Le “estreme variabilità” di una sessione d’esami. Il caso di Ca’ Foscari (e altre)

Lo scorso 10 gennaio il presidente del Consiglio Mario Draghi, in diretta da Palazzo Chigi, ha tenuto una conferenza stampa in cui la scuola è stata nominata più volte. La sentenza definitiva annessa: «Il governo ha la priorità che la scuola stia aperta in presenza». Comprensibile, visto il peso che la didattica a distanza ha esercitato su bambini e adolescenti. Dello stesso avviso il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.

Della situazione specifica dell’università non si faceva cenno.

Negli stessi giorni, il Ministero dell’Università e della Ricerca inviava una nota a tutti gli atenei in merito allo svolgimento dell’imminente sessione invernale, autorizzando l’uso della modalità telematica là dove fosse ritenuto necessario. Qui comincia il nostro viaggio.

Che cos’è successo a Ca’ Foscari?

La sessione d’esami invernale 2022, per l’Università Ca’ Foscari di Venezia, va dal 10 gennaio al 5 febbraio. Al 7 gennaio leggiamo un post, pubblicato su Facebook dall’Assemblea Rappresentanti Studenti (Ars) dell’ateneo, in cui si descrivono le disposizioni che gli studenti dovranno rispettare: esami orali online, esami scritti in presenza. Si garantisce la modalità telematica agli studenti: sottoposti a quarantena per positività o “contatto stretto” Covid-19; impossibilitati a raggiungere le sedi universitarie per restrizioni imposte dalla situazione epidemiologica; studenti con handicap, studenti immunocompromessi o fragili (e studenti internazionali che possano dimostrare un oggettivo impedimento a raggiungere Venezia).

L’Ars, in questa sede, ribadisce la sua contrarietà alle misure, che giudica insufficienti a garantire la sicurezza degli studenti: 

La nostra richiesta verso l’Ateneo è stata, e continua ad essere, la possibilità di sostenere tutti gli esami a distanza.

Poco prima era giunta a tutti gli studenti una mail della Rettrice Tiziana Lippiello, che spiegava nel dettaglio le misure di cui sopra.

La biblioteca CFZ – Ca’ Foscari Zattere. Fonte: Andrea Avezzù, Flickr.

Le reazioni degli studenti

Qualcuno ha un biglietto aereo che userà per sostenere un esame online dall’appartamento di cui ha già pagato un altro mese; altri invece corrono ad accaparrarsi un posto sovrapprezzato, dopo aver sperato fino all’ultimo in una sessione online che risparmiasse loro la traversata; chi non ha i mezzi per un esame telematico dignitoso, con tre giorni di preavviso, si prepara a una sessione via cellulare; chi scopre di dover sostenere nello stesso giorno uno scritto, in presenza, e un orale, a distanza, seduto su una panchina, o dove capita.

Ci sono poi studenti con preoccupazioni legate addirittura alla sicurezza sanitaria: alcuni sanno di essere positivi grazie a un tampone rapido fai-da-te e stanno aspettando da giorni l’esito del molecolare, senza il quale non saranno riconosciuti come aventi diritto alla modalità telematica. Vivono, e hanno vissuto, la scelta impossibile tra rischio consapevole di contagio altrui e perdita di un appello, a volte di un’intera sessione di laurea.

E gli studenti fragili o immunocompromessi? Sono tutelati dalla casistica, ma lo stesso non avviene se la persona a rischio è un convivente. Gli studenti con immunocompromessi in casa, infatti, non erano tra le categorie contemplate dalle regole di Ateneo.

Tutte queste persone senza nome hanno assistito alla bufera concreta del contagio e della statistica, della scuola che non è una anche se dai telegiornali a volte lo sembra.

La mobilitazione

Alcuni hanno deciso, si sono incontrati, si sono coordinati. È nato un gruppo WhatsApp, “Lettera Rettrice”, e si è redatta una petizione che gli studenti concordi potessero firmare: questa elencava le situazioni problematiche che chi scrive ha romanzato poco sopra, e chiedeva alla Magnifica, citiamo,

di fornire agli studenti di Ca’ Foscari la possibilità di sostenere anche gli esami scritti a distanza, in linea con la recente nota del MUR e con le misure che gli altri atenei stanno prendendo in questi giorni. 

Di seguito, i firmatari.

Leggi anche: Università e coronavirus, come si riparte.

Che cos’ha risposto la Rettrice? 

