L’alluvione in Romagna, con il Centro Meteo Emilia Romagna (CMER)

Nel mese di maggio 2023, la Romagna è stata colpita da una pesantissima alluvione. Ne abbiamo parlato con gli esperti del CMER – Centro Meteo Emilia Romagna.

Il CMER è un’associazione di volontariato che si propone di studiare, sviluppare e diffondere la conoscenza della meteorologia e della climatologia, sia in ottica di previsione e prevenzione, sia come informazione al cittadino.

Oggi theWise Magazine ha incontrato Samuel Orlandi, vicepresidente del CMER.

Cosa sta succedendo (e cosa è successo) in Romagna?

«In questo mese di Maggio 2023, due intense perturbazioni hanno interessato l’Emilia – Romagna, in particolare le località romagnole. Una prima perturbazione (1° – 3 maggio) ha portato piogge abbondanti e diffuse su tutta la Regione. La seconda perturbazione, ancora più intensa e con caratteristiche più autunnali che primaverili, ha provocato venti di burrasca in costa e piogge forti nuovamente sulla Romagna.

Una situazione davvero fuori scala: basti pensare che nei primi venti giorni di Maggio è caduta metà della pioggia che dovrebbe cadere in tutto l’anno. Per il secondo evento del 16 – 17 maggio stiamo parlando di accumuli record, maggiori del 1939, e probabilmente con tempi di ritorno di decenni».

Era prevedibile?

«Concentrandoci sull’evento del 16 – 17 maggio, a livello di previsione meteorologica i modelli fisico – matematici hanno cominciato a delineare una situazione potenzialmente pericolosa già dal weekend, ovvero due o tre giorni prima.

Gli aggiornamenti dei giorni successivi hanno confermato e dettagliato meglio la situazione prevista. Quindi sì, dal punto di vista meteo era prevista una perturbazione intensa e pericolosa. Infatti a livello di prevenzione gli enti preposti hanno emanato “per tempo” allerte meteo e indicazioni di precauzione».

Soprattutto, era evitabile?

«

Mi piace molto questa seconda domanda perché bisogna differenziare causa ed effetto. Mi spiego meglio: anche se la previsione avesse avuto una buona attendibilità, sarebbe stato comunque difficile valutare gli effetti sul territorio. Occorre considerare che si ha sempre una determinata incertezza di quello che effettivamente succederà.

Erano attese piene dei fiumi fino alla soglia rossa con conseguenti allagamenti e rischio esondazioni, oltre che mare in burrasca ed alta marea: un disastro simile era però inevitabile, perché troppo esteso ed eccezionale. I piani di emergenza sono stati attivati per tempo ma rimane praticamente impossibile sapere dove, quando e se l’argine romperà, oppure dove e quando si verificherà una frana».

Cambiamento climatico, surriscaldamento, mancata cura e pulizia dei letti dei fiumi, piogge anomale, cementificazione sfrenata? Quali sono le cause?

«Il fattore che ha scatenato questa tragedia causando purtroppo quattordici vittime [al momento dell’intervista, ndr] e migliaia di persone evacuate non è uno solo. Possiamo parlare di una serie di fattori: sicuramente la cementificazione sfrenata degli ultimi decenni e la costruzione di case ed infrastrutture in zone non adeguate rende sempre maggiore la superficie non permeabile.

Va considerato anche il fatto che la pianura emiliana e romagnola è una delle zone con più alto indice di rischio alluvione. Questi territori sono dunque vulnerabili e la manutenzione del verde e delle zone fluviali svolge un ruolo fondamentale ma talvolta viene trascurata.

Il cambiamento climatico è però oramai innegabile: il Mediterraneo è un “punto caldo” di questi cambiamenti e le acque calde fornisco energia a queste intense perturbazioni. Negli ultimi mesi abbiamo poi sperimentato un’altra caratteristica del global warming, ovvero il prolungarsi di periodi siccitosi intervallati da piogge intense e concentrate.

Seguiranno degli studi più approfonditi ma gli eventi sulla Romagna del 1° – 3 e 16 – 17 maggio hanno molto probabilmente risentito delle conseguenze che il cambiamento climatico sta portando».

Giusto per essere precisi, cosa NON (!) è stato?

«Non è stata una banale perturbazione. Gli effetti devastanti non sono stati causati solo dall’incuria dei fiumi. Non è stato nulla di creato. Non è stato nulla di mal gestito nei giorni precedenti».

Sono eventi straordinari o in qualche modo ci si dovrà abituare nei prossimi anni?

«Parole d’ordine per i prossimi anni saranno mitigazione ed adattamento. Per mitigazione si intende rendere meno gravi gli impatti del cambiamento climatico, ovvero ridurre i gas serra e riprogrammare stili di vita che siano più sostenibili dal punto di vista ambientale.

Ci dovremo poi allo stesso tempo adattare (imparare a convivere) a questi eventi che secondo gli studi saranno più frequenti ed intensi nei prossimi anni. Adattarsi al cambiamento climatico significa anche studiare nuovi piani di sviluppo del territorio e del rischio idrogeologico».

alluvione
«La maglietta CMER onorata dalla nostra socia Alice oggi a Forlì tra fango e acqua ❤️ Ci rialzeremo!», così scrive il CMER sul suo profilo Facebook.

Esiste qualche maniera di sensibilizzare la popolazione, magari partendo dalla scuola, facendo informazione e prevenzione?

«Sicuramente sì, ed è quello che anche noi di Centro Meteo Emilia Romagna ODV stiamo provando a fare nel nostro piccolo così come tante altre realtà.

Penso e auspico che la sensibilizzazione dei giovani su queste tematiche svolgerà un ruolo fondamentale per il nostro futuro. Ne abbiamo avuto la dimostrazione già in questi giorni successivi alla tragica alluvione.

Nelle scuole e nei centri culturali vorrei che si puntasse tanto su clima ed ambiente per formare le persone del futuro che siano coscienti di quanto sia bella la Natura che ci circonda, ma allo stesso tempo di quanto sia importante preservarla».

Qualora ci siano… di chi sono le responsabilità di questa catastrofe?

«Le responsabilità sono di tutti noi. La radice dei problemi parte da alcuni decenni fa. Mi riferisco alla cattiva gestione del territorio, alla eccessiva costruzione di nuovi edifici. Dobbiamo imparare a conoscere la Natura che ci circonda e rispettare i limiti che essa ci impone.

Tanti esperti e studiosi sono già al lavoro per il futuro e la sensazione è positiva, anche se la strada da fare è ancora lunga».

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