Cosa aspettarsi dai nuovi allenatori delle squadre di Serie A

Delle venti squadre che parteciperanno al prossimo campionato di Serie A ben sette hanno un nuovo allenatore, e più di una deve ufficializzare dopo la decisione di non proseguire il rapporto con il tecnico precedente.

Nell’estate di Euro 2020 è il mercato allenatori ad infiammare, finora, le cronache sportive. Non manca la curiosità di capire come andranno le cose: come giocheranno le squadre che hanno cambiato allenatore? Chi avrà più difficoltà sulla nuova panchina?

La nuova Roma targata José Mourinho

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Undici anni. È il tempo che divide l’addio di Mou alla storica Inter del triplete dal suo ritorno nel Belpaese. Da Milano a Roma, passando per Madrid (sponda Real), Chelsea, Manchester (alla guida dei Reds) e, infine, Tottenham. In questo frangente per lui la vittoria della Liga del 2010/2011 e di una Premier League (nel 2014/2015 alla guida del Chelsea), oltre a Coppe Nazionali.

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Il cinquantottenne di Setúbal arriva nella Capitale dopo l’esonero di aprile da parte degli Spurs: la dirigenza londinese non ha gradito l’affannoso percorso in Campionato. Il portoghese troverà a Roma una squadra delusa dal mancato approdo in Champions League e che ha fallito anche l’approdo in Europa League (i giallorossi hanno ottenuto la qualificazione alla nuova Conference League).

Il 4-2-3-1 che disegna solitamente Mourinho si adatta agli interpreti della Roma, ma necessita sicuramente qualche nuovo innesto dal mercato. Se da un lato Spinazzola, Veretout, Pellegrini e Zaniolo sembrano potersi adattare allo schema e al gioco di Mou, bisognerà capire cosa deciderà il portoghese circa la porta, i difensori centrali (punto di domanda per Smalling e Ibañez), la fascia destra (Kaarsdorp? Florenzi di ritorno dal PSG? un nuovo innesto?). Mkhitaryan, che in passato ha patito il rapporto con Mou, ha deciso di restare, sicuramente dopo aver ricevuto conferme. Infine rimane il dubbio in attacco: il portoghese si affiderà a Dzeko o chiederà alla società di trovare un’altra punta?

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Ci si aspetta una Roma solida in difesa, dal gioco asfissiante nello stretto e con ripartenze veloci sulle fasce. Fondamentale il ruolo dei due di centrocampo e del trequartista centrale (Pellegrini?) che dovrà essere in grado di fare da raccordo tra i reparti. Zaniolo sarà il vero innesto dopo un anno di stop. Possibili sorprese El Shaarawy e Kluivert (di ritorno dal prestito al RB Lipsia).

Da Mourinho ci si aspetta tanto dal campo, ma il timore principale è di sentirne parlare maggiormente per questioni che esulano dalle prestazioni sul terreno di gioco. In ogni caso, Roma aveva bisogno di nuova linfa e Mourinho sembra essere uno dei pochi in grado di gestire una piazza tanto calda e bisognosa di un immediato riscatto.

Inter: da Antonio Conte a Simone Inzaghi

Antonio Conte porta l’Inter allo scudetto e poi, in accordo con la società, lascia la guida nei nerazzurri. Simone Inzaghi, dopo aver atteso il rinnovo probabilmente più del dovuto, si (ri)promette a Lotito, ma il giorno dopo cambia idea e sposa il progetto nerazzurro.

Questa, in estrema sintesi, la breve querelle che ha portato il minore dei fratelli Inzaghi sulla guida della squadra campione d’Italia. Il tecnico piacentino arriva all’Inter dopo una vita in biancoceleste. Sei stagioni alla guida della prima squadra, dopo averne allenato diverse compagini giovanili e, prima ancora, aver vestito la maglia della Lazio come giocatore. Una Coppa Italia, due Supercoppa Italiana e diverse stagioni al vertice, culminate con la qualificazione alla Champions League ottenuta alla fine della stagione 2019/2020.

