NFT e arte digitale: theWise incontra Giacomo Nicolella Maschietti

Lo scorso 11 marzo la casa d’aste americana Christie’s ha concluso la vendita dell’opera Everydays – The First 5000 Days dell’artista Beeple per sessantanove milioni di dollari. L’opera non è un quadro, né una stampa, né una fotografia. È un non-fungible token (NFT), cioè un’opera d’arte digitale che utilizza la tecnologia blockchain come strumento per certificarne l’unicità. Un NFT può assumere qualsiasi forma, ma nella maggior parte dei casi si tratta di un file che l’acquirente può guardare e scaricare sul proprio computer.

Il pubblico osserva l'opera di Beeple.
Il pubblico osserva l’opera di Beeple (2019). Credits: “Beeple / Mike Winkelmann (US)” by Ars Electronica.

Il mercato della crypto art è in espansione da oltre un anno, grazie anche alla crescente popolarità e diffusione delle criptovalute come Bitcoin e Ethereum, che vengono utilizzate in questo tipo di transazioni. L’arte digitale venduta come NFT sta rivoluzionando il mercato. Di recente l’artista italiano DotPigeon, trentatré anni, ha venduto una sua intera mostra sul marketplace Nifty Gateway, guadagnando un milione di euro in una settimana.

Capitalizzazione del mercato NFT 2018-2020. Fonte: NFT Yearly Report 2020.

Volumi d’affari di questa portata suscitano l’attenzione di appassionati e investitori. Abbiamo posto alcune domande a Giacomo Nicolella Maschietti, giornalista ed esperto in mercato dell’arte, per comprendere meglio la portata del fenomeno NFT e le ricadute che questa nuova tendenza avrà sul mondo dell’arte contemporanea nei mesi a venire.

In che modo il mercato dell’arte digitale attraverso gli NFT cambia le regole del settore?

«I non-fungible tokens sono a tutti gli effetti un nuovo medium a disposizione degli artisti, ma soprattutto del collezionismo. La conseguenza principale di questo fenomeno è l’apertura del mercato dell’arte a un pubblico nuovo. Oggi il settore è composto da una nicchia che proviene da un retaggio novecentesco, gelosa delle proprie abitudini e poco interessata alle novità. Per fare un paragone, la Biennale di Venezia – uno degli eventi di arte contemporanea più importanti d’Europa – coinvolge ogni due anni seicentomila visitatori nell’arco di sei mesi, mentre Lucca Comics&Games ne raccoglie trecentocinquantamila in una settimana. Questo succede perché il mondo dell’arte contemporanea non ha mai investito nell’allargamento della propria base, ma l’esplosione degli NFT cambia le cose. Al momento i proprietari di non-fungible tokens sono quasi tutti giovani sotto i trent’anni, persone che spesso provengono dal mondo del gaming e riescono ad apprezzare questo tipo di linguaggio».

Di fronte a questo cambiamento come si stanno comportando le gallerie e le case d’asta?

«Io credo che i grandi player siano consapevoli del cambiamento che sta investendo tutto il mondo dell’arte. Ad aprile Sotheby’s organizzerà a New York la prima asta esclusivamente dedicata agli NFT. Tutti gli altri si adegueranno presto. Le gallerie devono diventare delle agenzie di scouting che, come nel mercato dell’arte fisica, selezionano i migliori artisti digitali per proporli sui marketplace mondiali. Questo può essere un modo per rilanciarsi e allargare il proprio pubblico, e il successo di DotPigeon dimostra che questa strategia funziona. La scelta di offrire tirature elevate a prezzi contenuti gli ha permesso di raggiungere un ampio pubblico non specializzato e le sue opere sono andate a ruba. Un approccio più simile al mercato dell’arte contemporanea classica – con prezzi alti e tirature limitate – è comunque un’alternativa, ma in questo modo è più difficile intercettare acquirenti giovani, che non hanno la disponibilità economica per fare certi investimenti».

In questo scenario la capacità degli artisti di promuoversi attraverso canali diversi da quelli tradizionali risulta decisiva per il loro successo.

«Nelle ultime settimane ho ricevuto almeno cinquanta telefonate di artisti e galleristi che vogliono lanciarsi nel mondo degli NFT. Ciò che ho cercato di spiegare loro è che il risultato ottenuto da DotPigeon è frutto di tre anni di promozione, non c’è niente di casuale. Il mercato della crypto art si muove su Twitter, Discord e Reddit, piattaforme nate per scopi completamente diversi, ma in cui è facile ottenere enorme visibilità scegliendo gli hashtag giusti, per esempio. La presenza sui marketplace di NFT, come Nifty Gateway, è subordinata alle capacità dell’artista di promuoversi, farsi conoscere e sapersi vendere. Questo discorso vale per tutti i tipi di arte: creare e mantenere una propria community oggi è fondamentale».

