Assalto al Capitol Hill: l’odio generato da Trump

Ieri pomeriggio (ora americana), a Washington, è occorso un vero e proprio attacco alla democrazia. L’assalto al Capitol Hill da parte di sostenitori di Trump è l’immagine della società americana odierna. La rabbia è esplosa dopo gli exit poll della Georgia. Nella giornata di ieri, difatti, il voto della Georgia ha certificato il controllo democratico anche del Senato. Questa è un’ulteriore sconfitta elettorale per il tycoon. Il fallimento totale dell’amministrazione Trump è la causa scatenante della follia di ieri. Proprio il Presidente uscente, che ha parlato qualche ora dopo, sarebbe l’istigatore del fatto. In un video della CNN, Trump ha velatamente incitato a quello che poi è successo. Una frase del discorso di Trump ha colpito:

[…] We’re gonna walk down to the Capital, and we gonna cheer on our brave congressmen and women, and we’re probably not cheering so much for some of them […].

Se non è un appello esplicito, non ci manca molto. Difatti tra le tante reazioni, che sono arrivate prontamente, univoca è l’attribuzione di responsabilità al leader repubblicano. Ma cosa è esattamente successo? Chi erano gli assalitori? Che eco ha avuto l’accaduto? Cosa comporterà per il futuro? Rispondiamo a tutte queste domande.

Cronaca dell’assalto al Capitol Hill: chi è stato coinvolto e le conseguenze

La cronaca: l’uccisione a sangue freddo, l’incursione e l’occupazione

Il bilancio è terribile: quattro morti, tredici feriti e oltre sessanta arresti (numeri in aggiornamento). I numeri sono impietosi perché sono occorsi nel cuore della più grande democrazia mondiale. I rivoltosi sono arrivati nei pressi del Campidoglio durante una plenaria del Congresso, che stava ratificando i risultati delle presidenziali. Dopo un primo schermo della polizia, i militanti sono riusciti con grande facilità a passare i primi controlli. Già questo aspetto ha fatto infuriare l’opinione pubblica, soprattutto il movimento Black Lives Matters. Gli esponenti del movimento sociale hanno parlato di un double standard. Un’accusa molto precisa: cosa sarebbe successo se a protestare fosse stato un gruppo di afroamericani? Sarebbero riusciti lo stesso ad arrivare alle porte del Parlamento? La risposta sembra alquanto scontata.

Assalto al Capitol Hill
Immagini dei membri del congresso sequestrati dagli assaltatori. Fonte: https://eu.usatoday.com/

Dopo che i manifestanti sono arrivati all’ingresso, la situazione è degenerata immediatamente quando una donna è stata uccisa a freddo dalla pistola di un membro della sicurezza. Perché questo? Perché gli assalitori erano armati fino ai denti. Da lì, i rivoltosi sono comunque penetrati all’interno del Campidoglio, occupando varie aule, come quella dello Speaker della Camera. Anche i senatori, in riunione, hanno interrotto il lavoro e si sono sdraiati al suolo. Per diverso tempo il tempio della democrazia americana è stato presidiato dai sostenitori di Trump. Solamente con l’arrivo di altre forze di polizia e quello (forse tardivo) della guardia nazionale, il Campidoglio è stato sgomberato nella serata.

Un gruppo variegato ma simile: la destra estrema risponde all’appello di Trump

Ma chi sono questi rivoltosi, che tipo di frangia della società rappresentano? Oltre sostenitori accaniti di Trump, sono tutti riconducibili alla dimensione dell’estrema destra. Sono sopratutto suprematisti (come i “patrioti” Proud Boys e i neonazisti Boogaloo), ma anche sostenitori della Confederazione del Sud. Tra le tante bandiere, è apparsa anche quella con le tredici stelle, simbolo di schiavismo e riferente a un periodo storico ormai lontano. L’identità politica dei manifestanti fa capire quale sia stato il frutto dell’amministrazione Trump: ha dato voce all’odio e al razzismo e ora ne sta pagando le conseguenze.

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Le reazioni dei due presidenti: l’attuale e il futuro

Assalto al Capitol Hill
Immagine del futuro presidente USA Joe Biden. Foto: Wikimedia Commons.

Durante l’occupazione del Campidoglio sono arrivate le parole del Presidente eletto Joe Biden. L’esponente democratico ha sottolineato come questa sia una situazione “senza precedenti”. In realtà un precedente, seppur non simile, esiste. Il 24 agosto 1814 le truppe britanniche marciarono e incendiarono il Campidoglio, che fu salvato dalla pioggia. Chiaramente questo precedente è più che mai anacronistico, e mostra la gravità della cosa. Biden ha descritto l’assalto al Capitol Hill come un vero e proprio «attacco alla democrazia». Dopo aver rassicurato il popolo americano sul suo impegno, ha sottolineato come un vero presidente, sia nel bene che nel male, avrebbe dovuto parlare in quella situazione.