Inzaghi trova un’Inter completa in tutti i reparti, ma con il serio rischio di perdere dei prezzi pregiati della rosa. Dalla sua la possibilità di continuare il progetto di Conte, con cui condivide l’idea tattica del 3-5-2, usato alla Lazio.

Occorrerà capire come adattare il suo stile alla rosa nerazzurra. Riuscirà Inzaghi a continuare il processo di recupero di Eriksen iniziato dal suo predecessore? Troverà immediatamente la quadra in mezzo al campo visto lo stile di gioco diverso di chi lascia (Luis Alberto e Milinovic Savic su tutti) e chi trova (Barella, Sensi, Brozovic)? Ma la vera domanda è: avrà a disposizione tutti i big o si vedrà impoverito di (almeno) uno tra Lukaku, Lautaro Martinez e Hakimi?

L’incredibile vicenda di Gattuso alla Fiorentina

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Gennaro Gattuso, dopo l’esperienza partenopea, aveva firmato come prossimo allenatore della Fiorentina prima del caos Mendes e della successiva rescissione. Il presidente Commisso e la dirigenza viola avevano deciso di puntare sul tecnico calabrese per rilanciarsi dopo una stagione deludente, contraddistinta dall’avvicendamento tra Prandelli e Iachini. A Napoli l’ex centrocampista del Milan ha vinto una Coppa Italia, senza centrare la qualificazione alla Champions League in nessuna delle due stagioni alla guida degli azzurri e senza riuscire a riportare il Napoli ai fasti di Sarri.

Cosa potevano aspettarsi i tifosi viola? Sicuramente il ritorno alla difesa a quattro. Gattuso avrebbe proposto il 4-3-3 o il 4-2-3-1. Salvo cessioni importanti, la difesa sembra ancora oggi il reparto con meno incognite. Sulla mediana, a seconda del modulo utilizzato, bisognava capire il posizionamento in campo di Castrovilli (mezzala nel centrocampo a 3 o trequartista alla Zielinski in caso di 4-2-3-1?), la fiducia che poteva essere data a Pulgar e Amrabat (opachi nella scorsa stagione) e le chance da concendere a Giacomo Bonaventura.

L’attacco prescinde necessariamente dal mercato: Vlahovic – al di là del nuovo tecnic – punta titolare inamovibile in caso di permanenza in viola. E sugli esterni? L’arrivo di un nuovo tecnico potrebbe dare nuova linfa a Ribery (che sarebbe stato perfetto largo a sinistra per il gioco di Gattuso) e sulla fascia opposta a Callejon, che auspica un minutaggio maggiore. Per entrambi è obbligo guardare alla carta d’identità e al rischio infortuni (soprattutto per il francese) e quindi si prospetta qualche innesto (almeno) come rincalzo.

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Ci si aspetta una squadra più organizzata e con meno amnesie in campo. L’obiettivo è dimenticare la Fiorentina dello scorso campionato, invischiata nella lotta per la retrocessione. Per farlo, però, non si potrà più contare su Gattuso.

Ritorno al futuro: Allegri torna alla Juventus

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«Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano». No, nel ritorno di Allegri alla Juventus il verso di Venditti non sembra calzare a pennello. Più che amore, sembra essere una necessità. Per la Juve, quella di tornare ad avere le certezze smarrite negli ultimi due anni; per il tecnico, di ritrovare una squadra competitiva e con il bisogno di una guida all’altezza.

I bianconeri dopo nove anni di record cedono lo scettro all’Inter: più che il risultato finale è il come è sopraggiunto che non ha garantito a Pirlo la riconferma. Pessima figura in Champions League con un’eliminazione tutt’altro che inevitabile, pochi lampi in campionato, dove la Juve non è mai sembrata potesse competere per il primo posto e una confusione tattica in cui moduli e giocatori si sono alternati per l’intero anno. La sensazione era che Pirlo non avesse trovato la quadra.

