In morte di Stephen Hawking: sulle spalle di un gigante

Questa mattina, nel giorno del PI day, si è spento a Cambridge Stephen Hawking. Fisico di fama mondiale, è stato uno dei pochi a squarciare il velo che in genere separa gli scienziati dal grande pubblico, al pari di Einstein e Feynman. La fama di Hawking è dovuta ai suoi contributi alla scienza, al suo lavoro di divulgazione ma soprattutto alla sua lotta contro la propria disabilità (SLA). Fu uno dei pochi a interpretare sé stesso in una serie televisva (Star Trek) e comparve anche nei Simpson. Sfrecciava in giro per i campus universitari con la propria sedia a rotelle, e arrivò a volare in gravità zero. Famoso anche per la sua eccentricità, un giorno organizzò una festa a cui non invitò nessuno, cominciando a pubblicizzarla solo dopo la fine della festa, il tutto per provare l’impossibilità dei viaggi nel tempo.

Hawking cominciò la propria carriera a Oxford, creandosi la fama di studente incostante e difficile. Malgrado ritenesse i corsi ridicolmente facili faticò a prendere la lode (First Class), che era richiesta per ottenere un dottorato a Cambridge. Convinto della propria pessima reputazione, arrivò addirittura a minacciare i professori di rimanere a Oxford se non l’avesse ricevuta. Fortunatamente, questi ultimi furono abbastanza intelligenti da capire che avevano a che fare con qualcuno molto più capace di loro. La malattia gli fu diagnosticata durante il dottorato, con un’aspettativa di vita di due anni. Cadde in depressione, ma ne uscì grazie all’aiuto della futura moglie e del proprio relatore. Riemerse con un atteggiamento che avrebbe poi caratterizzato il resto della sua vita: rifiutò che la malattia potesse precludergli il lavoro scientifico e le esperienze di vita, come dimostra, ad esempio, l’immagine che lo vede fluttuare a gravità zero.

Affrontò la vita con determinazione e testardaggine; se si può dire, anche con arroganza. Non si arriva ai confini della scienza senza la presunzione di essere migliore di chiunque altro. Tale arroganza si manifestò spesso nel modo in cui sfidava i colleghi quando  questi presentavano le proprie idee, oppure quando esprimeva irritazione riguardo ai colleghi arrivati prima di lui ad un certo risultato, o in particolare quando affermò pubblicamente la non esistenza del bosone di Higgs, entrando in accesi dibattiti con lo stesso Peter Higgs. La sua fede nelle infinite possibilità dell’intelletto umano si manifestava nella sua convinzione, qualora la Teoria Fisica del Tutto fosse mai stata formulata, della possibilità di “leggere nella mente di Dio”. Eppure, quando necessario, Stephen Hawking ha dimostrato anche un’umiltà fuori dal comune, soprattutto nell’ammettere i suoi errori. Ad esempio, quando dichiarò pubblicamente che Higgs doveva ricevere il Nobel per la sua scoperta, e quando concesse la vittoria in molte delle sue sconfitte scientifiche.

Dedicò la propria vita alla ricerca in Cosmologia, campo nel quale propose un gran numero di meccanismi che coinvolgessero effetti quantistici nel contesto della relatività generale. Lavorò anche ad una Teoria del Tutto, pur senza ricevere molto seguito nella comunità scientifica. Una grande parte del suo lavoro fu incentrata sui buchi neri. Arrivò addirittura a scommettere che essi non esistessero, affermando: «Se i buchi neri non esistessero avrei lavorato tutta la vita per nulla, ma almeno avrei vinto la scommessa».

Teorizzò inoltre la radiazione che porta il suo nome, e che ridiede luce ai buchi neri: se le coppie di particelle e antiparticelle (che si creano e si distruggono a vicenda in in ogni istante) avessero fatto ciò vicino al buco nero, in modo che l’antiparticella cadesse dentro e la particella emergesse fuori, il buco nero avrebbe effettivamente emesso una particella, e la sua massa sarebbe stata ridotta dall’antiparticella caduta dentro. Tale meccanismo è anche noto come “evaporazione dei buchi neri”. Non ebbe mai il Nobel perché le sue teorie non furono mai provate sperimentalmente, sebbene esista chi ha osservato l’analogo acustico della radiazione di Hawking.

Fu anche un prolifico divulgatore. Il suo A brief History of Time (Dal Big Bang ai buchi neri) è stato un best-seller da 9 milioni di copie, e la sua opera di divulgazione ha raggiunto un’intera generazione di scienziati. Un ultimo aspetto da non dimenticare è la sua preoccupazione per il futuro dell’umanità. Hawking pose la seguente domanda: «In un mondo nel caos politico, sociale ed ambientale, può la razza umana sopravvivere per altri cento anni?», per poi aggiungere: «Non conosco la risposta, ma ho posto la domanda affinchè si cominci a pensare e ad essere consapevoli dei pericoli che il futuro ci riserva». Tra le sue preoccupazioni figura anche l’intelligenza artificiale, che a suo parere potrebbe rivelarsi tanto benefica quanto distruttiva per l’umanità.

Isaac Newton, che ebbe la sua stessa cattedrà a Cambridge più di trecento anni fa, affermò: «Se ho visto lontano è stato perché ho guardato dalle spalle dei giganti». Stephen Hawking è stato anch’egli un gigante, sulle cui spalle una nuova generazione di fisici si sta già arrampicando.

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