Il catechismo in Italia, storia e metodi

Il catechismo è da sempre uno dei metodi che la Chiesa cattolica utilizza per formare ed educare il grande pubblico, a partire proprio dai giovani.

Quando si parla di catechismo, ci si riferisce in particolare a quello dell’iniziazione cristiana, indirizzato ai bambini di età scolare che devono fare la prima comunione o la cresima. Queste pratiche diventano quindi aspetti educativi rivolti a minori, diffusi capillarmente su tutto il territorio nazionale.

La nascita del catechismo in Italia

Il catechismo per i bambini in Italia nasce nel primo Novecento, durante il pontificato di papa Pio X.
Egli, con l’enciclica Acerbo Nimicis del 1905, condanna il modernismo e pubblica le linee guida per un catechismo uguale in ogni parrocchia. Il papa era consapevole che all’epoca fosse presente una grande anarchia riguardo al metodo di insegnamento di questa materia e il suo intento era quello di controllare e omogeneizzare l’insegnamento del catechismo in Italia.

catechismo in Italia
Papa Pio X.

L’enciclica disponeva sei linee guida, che prevedevano tra l’altro un insegnamento catechistico anche per gli adulti. Solamente con il Concilio Vaticano II si sarebbero modificate queste disposizioni.

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Le direttive dell’enciclica di Pio X erano molto chiare e sintetiche, ma estremamente precise. Il pontefice mobilitava le diocesi di tutta Italia a favore di un deciso impegno organizzativo, ponendo la catechesi tra le priorità pastorali.
Vi furono molte perplessità sul testo di catechismo pubblicato nel 1905 sempre da Pio X.

Le principali critiche mosse verso l’operato di Pio X riguardavano il metodo utilizzato per trasmettere questi concetti. Questo era un metodo mnemonico, con una grande presenza di termini specialistici e tecnici, che finiva per annoiare i bambini.

Pavanelli e Vigna: il catechismo in forma di Scuola

A fronte di queste osservazioni, nel 1912 si tenne il Congresso Catechistico Diocesano di Brescia, dove emersero le figure di Lorenzo Pavanelli e di Luigi Vigna.

Pavanelli propose di adottare un metodo definito “ciclico”, analogo a quello usato dall’istruzione scolastica. L’obiettivo era quello di riprendere in modo più approfondito i diversi temi nei vari cicli scolastici. Si proponeva inoltre di utilizzare un metodo non più deduttivo, ma uno induttivo, che avrebbe stimolato la partecipazione e l’attività dei giovani cattolici.

Vigna, per parte sua, guardava al più alto livello di insegnamento del catechismo del Belgio, dell’Olanda e della Svizzera. Lamentò la mancanza di preparazione pedagogica e di conoscenze di psicologia infantile nei preti e nei catechisti italiani. L’assemblea del Congresso Catechistico Diocesano di Brescia del 1912 accettò sia il metodo ciclico di Pavanelli che le proposte di Vigna. Monsignor Melchiorri, presidente del congresso, auspicò, tra l’altro, la divisione per classi, il numero limitato degli alunni, l’uso dei banchi e dello scritto e la presenza di un ispettorato scolastico.

Pio XI e la Santa Battaglia

Intanto Pio X lavorava alla stesura di un nuovo catechismo, con l’aiuto di personale ecclesiastico e studiosi di lingua italiana. Questo nuovo catechismo era destinato inizialmente alla sola provincia romana, ma il papa auspicava fosse utilizzato da tutti, per ridurre la grande confusione di catechismi che si andava diffondendo.

Il testo fu redatto in forma di domanda e risposta e segnava un deciso progresso rispetto alla prima versione criticata nel 1905. Il nuovo catechismo mirava alla chiarezza e alla semplicità, ma manteneva inevitabilmente un tono astratto e difficile. Alcune avvertenze ai genitori e agli educatori cristiani che erano state poste in appendice nel 1905 entravano in modo schematico nell’ambito didattico, consigliando di abbandonare la maniera meccanica di insegnare e il solo impegno mnemonico, a favore di un più completo riferimento all’intelligenza e al cuore: illuminare l’intelligenza e scaldare il cuore.