La lettera è stata inviata l’8 gennaio alle 12 con 800 firme, il 9 gennaio alle 11 con 1400 firme, e il giorno successivo, alla stessa ora, con 1800 firme. Tiziana Lippiello risponde il 13 gennaio, ribadendo come le misure disposte siano «in linea con le disposizioni del Governo, le indicazioni del Mur e con gli orientamenti emersi nella riunione del CO.RE.CO Veneto tenutasi lo scorso 10 gennaio». Tutto vero, sulla carta. Tuttavia, la rettrice sembra omettere che la nota del Mur di cui sopra recita:

pur rimanendo valida la disposizione del decreto legge del 6 agosto 2021 per la quale «le attività didattiche e curriculari delle università sono svolte prioritariamente in presenza», tenuto conto dell’attuale evoluzione del quadro epidemiologico, il ministero ha previsto che, in via del tutto eccezionale e laddove non sia possibile garantire la presenza, le università potranno prevedere lo svolgimento con modalità a distanza delle prove, delle sedute di laurea e degli esami di profitto programmati per la sessione di gennaio e di febbraio, garantendo il rispetto delle specifiche esigenze formative degli studenti con disabilità e degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento.

Un frammento variamente interpretabile.

L’assemblea indetta dal collettivo universitario L.I.S.C lunedì 17 gennaio. Fonte: gentile concessione dell’autrice, Luna.

Che cos’hanno fatto le altre università, anch’esse sottoposte all’estrema variabilità della situazione contingente, per citare la Rettrice Lippiello?

Con aggiornamento al 4 gennaio, l’Università degli Studi di Torino disponeva sessione interamente online fino al 15 gennaio; per la IULM e la Carlo Bo di Urbino, esami di profitto interamente da remoto per gennaio e febbraio; all’Università degli Studi di Firenze, «i Presidenti delle Scuole dell’Ateneo individuano, sentiti i docenti interessati, gli insegnamenti le cui prove di esame debbono svolgersi in presenza ovvero a distanza», con possibilità per gli studenti di richiedere una modalità diversa da quella stabilita previa sensata motivazione.

C’è anche chi stabilisce la priorità alla presenza, come l’Alma Mater di Bologna: tuttavia, tra chi può richiedere la modalità d’esame telematica sono inclusi «studenti fuori sede (con residenza in un Comune la cui distanza dalla sede del corso frequentato sia percorribile, con i mezzi di trasporto pubblico, in un tempo superiore a novanta minuti)».

Padova, altro ateneo veneto, si allinea invece a Venezia: esami orali sia in presenza che online a discrezione della «singola struttura didattica», esami scritti «prioritariamente in presenza». Anche qui un barlume di serenità: gli studenti possono richiedere la modalità telematica tramite modulo di autocertificazione da inviare al docente almeno ventiquattro ore prima della prova.

A Ca’ Foscari, fino al 16 gennaio, era necessario inviare documentazione medica che attestasse contatto stretto o positività, o altre situazioni simili, a un indirizzo e-mail esterno all’insegnamento e predisposto a questo. Dal 17 gennaio le segnalazioni e autorizzazioni sono state dirottate verso i singoli dipartimenti. A essere informati della cosa sono stati i rappresentanti di dipartimento, che in extremis cercano, al momento, di diffondere il più possibile l’aggiornamento. Il tutto racchiuso dalla richiesta di inviare opportuna documentazione, a chi di dovere in quel momento, almeno cinque giorni prima della prova.

A che punto siamo?

Bandiere e rivendicazioni, in un momento di emergenza sanitaria, sono inutili. Utili sono invece ascolto e attenzione verso chi, per via diretta, è investito dalle misure che negli uffici vengono decise. Quella avvenuta nelle scorse settimane non è una fantasiosa battaglia tra studenti facinorosi e autorità didattica. I docenti stessi si sono visti investire di missive della speranza: gli studenti spiegavano la propria specifica situazione, esclusa dalle casistiche previste dall’Ateneo eppure piena di difficoltà, se non di rischi. Hanno risposto come potevano.

E là dove le comunicazioni non erano così drammatiche, hanno riconosciuto le falle dei provvedimenti. Il professor Filippomaria Pontani, docente in Filologia Classica e membro del Senato Accademico, in una dichiarazione rilasciataci esprime il suo punto di vista:

Mentre apprezzo la decisione generale di prediligere sempre, ove possibile, la didattica in presenza, […] ravviso come, alla luce della pericolosità dell’attuale situazione pandemica e della pluralità delle condizioni dei nostri studenti, sarebbe assolutamente consigliabile lasciare agli studenti stessi la possibilità, ove lo richiedano e senza la necessità di esibire certificazioni sanitarie, di sostenere l’esame da remoto. Si tratta di una modalità di prova che, per quanto certamente scomoda e meno efficace di quella in presenza, abbiamo già tutti imparato a conoscere nei mesi scorsi, e che potrebbe ridurre significativamente le occasioni di contagio all’interno delle nostre strutture: le criticità denunciate dagli studenti mostrano infatti che, nonostante tutti i lodevoli sforzi organizzativi, non è possibile garantire una sicurezza assoluta, e dovrebbe valere il principio di prudenza.

Non si vogliono trarre giudizi o stabilire sentenze, in questa sede. È tuttavia innegabile, e sotto gli occhi di tutti, che la realtà istituzionale dell’Università debba ancora fare molta, molta riflessione sul proprio rapporto con la pandemia. 

E con i propri studenti.

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