Molte persone credono sia sufficiente avere una tavoletta grafica o saper usare Photoshop per creare arte digitale.

«Su questo aspetto si banalizza molto, anche all’interno del mondo dell’arte. Beeple è un artista che ha venduto la sua Everydays – The First 5000 Days per sessantanove milioni di dollari da Christie’s: sentire Jerry Saltz – vincitore del Premio Pulitzer e tra i critici più importanti che esistano – definire quest’opera come “un collage che ci vuole più tempo a guardare che a realizzare” è un giudizio fuori luogo, che ignora il cambiamento che sta attraversando il mercato dell’arte».

Stanno comunque iniziando a emergere i primi problemi legati a questo nuovo mondo.

«Sì, e vanno sottolineati. Vendere un’opera come NFT ne certifica l’unicità, ma non protegge totalmente dalla copia e dalla contraffazione. Online si leggono già casi di immagini di opere scaricate da internet e rivendute come NFT o di artisti vittime di attacchi hacker. La blockchain certifica l’unicità del file, ma non lo rende inviolabile. Questo è un grande tema: se un acquirente investe grosse cifre in crypto art deve avere la certezza di comprare un’opera non riproducibile. Ci sono aziende che curano anche questo aspetto, come l’italiana Cinello, che si occupa di digitalizzare gli old master dei nostri musei. Ha sviluppato il DAW [acronimo di digital art work, N.d.R.], un brevetto depositato che riproduce le opere in scala 1:1. Oltre al file digitale, l’acquirente riceve anche un monitor in cui visualizzarlo. Una soluzione che – oltre a simulare l’esperienza di un quadro fisico – è anche una garanzia di autenticità. Ogni DAW è legato al proprio monitor da un numero seriale unico e non modificabile. Inoltre, per ciascuna vendita la metà dei ricavi viene corrisposta al museo».

Un altro tema delicato è quello della sostenibilità ambientale. La blockchain è una tecnologia che richiede enormi quantità di elettricità per processare tutte le transazioni. In questo senso, alcuni artisti si stanno spostando su piattaforme che garantiscono emissioni inquinanti più ridotte, con l’obiettivo di promuovere un modello più etico e rispettoso dell’ambiente.

«Questo è un aspetto dibattuto e attuale, di cui oggi è difficile prevedere gli sviluppi. La mole di calcolo richiesta dalla blockchain non potrà che crescere e prima o poi bisognerà affrontarne le conseguenze. Ma è un discorso che riguarda tutto il mondo delle criptovalute, non è limitato agli NFT e all’arte digitale».

Quanto tempo impiegherà il sistema dell’arte mondiale per adeguarsi a questa rivoluzione?

«Credo che saranno sufficienti sei mesi. I volumi di vendita raggiunti da Nifty Gateway nel primo trimestre del 2021 rischiano di mettere in seria crisi tutto il settore. Per via della pandemia non si svolgono più fiere, l’attività delle gallerie è ridotta al minimo e nell’ultimo anno abbiamo capito che gli eventi online non funzionano. È chiaro quindi che il fenomeno NFT può essere l’occasione per rilanciare il mercato. Chi critica la novità lo fa quasi sempre per partito preso o per una forma di resistenza culturale al cambiamento di cui parlavo all’inizio della conversazione».

Qual è il tuo giudizio critico sulle opere vendute come NFT?

«Mi piace studiare il fenomeno, ma difficilmente comprerei un NFT. Trovo che diversi artisti abbraccino un’estetica già vista e per il momento non ho trovato niente di particolarmente interessante, ma sicuramente arriverà in futuro. Il medium è nuovo e ci vuole tempo per apprezzarne l’impatto sulla produzione artistica. Detto ciò, sono convinto che chi compra un NFT lo faccia perché gli piace, prima che come forma di investimento. Se cresci immerso nella tecnologia è normale considerare esteticamente rilevante un contenuto digitale, mentre un dipinto può sembrare qualcosa di superato, anche se è realizzato da un ragazzo appena uscito dall’Accademia. Generazioni diverse hanno gusti diversi e l’arte deve essere in grado di soddisfare tutti, dal collezionista di vecchia data al giovane che si affaccia per la prima volta al mondo della crypto art».

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