Dopo l’esperimento “Pirlolandia” malriuscito e una qualificazione alla prossima Coppa dei Campioni centrata all’ultimo grazie al tonfo del Napoli, i bianconeri decidono, quindi, di tornare al passato e affidarsi sull’usato sicuro: Massimiliano Allegri.

Si riparte dal tecnico che ha vinto a Torino cinque Scudetti, quattro Coppe Italia e due Supercoppe Italiane. Il divorzio del giugno 2019, dopo due finali di Champions League perse, è motivato dalla voglia della Juventus di avere un allenatore meno votato al pragmatismo e a un gioco più vivace, oltre che in grado di riportare a Torino la Coppa Campioni che manca dal lontano 1996.

Difficilmente il tecnico livornese ripartirà dalla difesa a tre vista la rosa a disposizione. Si prospetta un ritorno alla difesa a quattro con diverse soluzioni tra centrocampo e attacco. 4-3-3, 4-4-2, con l’idea che un 4-2-3-1 potrebbe essere l’ideale per rilanciare la Juventus.

Sicuramente ci si aspetta un mercato importante: dietro solo Cuadrado e De Ligt sembrano sicuri del posto, con Demiral e Danilo che dovrebbero restare come rincalzi. Chi completerà il pacchetto arretrato? Chiellini non è certo del rinnovo e il passato tra Bonucci e Allegri non è propriamente idilliaco. Lo stesso Alex Sandro potrebbe non essere più così inamovibile.

A centrocampo Allegri aveva lasciato Pjanic, Khedira, Matuidi e Bentancur. Solo quest’ultimo è rimasto: a completare il reparto Rabiot, Arthur e Mckennie. Quest’anno la mediana è stato il reparto più criticato. Difficile che tutti vengano confermati e che la Juventus non debba cercare almeno un nome per puntellare il reparto.

Avanti tutto dipende da Cristiano Ronaldo, inutile negarlo. Con lui in rosa un posto è già occupato. Qualora arrivi l’offerta giusta, che faccia risparmiare alla Juve anche il notevole ingaggio del portoghese, si potrebbe ricostruire l’attacco su Dybala, con una coppia di esterni di tutto rispetto come Chiesa e Kulusevski (chiamato al riscatto) e una punta in grado di finalizzare l’azione (Morata alla conferma o si farà un tentativo per un big?). Il tutto senza dimenticare l’estro del giovane Fagioli, che si è messo in luce con la Juventus under 23 in Serie C e che ha già esordito in prima squadra nella scorsa stagione.

Torino, sponda granata: arriva Ivan Juric

Dopo il tiro e molla al Genoa e due ottime annate all’Hellas Verona, il croato sarà il prossimo allenatore del Torino. I granata arrivano da una stagione per nulla entusiasmante: quartultimo posto e salvezza raggiunta soltanto alle battute finali. Giampaolo prima e Nicola poi non hanno dato al Torino un gioco soddisfacente: poca fluidità, prestazioni altalenanti, difesa in difficoltà e attacco aggrappato alle prestazioni dei singoli.

Il Torino di Juric si prospetta più equilibrato e con manovre difensive e offensive più organizzate e che coinvolgano più reparti. Il 3-4-3 (e sue varianti) di ispirazione gasperiniana sarà la base di partenza del nuovo allenatore del Torino. Pressing alto, difesa robusta con gli esterni che si abbassano in fase di coperture e ripartenze veloci. Fondamentale il ruolo dei centrocampisti centrali e dei giocatori sulla trequarti.

Dal punto di vista dei nomi la difesa potrebbe non subire grossi ritocchi, visto il lavoro che va fatto negli altri reparti: a centrocampo occorrerà capire come si integreranno col nuovo schema di gioco Mandragora e Rincon e soprattutto trovare i trequartisti tanto fondamentali per il gioco del tecnico croato (riuscirà a recuperare Baselli?). Avanti potrebbe avere grandi chance Sanabria (che Juric avrebbe voluto a Verona), visto che Andrea Belotti, a cui resta un solo anno di contratto, sembra essere con le valigie in mano. Sensazione simile anche quella su Zaza. C’è da aspettarsi sicuramente che il tecnico possa richiedere qualche suo ex giocatore per avere meno difficoltà. Tutto dipenderà da Urbano Cairo e dalla sua disponibilità in termini di investimenti.

