. Il ventisette dicembre dell’anno seguente, gli stessi militanti occupano il palazzo di via Napoleone III, che in precedenza aveva ospitato uffici del Ministero dell’istruzione, vuoto e di proprietà del demanio.

L’occupazione è la prima con finalità abitative del movimento di estrema destra, che in questo modo ricalca e fa proprie le modalità della sinistra. Subito dopo l’occupazione, comincia un gioco allo scaricabarile tra Miur e demanio, che si rimpallano le responsabilità di un eventuale sgombero.

Nel 2007 il Comune di Roma, guidato dalla giunta Veltroni, inserisce l’immobile in una lista di occupazioni per famiglie con difficoltà abitative e con la delibera 206 si impegna a garantirgli un tetto sostitutivo. Nel 2010, sotto la giunta Alemanno, l’edificio sparisce dalla lista degli immobili occupati. Nel 2012, per garantire l’occupazione, il Comune di Roma pensa ad acquistare l’immobile per undici milioni ottocentomila euro.

Il tentativo però non riesce, a causa delle denunce dei consiglieri di opposizione. Il 10 febbraio 2016 la Polizia di Stato taglia le forniture, che però vengono di nuovo allacciate e lo sono tuttora. Nell’aprile 2016, il commissario straordinario Francesco Tronca compila una lista di immobili da sgomberare, in cui però non figura il palazzo di via Napoleone III, per cui si attendono «successivi provvedimenti» che non sono mai arrivati.  Le famiglie che abitano in via Napoleone III non sono mai state censite, e nessuno sa chi vi viva.

occupazione Casapound
Manifestazione di Casapound. Foto: Wikipedia.

A sentire la procura regionale del Lazio della Corte dei Conti non ci sarebbe però nessuna emergenza abitativa, come invece aveva sempre sostenuto Casapound. Nell’immobile non ci sarebbe cioè la presenza di famiglie a basso reddito. Per la Guardia di Finanza, che ha verificato la situazione, gli occupanti sarebbero «soggetti economicamente autosufficienti […], dipendenti di società private, della Cotral spa, di società a partecipazione pubblica, del policlinico Gemelli e addirittura del comune di Roma».

Secondo l’Espresso inoltre, «risultano residenti nel palazzo occupato i vertici nazionali dell’organizzazione di estrema destra»: Simone di Stefano, Maria Bombina Crognale, la moglie del Presidente Gianluca Iannone, più altri volti noti dell’estremismo di destra romano. In questi diciassette anni Casapound, non pagando le utenze, ha accumulato debiti per più di duecentodiecimila euro nei confronti della Municipalizzata Acea, eppure la luce continua ad essere accesa in via Napoleone III.

Infine, con l’ordine di sequestro preventivo arriviamo ai giorni nostri e forse alla svolta decisiva sulla ventennale vicenda, anche se, conoscendo la burocrazia italiana, la parola “fine” sull’occupazione potrebbe essere tutt’altro che certa.

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