L’elevazione al Soglio Pontificio nel 1922 di papa Pio XI, al secolo Achille Ratti, segnò l’avvio di uno sforzo di riconquista cattolica, attraverso la religione e i suoi valori, della società, che era sempre più vicina all’orbita fascista. Questo scontro ideologico prende il nome di Santa Battaglia, e fu evidente anche nell’ambito della catechesi.

Papa Ratti riprese la spinta alla centralizzazione dell’insegnamento del catechismo in Italia. Nel 1923 istituì a Roma un ufficio catechistico centrale, dipendente dalla curia romana. Alla testa dell’ufficio fu posto Monsignor Carlo Veneziani, di origini piacentine, che stimava Pavanelli, il quale intanto aveva assunto la direzione dell’ufficio catechistico Diocesano di Brescia. Veneziani diede una valutazione negativa della situazione nazionale. Invitò nel 1929 Pavanelli a parlare ai delegati diocesani provenienti da tutta Italia della necessità di costituire uffici catechistici diocesani. Poco dopo, la sua idea trovò attuazione e si portò l’istituzione dell’Ufficio Catechistico Diocesano in tutte le parrocchie del mondo.

Catechismo in Italia
Foto: Pixabay.

Il catechismo e l’attivismo pedagogico

In quegli anni stava sempre di più prendendo piede l’attiviamo pedagogico. Questa teoria vedeva il bambino come soggetto attivo del mondo, che doveva essere lasciato libero di esplorare. L’insegnante doveva solamente fungere da guida e non imporsi. I valori principali erano la libertà, la scoperta e l’attenzione verso i bisogni del fanciullo.
L’attivismo pedagogico fu condannato da Pio XI nel 1929 con l’enciclica Divini Illius Magistri, che però dava slancio sempre di più all’Azione Cattolica e in particolare alle sue organizzazioni giovanili, difese strenuamente. Nella visione di Pio XI, ci doveva essere l’insegnamento della religione nella scuola pubblica, assicurato in ogni ordine e grado con il concordato Patti Lateranensi del 1929, ma anche il catechismo parrocchiale e soprattutto la formazione attivistica di massa dell’Azione Cattolica.

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Il catechismo in forma di scuola poteva essere inserito in questo contesto, ma era in qualche modo subalterno sia all’insegnamento religioso nella scuola pubblica, sia all’impegno dell’azione Cattolica. Pavanelli non accettò completamente questi nuovi indirizzi e il suo rapporto con la Santa Sede si raffreddò.

Pavanelli e Vigna hanno cerato di adattare il vecchio catechismo su un nuovo modello di scuola.
Dopo qualche tempo, quando finalmente si intravedeva un cambiamento del catechismo, la scuola elementare era già cambiata e aveva metodi molto più moderni. Si delineò di nuovo la necessità di una modernizzazione del catechismo in Italia.

In questo senso, Gesualdo Nosengo, che era già docente di religione nelle scuole medie, promosse una grande svolta. Egli applicò sia nell’insegnamento della religione a scuola, sia nel catechismo, le metodologie dell’attivismo. Nosengo fece molte pubblicazioni negli anni Trenta del Novecento, tra cui L’attivismo dell’insegnamento religioso nella scuola media inferiore, Sette lezioni di attivismo catechistico e Il lavoro a squadre nell’insegnamento e nell’educazione.

Nosengo e la proposta dell’attivismo nella catechesi

Emblematico dell’attivismo didattico di Nosengo era il sistema delle squadre, utilizzato nell’insegnamento religioso. Questo metodo mirava ad attivare i ragazzi, a farli socializzare e a formare leader nel gruppo. Nosengo si ispirava allo scautismo, del quale era un estimatore, ma il riferimento alla competizione squadristica poteva far pensare al fascismo e alle sue associazioni giovanili, come l’Opera Nazionale Balilla. Questo gli procurò la diffidente ostilità dei fascisti stessi, guardinghi verso la concorrenza cattolica. A ciò si aggiunse nel 1941 una critica all’operato di Nosengo da parte dei gesuiti, ordine rigido e antimodernista.

Nel 1947 venne fondato il Centro Nazionale Attività Catechistiche e nel 1953 si tenne a Roma la prima Settimana di Pedagogia Religiosa. Più tardi Silvio Riva, collaboratore di Nosengo, scriverà: «L’attivismo catechistico cessava di essere l’intruso nel campo religioso e diveniva il metodo vero e proprio, ovunque accettato e apprezzato».

MC

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