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Il Napoli riparte da Spalletti

Tanta gavetta, esperienza all’estero e panchine “pesanti” come quelle di Roma e Inter. È con questo curriculum che Luciano Spalletti si presenta al Napoli dopo due anni di riposo.

Il calcio offensivo di Spalletti ripartirà dal 4-2-3-1 spesso usato dal tecnico toscano nella sua carriera, lo stesso impiegato da Gattuso nella sua esperienza in Campania. A cambiare saranno gli schemi e la mentalità; per quanto riguarda i giocatori in campo molto dipenderà dal mercato. Al Napoli serve sicuramente un terzino sinistro, occorrerà capire cosa accadrà con Koulibaly e Insigne (in scadenza di contratto nel 2022) e come plasmare al meglio il centrocampo con i nomi a disposizione: Demme, Lobotka, Fabian Ruiz. Zielinski dovrebbe essere confermato sulla trequarti, ma nulla è certo. Osimhen, visto il finale di campionato in crescendo, dovrebbe essere l’attaccante da cui ripartire, con Mertens pronto a sostituirlo (vista la sicura assenza del nigeriano a causa della Coppa d’Africa che si giocherà a inizio 2022).

Tanti dubbi sui nomi quindi, ma nessuno sul calcio propositivo che Spalletti porterà sotto al Vesuvio.

Lazio: la nuova era targata Maurizio Sarri

Dei nuovi allenatori in Serie A, quello più chiacchierato è proprio il tecnico toscano. Dopo gli accostamenti alla Fiorentina, la suggestione di un ritorno al Napoli e le voci di un suo arrivo alla Roma al posto di Fonseca, c’è l’ufficialità.

Maurizio Sarri, dopo aver allenato Napoli, Juventus e Chelsea, riparte da Roma, sponda biancoceleste.

Lazio rimasta orfana (come visto) di Simone Inzaghi, che ha preferito cambiare panchina e scegliere l’Inter.

Tra i tutti i nuovi allenatori in Serie A, Sarri sembra quello che ha davanti a sé il compito più arduo. La squadra biancoceleste, dopo cinque stagioni sotto la guida del tecnico piacentino, riuscirà a cambiare in fretta mentalità e modo di giocare? Il calcio inteso da Sarri necessita lavoro e un conseguente periodo di adattamento ai nuovi schemi, che potrebbero non dare immediatamente dei frutti. Quest’ultima cosa si era notata nell’anno sulla panchina della Juventus: Sarri vinse lo scudetto, ma il suo gioco si è visto solo a sprazzi.

La formazione biancoceleste ha dalla sua, in ogni caso, una formazione con giocatori di primissimo livello su cui costruire attorno una formazione di tutto rispetto. Ma serviranno degli innesti.

In primis per via del cambio di modulo: Sarri proporrà certamente un 4-3-3 (con la possibile variante del 4-3-1-2), ben lontano dal 3-5-2 con cui la Lazio aveva ben figurato nelle ultime stagioni. Per quanto concerne gli attuali componenti della rosa su cui costruire la squadra bisogna annoverare Reina (che ritrova Sarri dopo il periodo a Napoli), Acerbi, Milinkovic-Savic, Luis Alberto e, ovviamente, Ciro Immobile. Per il resto tutto è in divenire: ci saranno grandi manovre in uscita e in entrata. Un occhio di riguardo a Hjsay (fedelissimo di Sarri con contratto in scadenza) e Maksimovic. A centrocampo molto dipende dalla posizione che verrà cucita addosso a Luis Alberto. In attacco occhi puntati sulle fasce: è lì che Tare dovrà soddisfare maggiormente il suo nuovo tecnico.

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