Poco dopo sono arrivate le dichiarazioni di Donald Trump dirette ai rivoltosi:

I know you’re hurt. We had elections that were stolen from us […]. But you have to go home now, we have to have peace, order […]. This was a fraudolent election, but we can’t play in to the hands of these people, we have ho have peace. So go home, we love you, you’re very special […] but go home, and go home in peace.

Sono molto indicative le parole di Trump, non quelle che ci si aspettava. Trump si è rifiutato di condannare pubblicamente l’accaduto, anzi ha dato la sua comprensione a queste persone dicendo loro di andare a casa in pace. Con la sua solita attitudine, Trump ha legittimato e giustificato l’assalto, ritornando ancora sulla presunta illegittimità delle elezioni.

Gli altri esponenti della politica USA: da Obama a Pence, e non solo

Anche l’ex boss di Joe Biden, Barak Obama, è intervenuto duramente:

La storia ricorderà a ragione la violenza di oggi al Campidoglio, incitata da un presidente in carica che ha continuato a mentire senza fondamento sul risultato di un’elezione legittima, come un momento di grande disonore e vergogna per la nostra nazione. Ma ci staremmo prendendo in giro se la considerassimo una totale sorpresa.

Obama ha sottolineato come non ci si debba in fondo stupire di questa esplosione di violenza, che è solo la conseguenza del clima instaurato negli ultimi anni da Trump.

La reazione che però ha fatto più scalpore è quella che proviene dal collaboratore più stretto di Trump. Il vicepresidente Mike Pence ha difatti, indirettamente, addossato la responsabilità al suo primo in carica. Durante i disordini, il VP aveva predicato la calma, senza essere ascoltato, ma soprattutto senza l’iniziale supporto di Trump. Così, quando la situazione è stata sedata, è arrivato un durissimo tweet di Pence verso gli assalitori:

[…] To those who wreaked havoc in our Capitol today, you did not win. Violence never wins. Freedom wins. And this is still the People’s House.

La rabbia di Pence non si è attenuta solo ai forti tweet, il suo distaccamento da tutto ciò che Trump ha creato è poi diventato palese: prima ha defollowato il Presidente da Twitter, per poi mettere come sfondo del suo profilo una foto insieme alla moglie (l’immagine precedente ritraeva il Presidente Trump; alcuni hanno sostenuto che l’immagine ritraesse Joe Biden e Kamala Harris).

Il VP non è l’unico repubblicano che si è esposto contro l’accaduto e che ha addossato a Trump la responsabilità. Il Senatore dello Utah Mitt Romney ha pubblicamente, tramite tweet, accusato il Presidente. Senza giri di parole ha parlato di un’«insurrezione», che è frutto della politica di Trump.

Trump ammette sconfitta, ma si pensa all’impeachment: mesi futuri incerti

Donald Trump durante un comizio. Foto: Wikimedia Commons.

Dopo che la situazione si è sedata, sono arrivate nuovamente le parole del presidente Trump, il quale finalmente è arrivato ad ammettere la sconfitta elettorale. Trump, con mezzi termini, ha parlato di una “transizione pacifica” verso la nuova amministrazione. Ma questo gesto di pace non è che un fuoco di paglia. Difatti in queste ore, dopo il suo chiaro legame con l’assalto al Capitol Hill, Trump è stato bannato temporaneamente dai social. Una decisione forte presa da Zuckerberg, che vuole interrompere per ora gli sproloqui sui social dell’esponente repubblicano.

Ma i guai per Trump non sono finiti. Nonostante l’imminente insediamento di Biden, vi è stata una proposta di impeachment con larga base di consensi. Infatti la Commissione giudiziaria della Camera si è rivolta direttamente a Mike Pence. È stato pubblicamente chiesto al VP di invocare il 25° emendamento della Costituzione. Una lettera indirizzata a lui lo esorta a realizzare che il Presidente «non è mentalmente sano», e che non può difendere i diritti della Costituzione. Cosa comporta questo emendamento? Lo scenario è che il VP, per incapacità del primo cittadino americano, debba immediatamente prendere in mano i poteri (leggi qui nel dettaglio l’articolo).

Dunque c’è la concreta possibilità che Donald Trump non finisca neanche il suo mandato con in mano i poteri. Tra le due opzioni è molto più logica l’applicazione dell’emendamento, dati i lunghi tempi di decorso per il processo di impeachment. Dunque i prossimi mesi per l’America sono più che mai incerti. L’unica cosa che resta è che Joe Biden dovrà prendere un’America ulteriormente a pezzi e cercare di diventare il collante che possa tenere insieme questa società così travagliata.

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